
Narrativa
Fazi
16 gennaio 2020
cartaceo, e-book
332

William Stoner ha una vita che sembra essere assai piatta e desolata. Non si allontana mai per più di centocinquanta chilometri da Booneville, il piccolo paese rurale in cui è nato, mantiene lo stesso lavoro per tutta la vita, per quasi quarantanni è infelicemente sposato alla stessa donna, ha sporadici contatti con l'amata figlia e per i suoi genitori è un estraneo, per sua ammissione ha soltanto due amici, uno dei quali morto in gioventù. Non sembra materia troppo promettente per un romanzo e tuttavia, in qualche modo, quasi miracoloso, John Williams fa della vita di William Stoner una storia appassionante, profonda e straziante. Come riesce l'autore in questo miracolo letterario? A oggi ho letto Stoner tre volte e non sono del tutto certo di averne colto il segreto, ma alcuni aspetti del libro mi sono apparsi chiari. E la verità è che si possono scrivere dei pessimi romanzi su delle vite emozionanti e che la vita più silenziosa, se esaminata con affetto, compassione e grande cura, può fruttare una straordinaria messe letteraria. È il caso che abbiamo davanti.
“John Williams fa della vita di William Stoner una storia appassionante, profonda e straziante”
“William Stoner ha una vita che sembra essere assai piatta e desolata. Non si allontana mai per più di centocinquanta chilometri da Booneville, il piccolo paese rurale in cui è nato, mantiene lo stesso lavoro per tutta la vita, per quasi quarantanni è infelicemente sposato alla stessa donna, ha sporadici contatti con l’amata figlia e per i suoi genitori è un estraneo, per sua ammissione ha soltanto due amici, uno dei quali morto in gioventù. Non sembra materia troppo promettente per un romanzo e tuttavia, in qualche modo, quasi miracoloso, John Williams fa della vita di William Stoner una storia appassionante, profonda e straziante. Come riesce l’autore in questo miracolo letterario? A oggi ho letto Stoner tre volte e non sono del tutto certo di averne colto il segreto, ma alcuni aspetti del libro mi sono apparsi chiari. E la verità è che si possono scrivere dei pessimi romanzi su delle vite emozionanti e che la vita più silenziosa, se esaminata con affetto, compassione e grande cura, può fruttare una straordinaria messe letteraria. È il caso che abbiamo davanti.”
John Williams si dimostra un autore di estrema bravura raccontando la storia apparentemente noiosa di un professore universitario a Columbia nei primi anni del 1900.
William Stoner, nato e cresciuto in campagna e trasferitosi poi a Columbia per frequentare l’università scoprirà che proprio lo studio è ciò che più di qualsiasi altra cosa lo appassiona e dedicherà la vita alla letteratura inglese, prima come studente e poi come insegnante.
La forza di Stoner non risiede nella trama, ma nei personaggi: in primis William Stoner stesso, uomo di enorme cultura, ma impacciato e anche un po’asociale nella vita reale, non ha mai (o quasi) viaggiato, ha solo due amici uno dei quali morto in guerra lasciano un vuoto incolmabile nella vita di Stoner, il suo è un matrimonio disastroso e malato, insomma, la sua vita è noiosa e monotona, ma i suoi pensieri, le sensazioni e ciò che prova verso il mondo che lo circondano sono forti e pungenti, ma descritte con una delicatezza che mi ha rapita fin dalle prime pagine.
Il personaggio migliore, almeno a livello di costruzione, è la moglie Edith, conosciuta durante una festa, corteggiata assiduamente ed infine sposata, si rivela essere una donna molto problematica e capace di tanto rancore da rendere la vita del marito e della figlia un vero inferno; è una donna prima malata nel vero senso della parola, poi diventa capricciosa e solo alla fine comprensiva e docile, insomma, è uno di quei personaggi che lascia in attesa il lettore che vuole scoprire la sua prossima mossa, qualsiasi esso sia, solo per stupirsi dell’ennesima sfaccettatura del suo carattere.
