
Giallo
Piemme
5 luglio 2022
cartaceo, ebook
296

Il commissario Alvise Terranova ha tre passioni: il buon vino, Tom Waits e la poesia. È a Carloforte da poche settimane ma non è un forestiero, fino all'età di quattordici anni ha vissuto nell'isola.
Alle soglie della celebrazione della Madonna dello Schiavo, una delle principali festività del paese, un servizio dell'emittente locale Tele Radio Maristella mostra i danni causati dal maltempo e una scritta apparsa sul muro della chiesa: la fede è in pericolo. La mattina successiva, viene ritrovato il corpo senza vita di padre Moresco, storico sacerdote di Carloforte. Il medico intervenuto dichiara che la morte è sopraggiunta accidentalmente, a causa di una caduta dalle scale, ma Alvise non è convinto.
C'è un gruppo di fedeli scontenti che aveva avviato una petizione per richiedere il trasferimento di padre Moresco; l'accesa discussione che il prete ha avuto in chiesa con una donna, a tarda notte, poco prima di morire. E poi c'è una chiave che, però, non apre nessuna porta della canonica. Quando il commissario riceve una lettera anonima, tutti i sospetti si spostano in una direzione. Ma lui non è mai stato il tipo che si innamora della versione più facile e continua l'indagine contro il parere di tutti. Tra trame politiche, clientelismi locali, intrighi di diversa natura, tentati sabotaggi e depistaggi, Alvise riuscirà a scoprire il segreto così a lungo tenuto nascosto, che è costato la vita di padre Moresco.
Antonio Boggio, al suo esordio nel romanzo, con lingua fluida, colorata qui e là di espressioni dialettali, costruisce una trama complessa che si snoda rapida tra personaggi originali e un'ambientazione ricca di fascino.
Antonio Boggio, col suo “Omicidio a Carloforte”, sta conquistando tutta la Sardegna, e non solo. Devo ringraziare la casa editrice Piemme per avermi portato a conoscere questo bravissimo autore esordiente; la sua penna, fresca e originale, è riuscita a catturare la mia attenzione fin dalle prime pagine.
“Era un eroe o un pazzo? Chi era padre Moresco? Un uomo che rischia la vita per salvare un campetto sterrato dalle grinfie della speculazione edilizia? Un uomo che per aiutare alcuni anziani, come le formichine, mette da parte giorno dopo giorno un po’ di denaro? Un uomo che gioca con i gratta e vinci e beve troppo? Un tipo viscido che molesta una donna e poi cerca un rimedio per farla abortire? Tutte le informazioni che aveva recuperato gli avevano messo in moto un meccanismo mentale che si stava traducendo in smania di agire”.
Non amo particolarmente i gialli: non riescono mai a coinvolgermi più di tanto perché il loro ritmo, a tratti frenetico, spesso più che incuriosirmi mi infastidisce. Certo non si può fare di tutta un’erba un fascio; con i libri di Agatha Christie, per esempio, ci sono cresciuta, e mai una sola pagina con Miss Marple o Poirot come protagonisti posso affermare che mi abbia annoiata. Sono i gialli moderni, quelli nei quali il thriller entra ad ogni piè, sospinto col suo soffocante e serrato susseguirsi di eventi che non gradisco. È come se quel genere puro che aveva come base il ragionamento, la logica, avesse cominciato a riempirsi troppo, mettendo più in evidenza l’azione che il pensiero.
Ehh, non urlatemi contro ora, è solo una mia opinione. So benissimo che molti di voi, anche tante delle mie colleghe de La Bottega dei Libri che stravedono per questo genere, ora avrebbero tanto da dire. Beh, io aspetto i commenti.
C’è invece qualcuno che la pensa come me?
Tutta questa parentesi, che spero non abbia annoiato eccessivamente, era solo per dire che quando la casa editrice mi ha proposto “Omicidio a Carloforte” ho avuto un attimo di tentennamento. Se magari avessi letto da subito solamente le sue prime righe, ogni mio dubbio si sarebbe sciolto come neve al sole, perché quella descrizione particolareggiata e partecipata della bella isola di San Pietro mi ha fatto capire che qui avevamo a che fare con qualcosa di diverso dal solito cadavere al quale dare giustizia.
