Narrativa contemporanea
Les Flâneurs Edizioni
10 marzo 2021
cartaceo, ebook
334
Per anni Caterina ha avuto paura di diventare come sua madre Rosa, rigida e irriverente. Lasciata la "prigione" famigliare viaggia, studia e coltiva la passione per la scrittura ma neanche la distanza riesce a mutare l'atteggiamento di Rosa, così come la sua innata propensione a criticarla e giudicarla.
Le cose cambiano quando, dopo aver per lungo tempo ignorato i segnali della malattia di sua madre, Caterina è costretta a fare i conti con la diagnosi tanto temuta: Alzheimer. Le decisioni da prendere sono tante, così come le conseguenze da affrontare.
Il lento e progressivo decadimento di Rosa mostra a Caterina il lato fragile di sua madre e fa luce sul suo passato, su quelle radici istriane involontariamente dimenticate o coscientemente rimosse.
Così, pazientemente, tra ostacoli e sorprese, Caterina, intraprende un lungo viaggio nel tempo e nell'anima, consapevole che solo la memoria conferisce un senso al presente.
“E nel mio lungo e tortuoso viaggio su quel mare non mappato che era il passato di mia madre, le sue parole e i suoi ricordi scivolosi a cui alludevano, erano pittogrammi da decifrare, indizi approssimativi da interpretare”.
La scrittrice Caterina Edwards riscostruisce il passato della propria madre, Rosa, rimasta vedova e bisognosa di cure. Ma chi è veramente Rosa? Quanto ha inciso il suo vissuto di profuga istriana sul suo carattere duro ed inflessibile? Sarà proprio quando i ricordi di Rosa andranno obnubilandosi nelle nebbie dell’Alzheimer che Caterina vorrà ricostruirne il passato, riscoprendo sua madre.
Caterina Edwards è un’autrice di un certo successo, abbastanza conosciuta in Canada e degli Stati Uniti, un po’ meno nel nostro Paese, poiché gran parte dei suoi romanzi, purtroppo, non sono stati tradotti in lingua italiana. In questa ricostruzione, lei si presenta soprattutto come figlia, ruolo dalle diverse sfaccettature.
Caterina si sente sicura e realizzata in seno alla propria famiglia, fino a ché la madre rappresenta solo una voce lontana, al di là del filo del telefono. Diventa invece fragile, impacciata e piena di dubbi quando si ritrova al cospetto della madre, che le piomba in casa e le butta all’aria il guardaroba come quando era un’adolescente, travolgendola con i suoi commenti lapidari sull’ordine e sulla sua incapacità di organizzarsi.
“Ero giovane e insicura: non potevo fare o dire niente per fermare o mitigare mia madre. All’epoca aveva sessant’anni ed era come una scarica elettrica… una forza della natura, l’uragano Rosa si abbatteva sul nostro paese tre o quattro volte l’anno devastando me e Marco e il nostro appartamento”
Rosa è una donna molto determinata, dalle opinioni insindacabili. I suoi modi sono talmente diretti e privi di filtri da risultare imbarazzanti. È una presenza ingombrante ed invadente nella vita della figlia, bersaglio dei suoi giudizi negativi sul suo lavoro di scrittrice e sui suoi metodi educativi delle nipoti.
Questa narrazione è caratterizzata da un’interessante ricostruzione storica, che l’autrice ha compiuto con determinazione e difficoltà. Determinazione perché ha dovuto scavare in fatti storici ,rimasti volontariamente nell’oblio per anni; difficoltà in quanto le fonti erano poche e non sempre attendibili.
I seguaci di Tito vollero eliminare qualsiasi traccia della presenza degli italiani in Istria, vennero distrutti documenti e certificati, persino le loro lapidi nei cimiteri. Le uniche testimonianze erano quelle degli ex profughi che spesso desideravano dimenticare quella parte dolorosa ed umiliante della loro vita; inoltre, alcuni di essi erano troppo anziani e confusi per esser attendibili.
Il tema principale è quello della ricostruzione del passato, al fine di comprendere il presente e il rapporto madre-figlia, caratterizzato da scontri generazionali, culturali e cambiamenti.
Un racconto a tratti simile ad una confessione, resa in piena onestà e priva di retorica, specialmente nella fase d’inversione dei ruoli, dove la figlia evidenzia una situazione di burnout, ammettendo anche i propri sentimenti negativi.
“Avevo accettato che i nostri ruoli si fossero invertiti, che ora ero il genitore che doveva proteggere e prendersi cura della madre. Ma il mio clima emotivo non era esattamente sereno, stabile e maturo. Ero sottoposta alle grida dell’adolescenza e al torpore della vecchiaia e spesso ero sopraffatta da irritazione, noia, nausea, affetto, senso di colpa e pietà.”
Leggendo questo libro si ha l’impressione di trovarsi in una soffitta di una vecchia casa di famiglia. Di aprire una di quelle antiche scatole di latta, usate come portaoggetti, trovare vecchie foto sbiadite e cercare in esse dei volti conosciuti, immaginando la vita prima di noi. Sentire un vago profumo di lavanda, fiore che le nonne conservavano in sacchettini di iuta per profumare i cassetti. Percepire l’odore pungente della naftalina, ingenua difesa antitarme di tanti anni fa. Trovare una pagella scolastica e sorridere nel provare ad immaginare bambino, qualcuno che abbiamo sempre conosciuto, con i capelli bianchi.
Tutto questo genera curiosità; la curiosità provoca domande e le domande reclamano risposte. “Riscoprendo mia madre“ è stata una lettura interessante, che mi ha fatto conoscere fatti storici, mai veramente approfonditi. Il personaggio di Rosa mi ha suscitato indignazione all’inizio, tenerezza e sconcerto dopo la ricostruzione della sua vita di sopravvissuta all’esodo dall’Istria. Ho ammirato la tenacia di Caterina nel voler conoscere la storia della madre, riportando alla luce eventi dolorosi e dando voce alle tante persone che furono messe a tacere per sempre.
E voi, vi siete mai imbattute in vecchie cose sepolte in uno scatolone in soffitta, appartenute magari a qualche vostro antenato? Vi è mai venuta la curiosità di conoscerne il vissuto e fare qualche ricerca?