Autoconclusivo
Narrativa contemporanea
Mondadori
29 maggio 2018
Ebook/Cartaceo
543
Bologna, anni Ottanta: Tommy Bandiera, orfano di padre, cresce con la mamma Alice e la famiglia di lei. I racconti dell'avventuroso zio Ianez, i giochi condivisi con gli amici Athos e Selva fra cortile e parrocchia, e le prime, timide, relazioni con le coetanee scandiscono le tappe della sua crescita sino alla sconvolgente apparizione del vero amore. L'impareggiabile Ester, però, fa battere il cuore anche al nuovo arrivato Raul, che di Tommy diventerà la guida e la nemesi, il modello irraggiungibile e il "peggiore amico" capace di scortarlo attraverso le prove iniziatiche tutt'altro che innocenti dell'adolescenza. L'asimmetrico triangolo che li lega negli anni delle scuole superiori prenderà via via i colori di una tenera educazione sentimentale e di una conturbante lotta per trovare il proprio posto nel mondo; la meraviglia e la fatica del diventare grandi li metteranno di fronte a scelte non scontate e passi senza ritorno, tradimenti che li sprofonderanno nell'abisso della disperazione e inattese prove di lealtà capaci di riaccendere la fiducia, sino alla grande, incancellabile, avventura che vedrà i tre ragazzi protagonisti nell'estate dei diciott'anni.
Libertà da tutti agognata, voluta, desiderata, ma realmente da pochi posseduta
“L’identità sessuale è un modo per marchiare le persone […] Cosa importa se a una persona piace andare a letto con gli uomini, con le donne o con entrambi?”
E’ una recensione difficile quella che sto iniziando a scrivere. Dalla lettura ho dovuto aspettare alcuni giorni prima di sentirmi idonea a scriverla, perché molti punti contenuti in questo romanzo hanno toccato il mio animo e ovviamente hanno lasciato le loro tracce che necessitavano di sbollire prima di poter essere messe nero su bianco.
Inizierei da quello che mi è piaciuto. Partirei dall’emozione che ho provato quando i miei occhi hanno letto quel nome e quel cognome sulla copertina: Enrico Brizzi.
Il mio stupore si può riassumere con: sto realmente per leggere un altro dei suoi libri?! Proprio io che tanto ho amato il suo Jack Frusciante ho avuto l’onore di ripercorrere un’altra delle sue storie.
E di nuovo sono tornata a Bologna, nella città che quest’autore riesce a omaggiare con descrizioni veramente stupende, mi sono ritrasformata in quell’adolescente piena di sogni, paure, ho ripercorso le giornate tra i banchi di scuola, i pomeriggi nei parchi, la semplicità della vita che come un fiume scorre e tutto trascina nel bene e nel male, nelle gioie e nelle cicatrici piccole o grandi che tutti abbiamo provato, almeno una volta, e che ci hanno reso ciò che oggi siamo e mi sono sentita un po’ vecchia, nonostante io non lo sia.
Tu che sei di me la miglior parte è un romanzo che, come ai tempi è stato Jack Frusciante è uscito dal gruppo, ha un potere immane racchiuso dentro di sé e sa sicuramente parlare al suo lettore, tuttavia nella mente mi ha creato alcuni dubbi. Non me ne voglia il suo autore, ma io ho studiato Filosofia e si sa il dubbio vive in noi studiosi e quindi vado a illustrare quelli che sono i punti deboli a mio parere di questa storia.
Il contesto: questo romanzo è categorizzato nella narrativa contemporanea a mio parere questo è un errore, potrebbe essere definito un romanzo moderno, ma non contemporaneo, se per contemporaneo intendiamo attuale, poichè è ambientato nella Bologna degli anni ’80 – ’90 e termina con l’ingresso dei protagonisti nel 2000. L’ho trovato da me distante, ho faticato a sentirmi uno di quei ragazzi, perché culturalmente era lontano da me, che non ho vissuto in quegli anni e quindi a mio parere non può essere idoneo alle generazioni attuali di adolescenti, perché faticherebbero molto a entrare in quel contesto che per chi ha vissuto in quel epoca è descritto in una maniera stupefacente e come solo Enrico Brizzi poteva fare.
I personaggi: i protagonisti di questa storia sono sostanzialmente tre: Tommaso, Ester e Raul. Di questi tre ho amato tantissimo Ester
“Ester va con chi vuole, quando vuole, e se non le va a genio un’idea è inutile insistere.”
E’ l’emblema del coraggio, della forza, della libertà ed è appunto questo ultimo valore che mi ha fatto trovare una sorta di falla nella storia, perché attraverso i due protagonisti in particolare Raul viene molto espresso il concetto di libertà; di ribellarsi alla società, di lotta alle regole, alla polizia, alla religione eppure viene raccontato un fatto che mina questo concetto di libertà e che noi che siamo figli del 2000 non riusciamo più a tollerare, il maltrattamento di un ragazzo gay.
