Fammi entrare
Narrativa contemporanea
Brè edizioni
16 agosto 2019
cartaceo, ebook
57
È opinione comune che la sindrome narcisistica della personalità rappresenti una degenerazione della psyché, così come sembrerebbe suggerire lo stesso mito di Narciso che si innamora del proprio riflesso e perde la vita proprio nel drammatico tentativo di raggiungersi. Ma un narcisista è davvero solo questo e non merita l’attenzione di chi, al contrario, è in grado di amare gli altri? L’“Apologia di Narciso” è una difesa dell’autoreferenzialità e vuole mostrare l’arcobaleno di emozioni con i quali una presunta narcisista è costretta a convivere. In bilico tra psicologia e mitologia, la protagonista ripercorre il dramma dei suoi amori frammentati, tutti importanti perché ciascuno è una parte di sé. La narrazione è ridotta al minimo e l’intera trama si dispiega nello spazio di un serrato dialogo, a dimostrazione di come la maieutica socratica, divenuta celebra grazie ai dialoghi platonici, possa rappresentare un espediente narrativo più che attuale e affatto obsoleto, efficace per sfogliare l’animo umano come un libro, tanto oggi quanto ieri.
Per la serie Fammi entrare –Silvia Ripà scrive “Apologia di Narciso“. Brè Edizioni
Altro romanzo breve di questa serie di Silvia Ripà è Fammi entrare.
Estratto da Apologia di Narciso di Silvia Ripà
Il paesaggio che osservo dal finestrino sembra scorrere al contrario, in un grottesco e irridente anacronismo che mi ricorda il mio tragitto per arrivare da Roma a Venezia, nemmeno trenta ore prima.
La vibrazione del telefono mi fa sobbalzare. Nella mia dimensione distratta, rispondo senza badare al destinatario: forse è lui o magari l’altro o l’altro ancora. In ogni caso improvviserò risposte senza senso, a che serve disperarsi sui dettagli quando l’intero contesto sembra un quadro di un’impressionista impazzito; o peggio, l’opera di un bambino di tre anni che agita i pennarelli su un foglio senza alcuna logica, scarabocchiando e ingarbugliando le linee. Sono stata per mesi un giocoliere nell’arte del controllo, ma adesso tutte e tre le palline sono in aria e io ho finalmente le mani libere. Ma libere per fare che cosa? Afferrare altre palline al volo? Riprendere quelle vecchie?
– Ciao. Che fai?
Riconosco la voce.
– Niente di particolare, ti stavo scrivendo un messaggio.
– E come mai?
– Non so, volevo contattarti in qualche modo.
– Ma ci siamo appena salutati. E poi mi hai già scritto, non ricordi? Mi hai detto che stavi salendo sul treno.
– Sì, ma…non so, non mi hai più scritto.
– Appunto.
– Che vuoi dire? Che non volevi sentirmi?
– Non lo so, ti dovevo rispondere? Mi hai dato solo un’informazione.
– Infatti non ho parlato di risposte, ho parlato di scrivere.
– Nel senso che non è necessario che ti risponda?
– Una cosa del genere, sì. Se sei occupato, non hai voglia, non sa cosa dire alla fine passa del tempo e allora forse non dovresti dire niente.
– Questo significa che tu invece hai da dirmi qualcosa?
– Forse. Ma non necessariamente, magari ho solo voglia di comunicare.
– Che cazzo significa “comunicare”? Ora si può “comunicare” anche senza aver qualcosa da dire?
– Non lo so, non essere aggressivo ora. Volevo condividere con te quello che mi passa per la testa.
– E devi comunicare proprio con me?
– Conosci molte altre persone capaci di capire quello che dico?
– Io… beh… no, non molte.
– Esatto.
– Magari però adesso mi stai già annoiando, ci hai pensato? Stanotte non avevi voglia di comunicare, mi pare. E io ti ho assecondata.
– E secondo te quello non era comunicare?
– Forse. Ma di certo non mi annoiavi come ora. Parli troppo.
– Può darsi, ma non sto sparando solo pensieri a caso, sto parlando di te, con te: non lo trovi straordinariamente coerente?
– Quindi dovrebbe interessarmi cosa pensi di me?
– Lo spero.
– Non ti sembra che tu stia qui, alla fine dei conti, a chiedermi attenzione?
– Questo mi inquieta un po’.
– Perché sai che è vero, probabilmente. Non ricordi che ci sono già abbastanza persone a farlo? Mia moglie, per esempio. E da quando ho iniziato a vedere altre donne non credi che ce ne saranno ancora di più? Ti sembra giusto?
– Sì, già hai avuto modo di lamentarti del fatto che la gente ti rinfacciasse di non farti vivo, di non rispondere ai messaggi. Lo hai fatto per ammonirmi preventivamente, così l’ho inteso.
– E difatti non è quello che stai facendo anche tu? Com’era prevedibile.
– Allora che mi hai chiamata a fare?
– Per sapere se stavi cercando attenzioni come tutte le altre.
– Io no… beh dai questo no. Ho notato un’assenza di comunicazione e ne ho preso atto.
– Ah beh, della mancanza di comunicazione ne prendono atto anche le altre, sai? Quelle le cui aspettative rimangono disattese.
– Sì, ma cazzo, la differenza è che non ti sto condannando, non sto mica cercando di farti sentire in colpa.
– Condannarmi no, ma stai imponendoti.
– Perché ti mando un messaggio? Che cazzata.
– Due messaggi.
– Il primo era solo per dirti che stavo partendo.
– Ah, allora dici che non conta. E perché è una cazzata?
– Perché un messaggio – o anche due, va bene – puoi leggerlo quando vuoi e in questo tipo di comunicazione è contemplata l’eventualità del non ricevere risposta.
– Capisco.
– E poi, scusa, non è che io ti risulti proprio allo stesso livello degli altri.
– In che senso?
– È quello che hai detto tu! Mi hai definito una persona “introspettiva”, vorrà dire qualcosa?
– Mi pare un aggettivo come un altro, non ci ho pensato troppo. Cosa significherebbe secondo te?
– Tipo che forse quello che dicono gli altri non è classificabile sullo stesso piano.
– Ti dai delle arie, sai?
– Mi sto solo dando un po’ di credito, è diverso. Non mi piace questa conversazione.
– Perché?
– Perché è troppo conflittuale, poco informativa.
– Allora informami, dai.
– Su cosa?
– Abbiamo detto che si parla di me, quindi parlami di me. Basta che non cadiamo nella psicopatia del tu pensi cosa io penso che tu stia pensando, perché sarebbe ridicolo visto che stiamo parlando e puoi chiedere direttamente a me.
– Cosa vuoi sapere?
– Vorrei capire come mai mi stavi scrivendo.
– È per quella cosa della mancanza di comunicazione. Perché non mi avevi ancora risposto.
– Ancora con questa cazzata? Non avevo niente da risponderti. Tu stessa hai definito la differenza tra comunicazione e informazione. Tu mi hai dato un’informazione come pretesto per comunicare; quindi hai creato confusione.
– Va bene. Ma prima c’era l’occasionale incontro dal vivo, a Roma.
– Ok, e quello è il punto di partenza, diciamo…
Leggo per diletto qualsiasi genere; è sempre stata una mia grande passione. Di una lettura mi colpisce sia una bella trama che una scrittura ricercata. Un romanzo rosa, un romanzo storico, della narrativa contemporanea non importa basta che non sia… fantasy!