
Narrativa contemporanea
Feltrinelli
febbraio 2022
cartaceo, ebook
368

Violeta nasce in una notte tempestosa del 1920, prima femmina dopo cinque turbolenti maschi. Fin dal principio la sua vita è segnata da avvenimenti straordinari, con l’eco della Grande guerra ancora forte e il virus dell’influenza spagnola che sbarca sulle coste del Cile quasi nel momento esatto della sua nascita.
Grazie alla previdenza del padre, la famiglia esce indenne da questa crisi solo per affrontarne un’altra quando la Grande depressione compromette l’elegante stile di vita urbano che Violeta aveva conosciuto fino ad allora. La sua famiglia perde tutto ed è costretta a ritirarsi in una regione remota del paese, selvaggia e bellissima. Lì la ragazza arriva alla maggiore età e conosce il suo primo pretendente…
Violeta racconta in queste pagine la sua storia a Camilo in cui ricorda i devastanti tormenti amorosi, i tempi di povertà ma anche di ricchezza, i terribili lutti e le immense gioie.
Sullo sfondo delle sue alterne fortune, un paese di cui solo col tempo Violeta impara a decifrare gli sconvolgimenti politici e sociali. Ed è anche grazie a questa consapevolezza che avviene la sua trasformazione con l’impegno nella lotta per i diritti delle donne. Una vita eccezionalmente ricca e lunga un secolo, che si apre e si chiude con una pandemia.
“Non c’è cammino, il cammino si fa andando”; nel mio caso però non c’era un cammino, ma sentieri stretti e tortuosi che spesso si cancellavano e sparivano nella boscaglia, che io percorrevo fra un inciampo e l’altro – Violeta
Ho appena chiuso “Violeta”, ultimo romanzo della grande Isabel Allende. Nonostante sia la seconda volta che lo leggo nel giro di qualche giorno, ho ancora il groppo in gola che mi ha sorpresa alla prima lettura; la Allende, con la sua grande abilità nello scrivere e con la sensibilità che la contraddistingue, mi ha portata a fare un viaggio in un universo dove la realtà ruota intorno al sentire. Solo le scrittrici come lei, che riescono a far fluire la penna mettendo la mente completamente a suo servizio, arrivano a creare parole viventi.
Come in ogni suo libro, anche stavolta la protagonista della storia è una donna, Violeta per l’appunto. Ci si affeziona a lei man mano che le pagine scorrono, si impara a conoscerla, così come potrebbe accadere con una qualunque persona che si ha la possibilità di frequentare.
Violeta è tutt’altro che perfetta, ma proprio per questo la si ama; ha il fascino del vero, del difetto che non si nasconde ma si manifesta, consapevole anche del suo essere sbagliato. Non si tratta in questo caso di vanità o di sentirsi al di sopra di tutto e tutti; è solo un accettarsi senza giudicarsi troppo, consapevoli del proprio lato umano che inevitabilmente porterà a sbagliare. Non vuol dire neanche crogiolarsi nell’inevitabilità o perseverare nell’errore, piuttosto far sì che tale sbaglio non diventi un peso da portarsi sempre addosso. Significa cercare di porvi rimedio senza rivestirlo di eterno.
“Sono stata testimone di molti eventi e ho accumulato esperienza, ma poichè ero troppo distratta o forse troppo occupata non ho raggiunto la saggezza” – Violeta
Nasce in Cile nel 1920 e muore esattamente 100 anni dopo. Passa indenne attraverso due delle più irruente epidemie che hanno segnato questo pianeta, ma che sfiorano solamente la sua esistenza. Nel primo caso perché troppo piccola per rendersi conto di ciò che il mondo attraversava, nel secondo perché troppo vecchia per preoccuparsene.
La sua famiglia, originariamente benestante, si trova costretta a superare momenti difficili a causa della scelleratezza economica di suo padre, morto suicida per espiare le sue colpe. Questa perdita di stabilità, che avrebbe dovuto metterle davanti anni difficili, in realtà le regalerà una casa vera, il piccolo villaggio di Nahuel, dove crescerà felice anche se un po’ isolata dal resto del mondo.
“Così trascorsi gli anni della mia adolescenza, il periodo dell’esilio, che ricordo come il più limpido della mia vita. Furono anni sereni e di pienezza, in cui mi dedicai alla rudimentale occupazione della vita di campagna e all’impegno nell’insegnamento insieme ai Rivas”
Con lei ci saranno le sue zie, sua madre e Torito, il gigante buono. Sarà la generosità dei coniugi Rivas, che diventeranno parte integrante di questa famiglia allargata che tanto influirà sul suo futuro, ad accogliere lei e quel che rimane del suo nucleo familiare originario. Grazie a loro imparerà a guardare la vita da una diversa prospettiva.
Avrà relazioni con diversi uomini che le permetteranno di conoscere le differenti facce dell’amore; ma saranno i suoi figli prima, e suo nipote poi, a regalarle l’immensità di questo sentimento che solo chi è madre può arrivare a comprendere.
