romanzo contemporaneo
Edizioni Bette
19 settembre 2024
Cartaceo
248
Specchi delle nostre brame narra la storia di una famiglia composta da Fabiola, agente teatrale, Michel, il quale fino a qualche giorno prima lavorava come editor in una casa editrice, e i tre figli, Sara, la più grande, Luigi, il mezzano, e Benedetta, la piccola. La trama si svolge interamente all’interno di una casa a Lucca, dove i nostri si trasferiscono dalla capitale. L’appartamento è stato ereditato da Fabiola in seguito alla morte di sua madre Francesca e del papà Mario, scomparsi a breve distanza l’una dall’altro.
In particolare, il padre di Fabiola deve il proprio cognome a un mercante realmente esistito, Giovanni Arnolfini, nativo di Lucca, divenuto in seguito popolare e stimato nella città di Bruges, in Belgio, peraltro nazione d’origine di Michel. L’uomo non ci stava molto con la testa e alla disperata ricerca delle sue vere origini si è imbattuto un giorno nell’imitazione di un famoso quanto misterioso quadro del 1400, anch’esso realmente esistente, ovvero il Ritratto dei coniugi Arnolfini, e da allora ne è diventato talmente ossessionato da auto convincersi della presunta parentela, sino a dimostrarla dilapidando le sostanze dei suoi genitori.
La fissazione con il dipinto, che peraltro mostra il presunto avo assieme a una misteriosa dama, è talmente esagerata da indurre Mario a commissionare uno specchio praticamente identico a quello presente alle spalle dei due personaggi ritratti nell’opera, dettaglio che l’ha resa ulteriormente degna di molte speculazioni in ambito artistico. Da questa premessa nasce l’idea che dovrebbe rendere la lettura di questo romanzo un’esperienza originale. Si dà il caso che l’intera vicenda sia raccontata dai vari specchi affissi nelle stanze dell’appartamento, a cominciare proprio dall’imitazione di quello ritratto nel celebre dipinto, il quale si trova in bagno.
Attraverso scene di vita quotidiana, osservate e raccontate da quest’ultimo e dagli altri specchi nelle varie camere da letto e dalla specchiera verticale all’ingresso, veniamo a conoscenza di ciò che unisce e divide, emoziona e ferisce, induce ad amarsi o detestarsi, i componenti della famiglia protagonista, con un giorno speciale tra tutti a determinare lo svolgimento e la conclusione del racconto.
“Specchi delle nostre brame” di Alessandro Ghebreigziabiher, edito da Edizioni Bette: ammetto di aver scelto di leggere questo libro in quanto attratta dall’immagine in copertina.
Sulla cover è rappresentato il famoso quadro del pittore fiammingo Jan van Eyck del 1434: “Ritratto dei coniugi Arnolfini”, una delle prime opere realizzate con colori a olio anziché con le tempere.
Ciò che rende speciale questo dipinto è uno specchio che riflette la presenza, nella stanza, insieme ai due sposi, di altre due persone: un servo e lo stesso pittore che rappresentano i testimoni di nozze.
L’io narrante di questo singolare romanzo è proprio uno specchio, che ha anche un nome: Jan, proprio come il pittore.
È lui che racconta le vicende che accadono in quella casa, nella quale è appeso.
“Lo ripeto, sono solo uno specchio. Non ho un’opinione autorevole sulle cose o una visione approfondita degli eventi. Ho la capacità di rifletterli, non rifletterci.
Per spiegarmi meglio, mi si consideri come una sorta di cronista sul campo, ovvero un testimone oculare che nel pieno della diretta riporta ciò che gli passa davanti”
Uno specchio piuttosto datato, che era stato commissionato da Mario Arnolfini, il quale “si convinse di essere nientedimeno che il diretto discendente di Giovanni”, lo sposo del quadro.
Fabiola, figlia di Mario, si guarda riflessa in quello specchio tutti i giorni, pensando:
“Ho quarantasei anni, ma me li porto ancora bene!”
Nei giorni buoni c’è il punto esclamativo, in quelli decisamente meno è interrogativo, in quelli normali c’è il tradizionale punto e nelle mattine confuse i soliti tre di sospensione.
Michel – guarda caso un fiammingo – è il marito di Fabiola.
Attraverso Jan, lo specchio, noi lettori vediamo l’arredamento della casa e tutto quello che succede. Siamo osservatori speciali.
Lo specchio si focalizza sui figli della coppia.
“Benedetta porta i capelli molto corti ed è riscontrabile lontano un miglio che se li è tagliati da sé, visto che sono simili a una specie di prato dove ci è appena passata sopra una falciatrice guidata da un giardiniere cieco e ubriaco. Ovviamente, ne sono un testimone oculare, visto che il giorno che ha aggredito la sua chioma ero presente” – Specchi delle nostre brame
C’è molta ironia nella scrittura di Ghebreigziabiher.
Sara è più simile alla madre e Luigi, invece, assomiglia al padre.
Jan è testimone di tutti i particolari momenti intimi dei membri della famiglia. Come nel caso di Sara, la quale, mentre si stava truccando, riceve un messaggio e inizia a piangere. Scappa, esce dall’inquadratura e lo specchio non può raccontarci cosa accadde in seguito.
In una famiglia di cinque persone, Jan viene a conoscenza di tanti segreti e, con essi, l’autore affronta diverse tematiche: in particolare il tradimento e la bulimia.
Uno specchio non capisce direttamente le emozioni umane, ma le riflette e fa, a sua volta, delle riflessioni su quanto vede.
L’autore gioca molto sulla terminologia. In particolare, sul fatto che lo specchio voglia “riflettere” sulle immagini che rimanda.
Il suo punto di osservazione, però, è limitato a due stanze: il bagno e la camera da letto.
“Sarebbe bello se noi specchi potessimo comunicare tra noi, con la libertà di restare connessi finché non si desideri un po’ di privacy. Così dovrebbe funzionare per tutti, umani o meno. L’isolamento non dovrebbe mai essere una condizione ineludibile. Tutti dovrebbero fare esperienza di coppia, anche gli oggetti” – Specchi delle nostre brame
Il desiderio di Jan sarebbe quello di comunicare, ad esempio, con lo specchio in anticamera per avere un’altra prospettiva delle vicissitudini della famiglia. Eppure, ci si ricorda degli specchi solo nel momento del bisogno, altrimenti passano in sordina.
“Specchi delle nostre brame” è un romanzo cinico e piuttosto crudo. Un testo alquanto surreale, al quale, forse, non ero preparata, seppur con una sua morale.
La lezione di questa storia è che, finché tra una coppia c’è affetto, “tenerezza, calore, contatto, intimità”, allora c’è ancora tempo per salvare il rapporto e la famiglia.
“È emozionante essere qui, all’ingresso della casa, con il privilegio di assistere all’incipit di ogni quotidiano racconto. Ma al contempo, è infinitamente avvilente sapere di essere la testimone oculare del definitivo epilogo”
Avete mai pensato che gli specchi potessero osservarci e “riflettere” sulle nostre azioni quotidiane?
3 stelle ⭐⭐⭐☆☆
Mi chiamo Alessia. Sono un’insegnante di matematica e inglese. Vivo in provincia di Pavia. Adoro leggere (soprattutto gialli), fare yoga e cucinare.