
narrativa contemporanea italiana
Armando Editore
giugno 2019
cartaceo
128

Una storia intima, schietta e reale, anche quando la realtà supera l’immaginazione. Una rivelazione estrema con qualche piccola iniezione di un dolore che scava, affonda i colpi e non vince mai, battuto da un avversario invincibile che si mostra puntuale sulla via della speranza. Collegamenti sottili, mitigazioni ironiche e frammenti di quotidianità dentro una narrazione senza cronologia ma con un continuum di emozioni omogeneo, che corre sul filo di un progresso spirituale che segna inesorabilmente il cuore di chi legge.
Il dolore è fatto così, è egocentrico, prepotente, invasore, è capace di far dimenticare tutto, di sgretolare quanto di significativo e straordinario è accaduto nella vita a far porre l’attenzione solo di lui.
Il dolore è una di quelle sensazioni che ci accompagna da neonati fino alla fine dei nostri giorni. Ed è così che il protagonista del libro decide di iniziare a raccontarsi: parlando di morte. Ma non di una morte qualsiasi, bensì la sua, futura. Immagina il suo funerale e le persone che andranno. Immagina come sarebbe essere morto e come la vita degli altri andrebbe avanti dopo. Certo, soffrirebbero all’inizio, ma poi andrebbero avanti. Il mondo non si ferma mai troppo tempo per un morto.
Eppure decide di provare questo gioco un po’ malsano per essere consapevole e prepararsi mentalmente a quel che verrà. Il protagonista è un uomo qualunque, spaventato dalla morte e annoiato dalla vita. Si sente perso, cerca di trovare un senso a ciò che lo circonda, un motivo per continuare a sorridere. E lo trova inizialmente nella religione: è un perfetto cristiano, in effetti. Ma ama soprattutto la sensazione che questa religione gli lascia, ossia l’essere apprezzato. Ricevere risposte alle proprie domande e aiuti in caso di problemi lo faceva sentire accolto e mai solo. E noi tutti sappiamo che non esiste cosa peggiore della solitudine quando si diventa pigri.
La pigrizia è un universo ristretto su bisogni minimi, mi basta un letto su cui spiacciccarmi e un soffitto su cui guardare un punto fisso.
La sua vita va così avanti, tra una preghiera e l’altra, tra un incontro e l’altro. Poi si conosce la persona con cui si desidera passare il resto della vita, ma non possono non esserci complicazioni che porteranno a rattristarsi, chiudersi in casa con se stessi e sentirsi inutili, soli, tristi, disperati. E per superare questa disperazione, ricercare quell’equilibrio perso e decide di provare qualcosa di nuovo, Passando magari da una droga all’altra: dalla marijuana alle messe, dalle messe alla marijuana. E poi un giorno svegliarsi e capire che non si può andare avanti così: giusto motivo per rimettersi in sesto, guarire e decidere di vivere la vita in modo sano, andare nel proprio locus amoenus e rivivere i bei ricordi, le belle emozioni e le belle sensazioni provate.
Ne manca una, una sola parola, il traguardo è alla mia portata. Ho voglia di fermarmi, di bloccare in questo istante il gemito sommesso che fa prudere la mia pancia e straripare i miei pensieri.
Ebbene sì, il nostro caro protagonista non ce l’ha fatta totalmente da solo, ma ha avuto l’aiuto di ben OTTO PAROLE (evidenziate in grassetto nei vari capitoli in modo da far soffermare il lettore per una riflessione): consapevolezza, preghiera, perdono, distacco, ascolto, fede, verità e l’ultima, forse la più importante: l’AMORE. Possiamo commettere qualsiasi errore, piangere e rimpiangere all’infinito, cambiare stile di vita e carattere, ma c’è una sola cosa che non ci abbandonerà mai, ed è proprio l’amore.
L’amore per un figlio, l’amore per la famiglia, l’amore per se stessi, l’amore per la propria donna o il proprio uomo, l’amore per il cibo, l’amore per il viaggio, l’amore per la vita. Non si sceglie mai chi o cosa amare, ma solo come amare. L’amore ci salva sempre.
Amare se stessi è l’inizio di una storia d’amore lunga tutta la vita.
(-OSCAR WILDE)
Lo stile di scrittura è molto fluido, anche se alcuni errori di battittura e distrazione ne rallentano la lettura. La storia è in grado di mettere ansia, di far riflettere e anche di rassicurare. Alcuni capitoli si lasciano divorare grazie allo stile di scrittura adottato; altri un po’ meno per la troppa concentrazione di informazioni.
Il lessico è molto forbito, e mi ha dato la possibilità di ampliare il mio vocabolario della lingua italiana. Una pecca che risalta è che alle volte il tutto appare un po’ dispersivo; invece ciò che più ho apprezzato è stato l’ultimo capitolo, il finale: perfettamente equilibrato e coerente. Un buon lavoro!
Marco la Piana, catanese, laureato in comunicazione e specializzazione nel settore delle risorse umane. Attualmente lavora come orientatore di carriera professionale e sostiene i giovani e meno giovani nel’ingresso e nel reinserimento del mondo lavorativo. Nel tempo libero ascolta Guccini, suona il suo basso elettrico e gioca a calcio con suo figlio nel salotto di casa. Vive lontano dalla sua terra ma quando può, torna alle pendici dell’Etna, si siede sotto un albero e guarda il mare da lontano.

Le parole sono il suo pane quotidiano: fra libri, serie tv, film e il suo scrivere racconti passa le giornate. È amante delle piccole cose, dei gatti, e ammira chi dal niente riesce a trarre di tutto. Il suo ispiratore maggiore è Albert Einstein, infatti condividono la stessa filosofia di vita: ‘La logica vi porterà da A a B. L’immaginazione vi porterà dappertutto’, ‘Ognuno è un genio. Ma se si giudica un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi lui passerà tutta la sua vita a credersi stupido’, ‘La creatività è contagiosa. Trasmettila!’