
saggio
LULU pr
17/10/2018
cartaceo
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Gli speziali: un gruppo professionale di uomini che avevano fra le mai un'arte tra le più nobili, e prestigiose, in epoca medievale e non solo. In questo lavoro si passa dallo studio di alcuni passaggi del Breve senese degli speziali, (redatto nel 1356), all'analisi delle spezie usate a livello culinario e curativo nella cucina dell'ospedale Santa Maria della Scala di Siena e nella sua spezieria, soffermandosi, in particolare, sull'aspetto della dieta alimentare come cura. Con Domenico di Bartolomeo di Luca aromatario, speziale senese, vengono fuori tutte quelle caratteristiche che rendono questa figura lavorativa da considerare benestante e facente parte della classe medio-alta del tempo. Guardati come dei benefattori anche gli speziali del convento della Verna hanno, in queste pagine, una rilevanza notevole per il lavoro che svolgevano: costantemente alle "dipendenze" dei più bisognosi, alla stregua del propositum di S. Francesco.
Tema principale di questo lavoro sono gli speziali a Siena nei secoli XIV e XV. Il mio studio si suddivide in tre sezioni.
Nella prima parte ho analizzato l’arte senese degli speziali studiando in particolare il Breve degli Speziali conservato in Archivio di Stato di Siena e trascritto, dopo un’ampia e dettagliata introduzione sul tema, nel 1942 da Cecchini e Prunai. Questo Statuto risale al 1356 ma contiene addizioni fino al 1542. Il Breve raccoglie, come è evidenziato da Cecchini e Prunai le norme destinate a definire il carattere tecnico e artistico, l’educazione e il progresso professionale dei membri dell’Arte, regolando il commercio dei prodotti e i rapporti fra i consociati.
Nel mio lavoro ho riportato alcuni passaggi dello Statuto che secondo me sono molto significatici. Uno su tutti è quello che tratta l’argomento dei ciarlatani, queste persone, senza una preparazione adeguata e senza aver superato alcun esame, producevano e vendevano medicinali. Questi composti, in alcuni casi, erano risultati nocivi.
La seconda parte del mio lavoro prende in analisi le spezie in cucina e la dieta alimentare come terapia curativa, prendendo in esame la cucina del Santa Maria della Scala e la sua spezieria. Per dare un quadro generale al tema della spezie in cucina come cura, ho studiato dettagliatamente il lavoro di Beatrice Sordini, Il cibo e la cura, all’interno del più ampio La cucina di un ospedale del Trecento. Il cibo era un elemento molto importante nella cura dei degenti; ma la presenza, nell’ospedale, di persone con stati di salute differenti faceva sì che la dieta giornaliera non fosse uguale per tutti.
Al Santa Maria della Scala accanto al pellegrinaio maschile era collocata la spezieria dell’ospedale. Essa si trovava anche vicino all’orto dei semplici dove si coltivavano le piante usate in farmacopea. Come sostiene in un suo lavoro Gabriella Piccinni, nel Trecento la spezieria dell’ospedale non aveva raggiunto la sua piena efficienza ma era funzionante. Nonostante questo l’acquisto di prodotti da speziali esterni continuerà anche nel Quattrocento e nel Cinquecento. Uno speziale professionista iniziò a lavorare nella struttura da fine Duecento. Dal 1588 presso lo Studio venne istituita la cattedra di semplici. A Siena, questo insegnamento, arrivò relativamente tardi rispetto ad altre città italiane. Il primo lettore fu Adriano Morchesini di Montalcino che non era uno speziale bensì un medico. Fatto da sottolineare è che solo il semplicista, l’anatomista e il matematico, erano gli unici docenti a poter tenere le loro lezioni in volgare e non in latino, a sottolineare, in questo modo, il carattere teorico delle loro materie.
Nella terza parte del mio lavoro ho preso in esame l’inventario della bottega senese di spezieria di Domenico di Bartolomeo di Luca aromatario. L’inventario è stato redatto nel 1479 per il tutore della figlia dello speziale, Ludovica, quando egli morì.
Nella bottega sono stati inventariati tutti quegli oggetti che erano lì presenti, come molti farmaci e medicamenti contenuti in “vagelli” e “vagellini”, ma anche in scatole; le spezie, invece, erano conservate in dei sacchi.
Viene fuori, nel mio lavoro, come dallo speziale non si acquistavano solo rimedi farmacologici. Nell’andito che separava la spezieria dalla cucina sono stati inventariati numerosi supporti scrittorei a sottolineare l’importanza che, in questa bottega, si dava alla scrittura e al poter scrivere. Dallo speziale, poi, potevamo trovare anche prodotti per la cura della persona come saponi e spugne. Il miele, sia come ingrediente per i dolci, sia come ingrediente per la composizione dei vari medicamenti, era, in questa bottega, molto presente.
