romanzo
Sperling & Kupfer
18 maggio 2021
cartaceo, ebook
304
Parigi 1944.
Charlotte Foret è una giovane vedova che ha perso il marito in guerra e lavora in una libreria nella città occupata dai nazisti, lottando per tenere al sicuro la piccola Vivi, di soli diciotto mesi, mentre il mondo che la circonda viene dilaniato. Un giorno entra in negozio Julian Bauer, soldato e medico tedesco, e inizia a curiosare tra i libri.
Le visite di Julian diventano ben presto un'abitudine, prima fastidiosa poi rassicurante. Quando Vivi si ammala gravemente e Parigi diventa sempre più pericolosa, Charlotte, disperata accetta l'aiuto di questo improbabile salvatore e la sua esistenza cambia per sempre.
New York 1954. Charlotte è ora un'editor presso un'importante casa editrice di Manhattan. Non racconta nulla della sua vita precedente ai colleghi ma, mentre cerca di cancellare il passato, questo riaffiora con prepotenza. Per più di un decennio, infatti ha cercato di anestetizzare i dolorosi ricordi del suo rapporto con Julian e dell'inganno perpetrato in un momento disperato.
Tuttavia, ora, le incalzanti domande di Vivi sul padre e la religione ebraica, da un lato, e le misteriose lettere che cominciano ad arrivare da Bogotà, dall'altro, rischiano di far crollare il castello di omissioni e bugie costruito negli anni.
Charlotte non è una vittima, è una sopravvissuta. Ma la verità su quanto è successo non potrà mai condividerla con nessuno, inclusa sua figlia. Riuscirà a lasciarsi alle spalle e sopravvivere al prossimo capitolo della sua vita?
“Nessuno, se non uno stupido, avrebbe cercato di cancellare il passato. L’unica speranza era stare in guardia contro i suoi attacchi”.
Charlotte è una giovane donna di origini francesi che, nell’immediato dopoguerra, riesce a lasciare Parigi insieme alla figlioletta Vivi, trasferendosi a New York. Lì, inizia una nuova vita e intraprende la carriera di editor, aiutata da Horace, amico di vecchia data della sua famiglia, nonché fondatore di un’importante casa editrice. Charlotte è una donna profondamente inquieta, non tanto per i traumi vissuti in Francia durante l’occupazione nazista, ma per i troppi segreti che avrebbe voluto seppellire sotto le macerie dei bombardamenti e che, invece, l’hanno seguita e la tormentano quotidianamente. Vivi è cresciuta e vuole delle risposte sul proprio padre deceduto in guerra e sulle proprie origini. Risposte che Charlotte vorrebbe darle, senza svelare ciò che è successo in quegli anni.
Charlotte e Vivi sono le due protagoniste di questa storia. Charlotte è una giovane vedova, una madre attenta e premurosa. È una donna affascinante ed intelligente, che non passa certo inosservata perché porta con sé un alone di mistero, alimentato dalla sua discrezione e riservatezza sulle sue origini e sul suo passato di profuga post bellica.
“… usava un’espressione particolare per definire i suoi pazienti più fragili: persone dai bulloni allentati. Charlotte aveva i bulloni troppo stretti. In fin dei conti entrambe le condizioni sortivano lo stesso effetto : chi aveva i bulloni allentati tendeva a perdere i pezzi per strada, chi li aveva avvitati troppo stretti finiva per scoppiare. Charlotte apparteneva alla seconda categoria.”
Vivi è la figlia di Charlotte, un’adolescente molto intelligente e ricettiva, ma piena di lacune sulle sue origini, vuoti che la destabilizzano e la inducono a cercare spasmodicamente una propria identità. L’ermetismo della madre, ogni qual volta le chiede informazioni, la esaspera, portandola al conflitto e alla ribellione. Vivi non ricorda nulla del loro passato in Francia, della guerra e del proprio padre (che, peraltro, non ha mai conosciuto) perché era troppo piccola; può contare solo su ciò che le dice la madre e la madre non le dice praticamente nulla. Tutto ciò, anziché farla desistere, la induce ad indagare più tenacemente, mettendo Charlotte in crisi.
Questa narrazione è scorrevole e diretta. Lo stile ha un’impronta giornalistica, in quanto piuttosto asciutto ed essenziale, atto a stimolare diverse domande nel lettore, fornendone anche le risposte nel corso della stesura. I salti temporali non hanno lo scopo di raccontare due storie parallele che s’intersecano solo alla fine (cosa che spesso può creare confusione in alcuni lettori), ma rappresentano un complemento, una guida verso la corretta chiave di lettura.
Il tema è la sopravvivenza e l’originalità del testo sta nel focalizzarsi sul dopo, anziché sul mentre, ossia nel prendere atto del come e del perché si è sopravvissuti e farci i conti.
Una lettura molto interessante, con sviluppi inaspettati e colpi di scena. Alcuni personaggi, seppur marginali, sono veramente significativi e, poiché sono descritti attraverso gli occhi della protagonista, quindi camaleontici, sembrano mutare con l’evolversi della stessa.
La moglie dell’editore, ad esempio, da benefattrice dall’animo generoso si trasforma in una persona implacabile, come il più severo dei giudici, pronta a tirar fuori gli artigli per difendere il suo territorio. Il gestore dell’emporio, che inizialmente viene descritto quasi come una caricatura, un essere mellifluo ed insistente nel voler guidare Vivi verso la fede ebraica, si rivela, poi, una persona comprensiva, lungimirante, ma soprattutto dotata di una sensibilità e delicatezza tale da destare commozione.
L’unico neo di questa lettura nasce dalla mia incapacità di provare simpatia per la protagonista. Non posso definirla anaffettiva, poiché descritta come madre disposta a tutto pur di garantire alla figlia un futuro sereno. La mia antipatia deriva dal rapporto che lei ha con tutti gli altri personaggi, un rapporto di distaccato opportunismo, anche se giustificato, in parte, da determinate situazioni vissute. Charlotte si riabilita verso la fine della storia, riesce a scendere dal piedistallo da lei eretto; tuttavia questo non è servito a suscitare in me empatia.
“Parigi non dimentica” resta un romanzo, comunque, avvincente, dalle tinte chiaro-scure, dove luce e ombra si complementano; ed è grazie al loro contrasto che emerge l’immagine finale, risultando, spesso, più mobile e nitida rispetto ad una figura a colori. Tutto sta nella sensibilità e nel gusto personale di chi guarda.
E voi che significato date alla parola “sopravvissuto”? La storia ci insegna che per sopravvivere, a volte, si è costretti a prendere decisioni non sempre onorevoli. Pensate sia comunque giustificabile?