Narrativa contemporanea
GRAPHE.IT edizioni
settembre 2021
Cartaceo
48
Vi è mai capitato di pensare «Ah, se fossi una mosca!», curiosi di osservare da vicino, e in segreto, scenari altrimenti inaccessibili?
A. è una mosca assai speciale – costruita con il filo di ferro di una gabbietta per champagne – ma il suo destino è proprio quello dell’osservatrice: una volta ricevuta la vita, nell’ottobre del 1916, dalle mani di uno squattrinato poeta parigino, è condotta dal caso nelle tasche dei più celebri artisti e scrittori dell’epoca, fra i loro libri, sui tavoli delle bettole nelle quali essi conversano, suonano, s’innamorano, compongono opere controverse e innovative.
Tutta la magia di Parigi passa nel racconto di A., insetto senziente quasi-vivo, che nel frattempo, forse proprio in questo istante, si è già posato non visto in un angolo della nostra esistenza.
“Mi chiamo A. sono una mosca. Sono nata a Parigi le notte del 22 ottobre 1916 dalle mani di Lucien Huître…” – Storia di A.
Quando ho preso in mano “Storia di A“, scritta da Marco Belli, subito mi ha colpito l’esiguo spessore del libro. Cosa mai si potrà raccontare, mi sono chiesta, in 40 pagine scarse per di più costellate da una miriade di disegni?
La curiosità era davvero tanta, anche perché sapevo che la protagonista di questo libretto era una mosca.
Insieme alle zanzare, le mosche sono gli insetti che riescono più facilmente a farmi perdere la pazienza. Eppure, nell’universo letterario, anche questo insetto in frac è stato elogiato da più di uno scrittore; il suo nome è apparso in titoli di autori importanti che, spesso, ad essa hanno attribuito significati allegorici. Da Luciano di Samosata a Golding passando per Shakespeare e Pirandello, il suo ronzio impertinente ha spesso incuriosito le menti più eccelse, che di lei si sono servite per integrare o dar vita a opere d’arte.
A voi viene in mente il titolo di qualche libro o film dove si accenna alle mosche?
In “Storia di A”, di Marco Belli, in realtà la mosca designata è fatta di metallo. Precisamente viene creata dalla noia di uno scrittore ubriaco e squattrinato che si mette a giocherellare col filo di ferro di una gabbietta per champagne.
“Prese una gabbietta di una bottiglia di champagne che trovò sul pavimento lurido e mi creò. Mi fece le alette, gli occhi e le zampine. Si ferì alla mano destra e il sangue di quel demiurgo malinconico mi diede la vita” – Storia di A.
Siamo nella Parigi degli inizi del ‘900, in un bistrot non molto frequentato dagli intellettuali del periodo. Saranno le gambe di questo poeta incompreso la fortuna di A. Viaggiando dentro ad una tasca della sua giacca, arriva alla famosa Rue de l’Odeon, dove tutto pullula di cultura, una babilonia di lingue dove le menti si aprono.
Il fermento artistico della Parigi del tempo era concentrato nei bar, nei caffè, nelle librerie-salotto che diventano una seconda casa per gli artisti parigini e non. È proprio davanti ad una di queste, la famosa Maison des Amis des Livres, che il nostro triste personaggio stramazza al suolo, facendo rimbalzare la sua amica di ferro vicino alla vetrina. Raccolta da un alticcio Erik Satie, la piccola A. comincia il suo meraviglioso viaggio nel mondo della cultura, attraverso gli anni, le mode e le idee, fino ad arrivare ai giorni nostri.
Magari saremmo noi a trovarla mentre rovistiamo tra vecchie cianfrusaglie. Aguzziamo lo sguardo…avrà tanto da dirci.
La leggerezza della penna di Marco Belli non riesce a camuffare la grande cultura e il senso artistico dello scrittore. Calandosi nei panni di una mosca, di due occhi che osservano il mondo senza essere a loro volta osservati, il nostro autore posa il suo sguardo attento sulla Parigi di allora.
La nostra protagonista fa buon uso della sua invisibilità, diventando testimone oculare di alcune delle maggiori opere d’arte concepite nel XIX secolo.
La piccola A. è una mosca mite, amante del bello e di ogni tipo di espressione artistica che il sentire umano riesce a procreare.
Parigi è il suo sogno, e come darle torto? Ama il profumo delle pagine, lo sfrigolio delle idee che si librano libere nell’aria, riempiendola di elettricità, sapere e emozioni. E questo, in effetti, regalava la Parigi di allora, dove Picasso, Leonide Massine, Jean Cocteau, Apollinaire, Colette e tanti altri passeggiavano tra le indifferenti vie della città, persi nei loro sogni; il loro sentire poi si regalava al mondo sotto forma di musica, danza, libri, dipinti. In una sola parola, direi, poesia!
Grazie al suo essere mosca, A. riesce a vivere anche il dietro le quinte di quei capolavori di risonanza mondiale, a vedere le esuberanze di quegli uomini e donne molto spesso definiti stravaganti, tradotte in palpiti vitali che riescono a superare ogni confine. Chiunque entri in contatto con le loro opere, senza sapere nulla della persona/artista che c’è dietro, sente, comunque, in ciò che compongono quella carica emotiva che li fa sussultare.
Vi siete mai chiesti come mai la maggior parte degli artisti viene considerata fuori dalle righe?
Perché chi è in grado di comporre opere celestiali, qualunque sia la loro natura, poi fatica a trovare il giusto posto nella vita di tutti i giorni?
Personalmente penso che queste persone abbiano le chiavi per aprire mondi che sono alla portata di tutti, ma che non tutti vedono. A riprova di ciò sta il fatto che nessuno rimane indifferente alle loro creazioni. E come si potrebbe ascoltare il messaggio che esse inviano se non se ne capisse il linguaggio?
L’artista è colui che si ciba di emozioni; spesso però queste prendono il sopravvento distruggendo quel senso di “doversi adeguare alle masse” che tutti noi, anche inconsapevolmente, mettiamo in atto. La maschera che ogni giorno indossiamo, sulla faccia dell’artista non riesce a stare. Ed ecco l’esuberanza, la verità mostrata agli occhi di tutti, a volte giudicata, ma alla fine amata nello stesso momento in cui si apprezzano le loro opere.
A. questo lo sa! Lei partecipa alla vita di questi geni irrequieti, con loro soffre e ride. Ha solo bisogno di questo per vivere, di essere parte di una realtà che non si nasconde dietro a nessun sipario.
Io invidio questa mosca e ammiro le mani di Marco Belli che, attraverso una breve storia di poche pagine, è riuscito a mettere in evidenza la bellezza di un mondo dove la libertà di essere viene prima di tutto.
Le immagini colorate che Camilla Lunghi ha inserito tra le righe riescono, insieme al testo, a regalare a queste pagine quell’attimo di spensieratezza e irriverenza che toglie la pesantezza inevitabile che le storie personali di molti artisti si portano dietro.
Leggete Storia di A., quadro di tempi che furono; fatelo per ricadere nella magia di allora! Viaggiate sulle ali della piccola A. col sorriso sulle labbra: vi insegnerà a vedere il bello anche dove non ve lo aspettate.
Sahira
Sono emozione e di essa mi nutro
trovando scialbo ciò che non colora,
Sono emozione che con la penna divora
il bianco candido di un libro vissuto…