Loro saranno il vero senso dei suoi giorni, loro e la lotta per i diritti delle donne in un mondo ancora troppo arretrato e maschilista per poterli solo percepire.
“Denunciare, informare, educare, proteggere, punire i colpevoli, legiferare, è questo che dobbiamo fare”… Ed è stato così, Camilo, che ho dato una missine concreta alla Fondazione che mi ha mantenuto attiva ed entusiasta durante quella che chiamiamo la terza età, anche se nel mio caso si tratta più o meno della quarta o quinta – Violeta
Isabel Allende è una grandissima scrittrice, sempre capace di leggere e presentare l’animo umano. E in questo romanzo, col personaggio di Violeta, e non solo col suo, ha dipinto tutte le sfumature delle emozioni, anche quelle che è la mancanza di colore ad evidenziare.
Tutto il libro è una sorta di diario che la donna, ormai vicina alla morte, decide di scrivere a suo nipote Camilo, forse solo per raccontarsi, per lasciare una traccia di sé; o forse per regalargli quella storia che a parole non è mai riuscita narrargli.
Non si pone in buona luce davanti a lui. Semplicemente si mostra come sempre è stata: con il suo non esserci nei momenti che forse la sua presenza era richiesta, col suo sbagliare e con la fatica nel pentirsi, con le sue sofferenze e anche le gioie che hanno segnato il suo cammino, facendole spesso cambiare direzione. E con lei ci saranno tutte le altre anime, buone o dannate, che tanto hanno dato al quadro realistico della sua esistenza.
“La mia vita merita di essere raccontata, più che per le mie virtù per i miei peccati, molti dei quali nemmeno sospetti…Sei il depositario delle mie lettere, su cui è riportata la mia intera esistenza… ma devi tener fede alla promessa che quando morirò le brucerai, perché sono sentimentali e spesso astiose”
Ad avermi particolarmente colpita in Violeta sono stati i tanti i ritratti che la mano dell’Allende ci regala, la delicatezza con la quale vengono tracciati. Soprattutto i personaggi secondari mi hanno sorpresa ed emozionata.
Quello che metterei in cima alla lista delle mie preferenze è Torito, uomo introverso con i suoi simili ma capace di dialogare in maniera intima con boschi e animali. Il suo è un animo semplice, col battito di un grande cuore. Non si tira indietro quando la sua Violeta si trova in difficoltà. Si erge a suo difensore fin dalla nascita, mettendo spesso in pericolo la sua stessa vita per lei.
“In campagna, Torito trovò il suo posto nel mondo. credo che capisse il linguaggio degli animali e delle piante; poteva tranquillizzare un cavallo selvaggio parlandogli a bassa voce e rallegrare i campi coltivati suonando la sua armonica… L’omaccione goffo e pesante che era in città, in mezzo alla natura si trasformò in un essere sensibile, con antenne pronte a decifrare ciò che gli stava intorno e le emozioni delle persone”
Torito ama Violeta? La risposta è sì, ma non come si potrebbe pensare. Il suo non è un amore passionale, fisico, ma un sentimento puro, che nulla chiede ma tutto dona. Torito sa essere padre, fratello, zio; lo scudo contro le avversità della vita, il rifugio nei momenti di bisogno. È un bellissimo personaggio, di quelli che risaltano nel silenzio e che lasciano il segno.
Altre figure che mi sono rimaste impresse sono quella di Roy, Harald e Josè Antonio, che si contraddistinguono da altre che appaiono sempre tra queste pagine per la loro capacità di saper amare davvero, di non confondere il legame con il possesso. Sembrerà strano che una femminista come me si senta così coinvolta da personaggi di sesso maschile, tralasciando il cosiddetto gentil sesso. Beh, questa è una dimostrazione del fatto che credere nell’uguaglianza di genere non significa avere gli occhi bendati, come molti pensano; ma saper valutare ogni persona per ciò che pensa e fa e non per il suo essere maschio o femmina. Credo che anche voi la pensiate come me, o sbaglio?
Violeta, son sicura, appoggerebbe le mie parole. Lei non si tira indietro quando si tratta di aiutare qualcuno. Si mette dalla parte del bisogno che non considera uomini o donne, ma solamente esseri umani. Il suo consistente patrimonio verrà messo a disposizione dei poveri del suo Camilo e di tutte le donne di Nahuel che, con il loro alzare la testa, chiedono solamente di esistere. Lo dona senza chiedere onori o gloria, ringraziamenti o regali; lo fa per il suo senso di giustizia, per il suo bisogno di compiere qualcosa di giusto e importante ora che le forze l’abbandonano e può ritrovarsi tra le braccia di chi ha perso.
Sahira

Sono emozione e di essa mi nutro
trovando scialbo ciò che non colora,
Sono emozione che con la penna divora
il bianco candido di un libro vissuto…