Nella spezieria c’era anche una cucina nella quale lo speziale preparava i suoi prodotti. Qui, infatti, sono stati inventariati molti oggetti per la preparazione dei dolci come teglie e taglieri per stendere gli impasti. I dolci principali che si poteva acquistare in spezieria erano il marzapane, il panpepato e i biricuocoli (simili ai moderni cavallucci), ma anche altri tipi di dolci e dolciumi. Nel corridoio della cucina è molto interessante la presenza di tre lambicchi da sciroppi, cioè tre apparecchi di distillazione per preparare questo tipo di medicamento.
Nella spezieria sono stati poi inventariati tre ricettari, uno di Mesuè (famoso per la ricetta dei giulebbi, e conosciuto già dal XV secolo), uno di Messer Nicolaio e un altro scritto su pergamena.
Fuori dalla bottega vi erano dei sedili murati e una lupa faceva da insegna.
Nella spezieria sono stati inventariati anche due libri in cui Domenico aveva scritto i nomi della persone che con lui avevano un debito o un credito. Il primo libro (segnato A) conta 593 persone; fra queste spiccano religiosi (sia uomini che donne), ma anche speziali, pizzicagnoli, cartai e orciolai. Questi ultimi hanno maggiore evidenza rispetto agli altri perché erano quelli a cui Domenico si poteva rivolgere con assiduità per lo svolgimento del suo lavoro e viceversa. In questo libro, però, compaiono anche maestri di legname (cioè falegnami), orafi, macellai, fornai, calzolai, lanaioli, mugnai e stallieri ma anche uno studente e un bidello dell’Università, oltre alle persone di cui non è possibile risalire, attraverso il loro nominativo, al lavoro che svolgevano; ma non solo, è presente, nell’inventario, anche l’Opera del Duomo e l’ospedale Monna Agnese. Questo aspetto ci fa capire la grande eterogeneità della clientela di Domenico. La somma degli importi di questo libro si aggira intorno a L11.000 S20 D12. Nel secondo libro (segnato B) compaiono 22 persone. Fra di essi vi erano un pizzicagnolo, uno speziale, cinque banchieri, un padellaio, due frati e un tessitore. La cifra totale qui è di circa L1.728 S20 D12.
L’inventario mi ha permesso di ricostruire, in maniera anche abbastanza descrittiva, le proprietà immobiliari di Domenico. Interessante è la descrizione dell’abitazione principale dello speziale, che consente di definire l’artigiano in questione come un benestante. Questa casa si trovava a Siena nel Terzo di Città nella Bocca del casato che sfocia nel Campo, era molto grande: contava infatti 14 vani; in cui sono state inventariate e quantificate economicamente tutte le masserizie, gli arredi e la biancheria in essa contenuta, le quali erano di gran pregio. Il valore si aggira intorno a L1.220 S20 D-.
Nell’inventario, oltre all’abitazione principale, compaiono menzionate altre abitazioni. Una di queste era stata presa in locazione dallo speziale. Un’altra si trovava a Siena nella contrada di San Marco nel Terzo di Città, e in essa sono stati inventariati i capitali del Monte. L’altra casa è quella che si trovava nelle Masse e contava circa 30 staia di terreno, il quale era in parte coltivato a vigneto.
Veronica Ambrosino
Veronica Ambrosino si è laureata in Scienze Storiche e del Patrimonio Culturale, curriculum storia e documentazione presso l’Università degli Studi di Siena. Questa è la sua prima pubblicazione. Dalla sua passione per la storia medievale è nata la pagina Facebook “Recensioni medievali. Di Veronica Ambrosino”
Dice del suo libro: “Il mio lavoro si conclude con un’appendice che prende in esame la spezieria del convento francescano della Verna. Dopo una breve parentesi che ha come protagonista S. Francesco, sono passata a descrivere, grazie all’aiuto del saggio di Alessandro Menghini, La flora medicinale del monte della Verna, fonte di rimedi per il frate speziale, e a quello di Anna Giorgi, La storia della spezieria della Verna (XV-XX sec.) contenuti all’interno del più ampio La Verna, spezieria e speziali”, in maniera abbastanza dettagliata le specie vegetali del monte Verna a cui il frate speziale faceva riferimento per produrre farmaci e medicamenti. Molto interessante è il passaggio in cui vado a descrivere la struttura interna e gli arredi della spezieria del convento, sottolineando le analogie fra questa spezieria e quella senese di Domenico di Bartolomeo di Luca aromatrio: anche nella spezieria della Verna, come in quella senese, è evidenziata la presenza di una cucina, non troppo grande, all’interno della spezieria; vengono citati vagelli e vagellini, numerose ampolle in vetro, così come numerosi erano anche gli scaffali e i ripiani addossati alle pareti della stanza. Con questo passaggio ho voluto mettere in evidenza il carattere omogeneo che potevano assumere le varie spezierie seppure in anni, contesti e luoghi differenti.”

Di una lettura mi colpisce sia una bella trama che una scrittura ricercata. Un romanzo rosa, un romanzo storico, della narrativa contemporanea non importa basta che non sia… fantasy!