
Fantasy, storico
Fazi Editore
9 luglio 2024
Cartaceo, ebook
395

Sorelle separate da centinaia di anni.
Voci che non possono essere soffocate.
2019. Nel cuore della notte Lucy si sveglia di soprassalto; si trova nella stanza del suo ex ragazzo, a cavalcioni su di lui, con le mani strette attorno alla sua gola. Cosa ci fa lì? Confusa e terrorizzata, cerca rifugio dalla sorella Jess, sperando che possa aiutarla a capire il sogno che da qualche tempo popola le sue notti: la scena vivida e inquietante di due sorelle che stanno naufragando.
1800. Le sorelle Mary ed Eliza vengono strappate al loro amato padre in Irlanda e costrette a imbarcarsi su una nave diretta in Australia. Mentre vengono trasportate sempre più lontano da tutto ciò che amano e conoscono, iniziano a notare nei loro corpi degli strani cambiamenti che non riescono a spiegarsi.
2019. Giunta a casa di Jess, Lucy non trova alcuna traccia di lei. Mentre attende il suo ritorno, inizia a sentire strane storie sulla cittadina di mare dove la sorella si è da poco trasferita: racconti di uomini scomparsi, rapiti dagli abissi; sussurri di voci femminili che serpeggiano tra le onde. Nel frattempo, quello strano sogno inizia a sembrare più reale che mai.
Sirene è l’appassionante storia di quattro donne separate dal tempo eppure legate più di quanto si possa immaginare. Un nuovo imperdibile romanzo sulla resilienza femminile, che racchiude tutto il potere della sorellanza e l’ineffabile magia del mare.
“Sirene” è un romanzo fantasy storico dell’autrice Emilia Hart, edito Fazi Editore.
I piani temporali del romanzo sono due: uno al presente e uno proiettato indietro nel tempo, al 1788.
Nella seconda metà del diciottesimo secolo, nel Nuovo Galles del Sud e in altre colonie, iniziarono ad approdare imbarcazioni britanniche che trasportavano detenuti, soprattutto irlandesi. Nel 1901 quelle colonie diedero vita all’Australia.
“L’invasione britannica fu devastante per aborigeni e isolani dello Stretto di Torres, che si videro sottratte le loro terre. Molti persero la vita a causa della violenza coloniale e di malattie importate dal Vecchio Continente. Dopo il 1788 i popoli indigeni, le cosiddette Prime Nazioni, furono vittime di politiche razziste che miravano ad ‘assimilarli’ nella società bianca australiana”
L’ambientazione di Comber Bay è ispirata a Batemans Bay nel Nuovo Galles del Sud.
Il romanzo è strutturato in tre parti. Il tempo presente è ambientato nel 2019.
Conosciamo Lucy, una delle quattro protagoniste, mentre sogna di boccheggiare sott’acqua.
“Ha fatto un sogno, se lo ricorda adesso: acqua fredda che le sfiorava la pelle, pietre che le si conficcavano nei piedi. La roccia degli scogli che le graffiava il cranio. L’alito caldo di un uomo sul viso, le dita di lui sulle cosce…”
In un attacco di sonnambulismo, stava strangolando il ragazzo con il quale aveva passato la notte. Chi le crederebbe? Sarebbe subito accusata di aggressione.
Doveva scappare. Poteva rifugiarsi solo da una persona: sua sorella Jess, “l’unica sonnambula che conosca, l’unica che poteva avere un’idea del motivo per cui le sta succedendo una cosa del genere”.
Con il personaggio di Ben, non certo il classico bravo ragazzo, la Hart tratta il tema della condivisione, non consensuale, di video intimi sui social e dei relativi commenti offensivi.
Anche Mary ed Eliza erano due sorelle che vissero nel 1800. Prigioniere su una nave che le avrebbe portate, insieme ad altre ottanta donne, nel Nuovo Galles del Sud.
Avevano il sapore della polvere in bocca e gli occhi che bruciavano per la luce a cui non erano abituate. Erano state imbarcate così velocemente che non sapevano nemmeno dove si trovavano. Tutto avvenne a causa di un giudice, che pronunciò quelle orribili parole: “colpevoli” e “deportazione”.