“Il sonno si posò a stento sugli abitanti di Carloforte, sospeso tra i carruggi e gli intonaci di calce, pronto per essere strappato dalla più esile bava di vento. Pioveva da giorni, ma quella notte l’acqua scese a secchiate. L’isola fu inghiottita dalla foschia e dal mare in burrasca. Lo spirito e la materia si fusero nella stessa sostanza, e lo scorrere delle ore fu scandito dalla nenia prodotta dal beccheggio degli scafi giù al porto”
Per questo, il romanzo che Antonio Boggio ha pensato e scritto non lo definirei solamente un giallo. Certo, ci sono tutti gli elementi che lo classificano come tale: c’è la vittima, i presunti colpevoli, il mistero che ruota intorno ai fatti, l’investigatore, i depistaggi, ecc; però, oltre a tutto ciò, in questo libro c’è molto di più. C’è un uomo che pensa, ma anche che soffre, che si emoziona, che ha le sue abitudini, i suoi ricordi e le sue paure.
“Talvolta aveva pensato che il dolore fosse un dono. Lo aveva visto su se stesso: le migliori poesie le aveva scritte quando aveva sofferto. Quando era felice, era capace soltanto di essere felice, niente di più”
Ho amato il commissario Alvise, protagonista del racconto, dal primo capitolo. La sua ironia velata, la sua rabbia trattenuta a stento, i suoi sentimenti che subentrano nel racconto dandogli spessore e riempiendolo di colori, hanno fatto sì che tutto sembrasse reale e non una finzione.
Utilizzando il mio lessico peculiare, che provocherebbe un’indigestione all’Accademia della Crusca, ho ribattezzato “Omicidio a Carloforte” un giallo emozionale. Questo perché qui è il sentire di un uomo e di un’intera comunità a divenire importante, portandoci a comprendere come dietro al non accadere nulla di un paese, in realtà, ci sia tanto che ribolle.
“Lasciamoli morire in pace questi poveri cristiani! Lo sa che cosa è stata la cosa più grave che è successa a Carloforte negli ultimi cinquant’anni?… Un cane ha aggredito un vigile urbano… Non so come, è riuscito a sfuggire togliendosi la divisa. Gli operai hanno visto un uomo nudo correre… e si sono spaventati. Pensavano fosse un pazzo, un malintenzionato. Così l’hanno braccato e gli hanno dato un po’ di botte primaa di capire che era proprio il vigile urbano. Punto. Questo è l’episodio più grave” – Omicidio a Carloforte
Prima di proseguire oltre, vediamo a sommi capi di cosa parla questo romanzo. Ci troviamo a Carloforte (scommetto che non lo avreste mai detto!), per chi non lo sapesse, unico centro abitato della piccola isola di San Pietro, situata nella parte meridionale della Sardegna.
Il commissario Alvise e la sua squadra devono indagare sulla morte del prete del paese, padre Moresco. Dalle alte sfere, il decesso del sacerdote viene liquidato come un’accidentale caduta dalle scale; questo non convince il nostro commissario, che non riesce ad accettare come, proprio chi quelle scale le conosceva come le sue tasche, abbia potuto farsi imbrogliare dai loro gradini. Fiutando il delitto nell’aria, il nostro protagonista continua a indagare sul caso. Lo fa all’insaputa del questore, che lo aveva archiviato dopo il responso del medico legale. Questo, però, porterà il caro commissario, che da Carloforte è stato sradicato nell’adolescenza, a rivivere i ricordi di un tempo ormai andato, che ancora creeranno un grande scombussolamento nel suo cuore. Riuscirà ad arrivare a capo della faccenda?
“Fino a quella mattina, Alvise pensava che il passato fosse scomparso; da quando era tornato nell’isola, aveva avuto la sensazione che la sua mente fosse una tabula rasa, la mente di un bambino che viene alla vita. Invece il passato stava tornando” – Omicidio a Carloforte
Leggendo il racconto, vi addentrerete oltre le apparenze che la vita tranquilla del borgo mette in scena giornalmente. Vedrete come gli occhi spesso ingannano; come le maschere possono a volte aderire perfettamente ai volti, tanto da non comprendere più se l’anima della persona sia quella celata o quella esibita. Vedrete come le etichette possono distruggere non solo le opinioni che gli altri hanno su di te, ma la stessa concezione che tu hai su te stesso, creandoti insicurezza, vergogna, rabbia e paura.
E scoprirete, grazie al sentire del commissario-poeta, il cuore di una parte della mia isola riempirsi del profumo della salsedine e della voce del vento. Quella che chiunque ascolti una sola volta, non potrà far altro che ricercare per sempre.
Benvenuto ad Antonio Boggio e al suo azzeccato commissario.
Sahira

Sono emozione e di essa mi nutro
trovando scialbo ciò che non colora,
Sono emozione che con la penna divora
il bianco candido di un libro vissuto…