
Narrativa contemporanea
Gaspari Editore
1 luglio 2022
cartaceo
208

Maddalena ha sessantaquattro anni quando scopre che il figlio che credeva perduto quarantasei anni prima è vivo. Senza potersi rivelare, con uno stratagemma, riuscirà a farlo arrivare fino all’hotel Rex di Lignano Sabbiadoro, ospite dell’albergo dove lavora.
Una settimana a disposizione per conoscerlo, per capirlo e per scoprire che anche lui, come lei, si è perso nella vita, vittime entrambi del medesimo abbandono.
Lignano è una vivacissima cittadina, adagiata sulle sponde del Nord adriatico, rinomata per la sua sabbia dal colore dorato. D’estate, Lignano si riempie di turisti, per la maggior parte provenienti dalle zone di lingua tedesca, ma anche di tanti italiani che, nella cittadina friulana, tornano anno dopo anno per trascorre le loro vacanze. È, in realtà, una località dove si mescolano le atmosfere di tempi andati, con alberghi che ricordano gli anni del boom e quelli attuali, con le strutture moderne, le discoteche, i bar e i luoghi di divertimento. Nel romanzo di Renzo Brollo, “Prima che Lignano cancelli i nostri passi”, la cittadina friulana non è solo il luogo dell’ambientazione, ma assurge quasi a ruolo di protagonista. Riusciamo a sentire questa mescolanza, dove le vicende dei personaggi, nel pieno dell’attività estiva, rimarcano l’aspetto un po’ malinconico della cittadina di mare.
La storia inizia nell’albergo Rex, una struttura gestita da Antonio. Un uomo non più giovane, vedovo, che, da anni ha trovato nella coppia di anziani, Maddalena e Lazzaro, un aiuto efficace per mandare avanti l’attività dopo la morte dell’amata moglie. È proprio durante una cena, con tutti gli ospiti raccolti nella sala ristorante, che Lazzaro, impegnato a servire la cena con il suo fare allegro e mattacchione, ha un malore.
Maddalena, la sua compagna di una vita, si trova improvvisamente catapultata in un nuovo capitolo della sua esistenza. A legarla al marito, sposato da giovanissima, nel bene e nel male, è stata la perdita del figlio, nato morto. Una tragedia che l’ha segnata e che, con determinazione, tipica delle genti del Friuli, ha saputo tenere dentro di sé, continuando a vivere a Lignano in modo semplice e, per quanto possibile, sereno.
“I paguri hanno un corpo molle – le aveva detto estraendone uno dalla sabbia – sono vulnerabili e spaventati. Non sanno costruirsi una casa propria e devono aspettare che un gasteropode abbandoni la propria conchiglia per poter sopravvivere. Ci sono persone che non sanno stare al mondo, perché nessuno le ha preparate; e proprio come i paguri cercano un guscio che le protegga. Tua madre è il mio guscio, Se non ci fosse lei non saprei come vivere. Tu sei come me, Maddalena. Sei un piccolo paguro dall’addome molle. Spero che un giorno troverai il gasteropode con la casa giusta per te” – Prima che Lignano cancelli i nostri passi
Ma il malore fatale che sembra strappare la vita al marito porta anche uno strappo nella sua esistenza. Lazzaro (nomen omen) resuscita, nonostante l’incredulità dei medici. E sembra quasi che non gli sia possibile lasciare questo mondo, se prima non svela a Maddalena il segreto che le ha tenuto nascosto da più di quaranta anni e che riguarda il figlio che Maddalena crede morto. Venire a conoscenza di questa verità sarà per la donna uno stravolgimento dell’animo. Tutta la sua vita verrà messa in discussione; soprattutto il rapporto con l’uomo con cui ha condiviso la sua esistenza verrà completamente rivisto.
Antonio, il gestore dell’albergo, sarà colui invece che l’aiuterà, non solo materialmente, a mantenere i piedi per terra e a trovare il modo per cancellare il dolore che il segreto rivelato da Lazzaro ha generato; a trovare la spinta per diventare una donna che alla fine forse potrà iniziare a “spiccare il volo” e aprire il suo cuore al futuro.
Ad intrecciarsi al destino di Maddalena c’è quello di un altro personaggio, Alberto, un professore, quarantaseienne, che incontriamo all’uscita dal carcere di Bollate. Se, all’apparenza, tra i due filoni narrativi non sembra sussistere un nesso, in realtà, nella Lignano piena di turisti, il destino di Maddalena e Alberto sono destinati a sciogliere quei segreti che hanno avvelenato l’esistenza di entrambi.
Alberto è, infatti, un uomo tormentato, incapace di affrontare la vita. Un animo fragile che, dopo la morte dei genitori, non riesce a trovare una sua dimensione. Protetto e viziato, Alberto non sa affrontare la quotidianità. È come un bambino sperduto, ingenuo e inetto, ma, soprattutto, ammalato di una profonda solitudine. Proprio come, in fin dei conti, lo è Maddalena.
Alberto e Maddalena, proprio per la simmetria di dolori e incertezze che li affliggono, sono destinati a incontrarsi, a stabilire un legame che ha radici nel passato. Entrambi sono vittime di abbandono; entrambi sono alla ricerca di un “un uovo, un guscio, una casa”. Un luogo dove rifugiarsi o una persona a cui affidarsi. Entrambi sono costretti a fare i conti con il loro lato più nascosto, che per Alberto avrà la voce del compagno di cella. Uno zingaro, maniaco delle pulizie, che strofina tutto utilizzando l’aceto. Per Maddalena, sarà la presenza di un etereo bambino, o meglio un fantasma, che si presenta nei momenti in cui la donna si sente più fragile.
È proprio nelle immagini a cui fanno riferimento i loro pensieri, che i due personaggi di Maddalena e Alberto si identificano maggiormente. La loro ricerca di felicità e di sicurezza viene più volte trasmessa proprio con i riferimenti, nel racconto, a immagini come le conchiglie e il guscio. Oggetti che simboleggiano la intima necessità di trovare un luogo dove rifugiarsi e costruire la propria serenità.
Non meno importante per comprendere il messaggio del racconto, o per lo meno non meno importante per me quando mi sono avvicinata a questa piccola gemma narrativa, sono stati i riferimenti religiosi che – magari non sempre espliciti – arricchiscono la storia di un particolare significato e dove i nomi di Maddalena e Lazzaro sono forse i riferimenti più riconoscibili.
Molto spesso, il linguaggio usato nel racconto ha una particolare liricità, che riesce a ricreare quella malinconia e quel dolore su cui si fonda la storia narrata.
”Il suo orizzonte aveva le dimensioni di un granello di sabbia e tutti i suoi ricordi si potevano racchiudere in un pugno, così come le gioie. Dei suoi dolori, invece, era pieno il mare con le sue onde incalcolabili”.
E, forse, è proprio nella scrittura che la forza del narrato esplode in una storia particolarmente drammatica. Una storia che si sviluppa in un’atmosfera che ricorda quella che si respira nelle spiagge d’inverno.