L’episodio, di vero e proprio bullismo, come noi siamo abituati a sentir parlare nei nostri telegiornali, si manifesta più per una sorta di vendetta che per mancanza di rispetto nei confronti di chi è omosessuale, ma l’atto di per sé è crudo, violento e incettabile.
Non credo sia stato un errore narrare di un episodio di bullismo, del resto il romanzo parla di vite, dell’esistenza di tre ragazzi e si sa di stupidate, aimè, se ne fanno tante, personalmente ho però atteso per tutto il romanzo che questo gesto venisse purificato, che in qualche modo l’autore riuscisse a far redimere i suoi protagonisti e che riuscisse a dare alla libertà che viene professata in questo romanzo il giusto peso.
Una frase voglio ripetere:
“L’idea che si potesse rovinare una persona, guastarla per sempre come si faceva con gli oggetti, non mi era mai passata per la testa.”
Quello che ho notato è che c’è proprio un limite che impedisce alla libertà di essere completa. Per capirci mi è piaciuto un sacco il modo in cui l’autore parla delle donne, il suo punto di vista è chiaro: le donne devono essere trattate come gli uomini e chi le giudica (l’opinione comune, la stessa mamma di Tommaso e il Don Gandolfi) è un antico.
“A loro nessuno avrebbe torto un capello, ma le avrebbero fatte sentire sporche come se avessero lasciato spegnere il fuoco sacro di fronte all’altare. Un giorno dopo l’altro, usando le parole come armi, avrebbero provato a spegnere la loro gioia, e si sarebbero placati solo quando le ragazze curiose si sarebbero trasformate in zitelle insipienti, creature limpide e tormentate dai sensi di colpa.”
Quindi questo mi sono chiesta: perchè mettere un limite a questa libertà che si respira tra le pagine di questo romanzo? E’ stata solo una scelta dovuta alla coerenza dettata dal contesto storico in cui il romanzo è ambientato? Ma così facendo non si è minato il carattere dei due protagonisti che invece vuole tendere a oltrepassare ogni morale?
Non ho saputo darmi una risposta a queste domande e vorrei concludere le mie digressioni complimentandomi con il suo autore, è realmente bello che un romanzo riesca a suscitare queste emozioni. Per me la lettura è consigliata.
AUTORE
ENRICO BRIZZI
Scrittore italiano, è figlio di un professore di Storia moderna all’Università e di madre insegnante di scuola superiore. Frequenta da adolescente il Liceo Galvani della sua città (che diventerà storpiato in “Caimani” nel primo libro).
Esordisce non ancora ventenne con il suo primo romanzo “Jack Frusciante è uscito dal gruppo”, tradotto in ventiquattro paesi e divenuto film nel 1996. All’ingombrante esordio l’autore ha fatto seguire il tenebroso “Bastogne”.
Nel 2003 ha sposato Cristina Gaspodini, già curatrice del volume “Il mondo secondo Frusciante Jack”. Fra gli autori italiani che più l’hanno influenzato, Brizzi ha sempre citato al primo posto Pier Vittorio Tondelli.
Nell’aprile 2008 ha intrapreso un secondo viaggio sulle orme dei pellegrini medievali, durato oltre due mesi, fra Roma e Gerusalemme. Nel novembre dello stesso anno ha dato alle stampe per l’editore Laterza una raccolta di sette racconti dedicata alla propria città, dal titolo “La vita quotidiana a Bologna ai tempi di Vasco”, ristampata due volte nel giro di quindici giorni.
La trilogia dedicata al viaggio si conclude nel 2011 con “Gli psicoatleti”, pubblicato da Dalai edizioni. Tra gli altri suoi libri citiamo almeno “La vita quotidiana in Italia ai tempi di Silvio” (Laterza, 2010), “L’arte di stare al mondo” (Mondadori Electa, 2013), “Di furore e lealtà. La mia vita raccontata a Enrico Brizzi” (Mondadori, 2014, scritto con Vincenzo Nibali) e “Il meraviglioso giuoco. Pionieri ed eroi del calcio italiano” 1887-1926 (Laterza, 2015).
Ha esordito nel mondo editoriale nel 2016 con “Ananke” a cui sono seguiti “Artemisia” e “l’Ultima Notte al mondo”; ha collaborato a varie antologie dal titolo “Io me lo leggo”. I suoi romanzi sono tutti ambientati in Italia tra le alte cime del Piemonte e i paesaggi Pugliesi, vi troverete all’interno i valori in cui crede: la lotta per i sogni, l’amore e l’amicizia. Da più di un anno collabora attivamente con i blog LabottegadeiLibri e lubri.iCrewPlay, scrivendo articoli che ruotano attorno al mondo dei libri.