Mary ed Eliza erano legate all’acqua, a quelle “terre sotto i flutti del mare”, La loro madre era un’abitante di quelle terre. Una mattina in cui il loro padre era in mare a pescare le aringhe, sentì un canto dolcissimo.
“Si voltò. Fu allora che la vide. Una donna seduta su uno scoglio vicino alla spiaggia, che cantava solo per lui. Come se lo avesse aspettato”
Fin da bambina, Lucy sognava spesso l’acqua. Aveva la sensazione di annegare ma, al tempo stesso, si sentiva al sicuro. Ora, da adulta, le capitava di sognare in un’altra lingua, in irlandese: “una lingua che non aveva mai letto, mai sentito”.
Una notte, in sogno, vide una sirena posta a prua su una nave… quella sulla quale erano state imbarcate, contro la loro volontà, le altre due sorelle.
Cos’avevano in comune Mary e Lucy?
Entrambe avevano una sorella e tutte e due provavano la sensazione di trovarsi al confine di un altro mondo, che valicavano solo durante i sogni notturni.
L’unica sorella che non conosciamo è Jess. O, meglio, la conosciamo attraverso un diario che Lucy trova e che legge per noi.
Quando Lucy giunge a Marrickville, con il suo fascino bohémien, nella casa di Jess non manca nulla… tranne lei!
Lucy ha sempre avuto un pessimo rapporto con l’acqua, pur sognandola così spesso. Fin da piccola le era stata diagnosticata l’orticaria acquagenica, che le impediva di immergersi.
A Mary ed Eliza, stipate nella stiva, sembrava di essere inghiottite dal buio. Erano costrette a farsi cullare dallo sciabordio dell’acqua. Eliza insegnò alla sorella ad orientarsi in quell’oscurità, a distinguere le donne che parlavano, ad acuire i sensi.
Erano i racconti a tener loro compagnia durante quella lunga traversata. Ma il racconto che Eliza non avrebbe mai smesso di ascoltare era quello di quando Pa aveva conosciuto Ma e di quando lei e la sua gemella nacquero.
Jess, prima di sparire, stava allestendo una mostra intitolata “Sirene”: “voci che arrivano dalle onde. Voci di donne”.
“Lucy non sa dov’è Jess, o perché sia stata attratta da questa cittadina, con le sue donne annegate e i suoi uomini scomparsi. Non sa perché condividano dei sogni così inquietanti o perché quando dormono siano attratte dall’acqua.
C’era però quel sapore sulla sua lingua, dolce e chimico: il fervore inebriante del mistero, di un rompicapo da risolvere” – Sirene
In quella casa, dove il tempo sembrava essersi fermato, dove Lucy era continuamente colta da allucinazioni, da flash di ricordi della sua infanzia. Quello era un luogo protetto dai fantasmi delle donne annegate.
Ho letto “Sirene” spinta dall’entusiasmo per il primo romanzo di Emilia Hart, “Weyward”, e per la mia personale passione per le sirene e il mondo mitologico.
Purtroppo ho avvertito, nonostante le premesse di carattere storico nel Prologo, poco pathos.
La storia ruota, principalmente, attorno a Lucy, un personaggio che non ha riscontrato le mie simpatie.
La stessa autrice, nei “Ringraziamenti”, in modo onesto, racconta di quanto sia stato difficile per lei scrivere “Sirene”. Le stesure precedenti avevano ben poco in comune con quella definitiva.
Forse la pubblicazione è stata accelerata sulla scia del successo del romanzo precedente.
Emilia Hart rimane una buona narratrice, ma mi auguro che il prossimo romanzo si discosti dal tema dei rapporti familiari in epoche diverse e che prevalga più l’aspetto storico o mitologico rispetto a quello fantasy.
3 stelle ⭐⭐⭐☆☆

Mi chiamo Alessia. Sono un’insegnante di matematica e inglese. Vivo in provincia di Pavia. Adoro leggere (soprattutto gialli), fare yoga e cucinare.