Come ho già sottolineato, la prosa di John Williams meriterebbe un saggio a parte, è delicata e violenta allo stesso tempo, riesce a catturare senza che se ne accorga poiché i capitoli che si succedono non finiscono mai bruscamente, praticamente non esistono colpi di scena, eppure io non vedevo l’ora di arrivare al capitolo successivo per sapere quale fase della vita di Stoner si sarebbe aperta e poi conclusa nello stesso, piccolo, spazio di un capitolo.
Ciò che mi ha colpita di più della prosa è stato proprio questa capacità di delicatezza anche nelle descrizioni di atti feroci, non solo fisicamente, ma anche moralmente e, forse soprattutto, psicologicamente: nel corso del romanzo vengono descritte entrambe le guerre mondiali, ovviamente dal punto di vista di Stoner, entrambe lasciano un segno profondo nel protagonista ed entrambe sono descritte come se fossero delle allegre passeggiate lungo il fiume.
Nonostante la leggerezza della descrizione, gli argomenti arrivano come schiaffi in faccia o un secchio di acqua gelida, sono davvero spiazzanti e sempre accurati: come dicevo prima, ogni capitolo apre e chiude una fase della vita di Stoner, breve o lunga che sia, ovviamente tutte le fasi hanno lati positivi e negativi, ecco, sono i lati negativi che sono come schiaffi perché arrivano così, all’improvviso, magari proprio mentre sta andando tutto bene.
Non lo nascondo, questo libro mi ha fatto provare forti emozioni, ho riso ed ho pianto durante la lettura (e non piangevo per un romanzo dalla lettura di Harry Potter, sapete di cosa sto parlando) e devo ammettere che mi mancava provare queste sensazioni di completa osmosi con il protagonista e, in minima parte, con l’autore.
In conclusione, Stoner è un libro che per moltissimi potrebbe risultare noioso, ma che tutti dovrebbero almeno provare a leggere, dargli una possibilità e superare le prime pagine per farsi trasportare nella vita di William Stoner, professore di letteratura inglese, marito, padre e, soprattutto, uomo.
Nato in una famiglia di modeste condizioni economiche, si iscrisse all’Università di Denver solo dopo la fine della Seconda guerra mondiale alla quale aveva preso parte in qualità di sergente delle United States Army Air Forces in India e in Birmania dal 1942 al 1945. Si dedicò agli studi e a Denver ricevette il Bachelor of Arts nel 1949 e il Master of Arts nel 1950. Durante la sua permanenza all’Università di Denver pubblicò i suoi primi due libri: il romanzo Nothing But the Night (1948) e la raccolta di poesie The Broken Landscape (1949). Nel 1950 Williams si iscrisse all’Università del Missouri, dove nel 1954 ottenne un dottorato di ricerca in Letteratura inglese.
Nell’autunno del 1955 Williams tornò all’Università di Denver come assistant professor di Scrittura creativa. Nel 1960 pubblicò il suo secondo romanzo Butcher’s Crossing, nel quale descrisse la vita di frontiera nel Kansas attorno al 1870[1]; ha curato l’antologia English Renaissance Poetry in lingua inglese nel 1963; due anni dopo pubblicò la sua seconda raccolta poetica (The Necessary Lie). Fu inoltre il fondatore della rivista University of Denver Quarterly (più tardi Denver Quarterly), di cui fu direttore fino al 1970[2]. Il terzo romanzo di Williams, Stoner, la storia romanzata di un professore universitario di Inglese, fu pubblicato dalla Viking Press nel 1965, e il suo quarto romanzo, Augustus (Viking, 1972), una rappresentazione dei tempi violenti di Augusto, pubblicato nel 1972, vinse il National Book Award nel 1973 ex aequo con Chimera di John Barth. Un quinto romanzo, The Sleep of Reason (Il sonno della ragione) rimase incompiuto a causa della sua morte