Romanzo
Salani Editore
3 giugno 2021
cartaceo, ebook
320
È abituato all’inferno, Morgan Jones. È stato la prima cosa che ha visto alla nascita, mentre sua madre moriva a bordo di una nave in viaggio verso l’Argentina, e da allora non ha mai smesso di abitarlo; così come non ha smesso di amare la pampa, la terra rossa senza fine, il regno del vuoto, dove un uomo è libero di cavalcare di fianco ai propri demoni.
Anche Maria Leibowitz conosce bene l’inferno. Lasciando la Polonia e la famiglia d’origine credeva di esserselo messo alle spalle, insieme alla miseria e alla ferocia degli uomini, ma a Buenos Aires ha trovato una prigione persino peggiore, diventando una schiava.
Non è amore quello che sboccia quando i loro sguardi s’incrociano per la prima volta nel bordello in cui lei lavora. E’ l’incontro tra due animali feriti, due cani rabbiosi che si riconoscono. E così, quando a Morgan viene offerto un incarico che gli permetterà di tornare in Europa e dimenticare il passato, decide di portare Maria con sé: lontani da tutto, in cerca di una nuova vita. Ma per riuscirci c’è da prendere il mare su un veliero ‘fantasma’, recuperare un carico d’oro maledetto e spingersi in fondo alla Terra del Fuoco, dove il vento ti artiglia l’anima e non la lascia più.
Con una scrittura che all’incanto visionario di Hugo Pratt unisce la spietatezza selvaggia di Cormac McCarthy, Steiner aggiunge un importante contributo alla grande tradizione del romanzo d’avventura, conducendoci in un territorio dove anche il silenzio ha una storia da raccontare.
“… sono qui, e cerco il vuoto. Ho fatto e visto troppe cose che gridano ancora, devo disperdermi nell’aria per scrollarmi di dosso l’orrore…Ho ascoltato il canto delle foglie, il racconto degli uccelli, sono sceso in fondo al buio di chi abita il silenzio…Io non sono più me stesso, sono schegge del passato, sono un flusso di visioni…Guardo in alto e sento l’alito del vento. Ma dov’è che nasce il vento?…Non lo so. Io l’ho visto dentro gli occhi di una donna”
Ho chiuso “Nella musica del vento“, ho chiuso gli occhi e ho lasciato che i miei pensieri cavalcassero le emozioni che queste pagine mi hanno suscitato. È raro che un romanzo riesca ad entrarmi così tanto dentro. Ho proprio avuto bisogno, dopo averlo letto, di quei cinque minuti di silenzio che mi permettessero di tornare con i piedi per terra.
Che piaccia o no che la trama e gli argomenti trattati siano o meno in armonia con il proprio sentire, non importa. C’è un qualcosa di selvaggio in queste pagine, di ancestrale, che ti tiene legato ad esse anche se non ti ritrovi nel modo di vivere dei protagonisti.
“Nella musica del vento” mi ha talmente scossa che, per una volta tanto, sto scrivendo la recensione senza lasciar sedimentare le mie impressioni. Qui non c’è bisogno di riflettere. Come in ogni pagina del testo l’irruenza del pensiero e delle azioni non si lascia piegare dal tempo, ma esplode guidata dall’urgenza del viverle, lasciando loro la libertà di essere, così ora la mia penna graffia questo foglio, avida di riversarvi tutta l’energia assopita risvegliata da questo racconto.
Avete mai sentito parlare di Marco Steiner? Io si, ma molto superficialmente.
Non mi ero mai soffermata sui suoi lavori. Ho sempre legato il suo nome a quello di Corto Maltese, al grande Hugo Pratt, ma, non avendo mai letto niente che venisse fuori dalla sua penna, non immaginavo quanto potesse essere profonda la sua scrittura.
Voi avete già letto qualche suo libro? Che opinione vi siete fatti dei suoi romanzi?
In questo di superficiale non c’è nulla, anche se, dalla trama, parrebbe il contrario. Vi chiederete cosa ci possa essere di così eclatante in un viaggio compiuto da un bandito e una prostituta in cerca di un mondo nuovo dove vivere una nuova vita. Le loro storie si intrecceranno con quelle di indigeni, navi fantasma, isole misteriose, fuorilegge avidi e senza peli sulla lingua.
Quelli di voi che hanno adorato i libri di Stevenson potrebbero pensare di trovarsi di fronte a un libro stile “L’isola del tesoro”. Ma è così solo in parte; qui tutte le vicende, per quanto rocambolesche possano essere, fungono solo da sfondo per narrare la vera storia: quella di due anime allo sbando che condividono il cammino per ritrovare se stesse e il proprio concetto di libertà. Questo fa sì che “Nella musica del vento” possa essere definito un “peculiare romanzo di formazione” il cui finale inaspettato non vi toglierò l’ebbrezza di scoprire.
Prima ho parlato di profondità della scrittura di Steiner. Lasciate che vi spieghi cosa intendo.
L’autore fa sì che i suoi personaggi siano sempre presenti al momento. Non crea per loro ideali di vita, non fa loro compiere azioni che lascino il segno, che siano di esempio per le generazioni future, no! Li fa scendere all’inferno con corpo e anima, fa toccare loro il fondo in modo che da esso vengano imbrigliati.
Non li giudica, non li condanna, li lascia liberi di ritrovarsi nel nulla e di ritrovare in quel nulla il loro universo.
E loro son ben coscienti del loro modo di essere, non chiedono sconti né pene, solo la possibilità di capirsi.
Colpiscono le parole con cui Morgan Jones si presenta. In esse subito si avverte la rabbia del protagonista e la sua disperazione, ma anche il bisogno intrinseco di confessarsi. Il suo è un avvertimento per il lettore: sembra che voglia subito mettere in chiaro cosa attende chi decide di avventurarsi nella storia, ma anche precisare che questa, la sua storia, non cambierà per compiacere nessuno.
“Questa non è una storia lineare, non si snoda come una placida strada in mezzo alla pianura, non ci sono filari d’alberi per ripararsi, campi di grano dove dormire, mele da mordere, fonti per dissetarsi lungo il cammino, questa è la strada contorta di un bastardo, un assassino braccato dai fucili e dai rimorsi” – Nella musica del vento
Sia lui che Maria sono dei sopravvissuti. La loro vita, specialmente quella di Morgan, è un continuo lottare sin dal principio. Nato in una nave che lo portava nella Patagonia argentina, orfano fin dal primo istante e adottato da un prete pervertito, scappa da quella che, suo malgrado, doveva definire casa, per cercare la sua strada.
Crescerà senza legami, senza regole se non quelle che la natura e l’istinto di conservazione gli impongono.
“Se ripenso a quel periodo ricordo solo il vento, la mia unica compagnia. Il silenzio faceva paura perché sembrava dovesse succedere qualcosa da un momento all’altro, il vento invece urlava e si portava via tutto, pioggia, polvere, pensieri e l’inutilità del tempo. Il vento mi spingeva alle spalle o mi rallentava soffiandomi in faccia la polvere, in ogni caso mi muoveva e io ne avevo bisogno per andare senza farmi troppe domande” – Nella musica del vento
Non ha scrupoli, uccide per nutrirsi, uccide per difendersi, o per lavoro. Ma lo fa anche per vendetta senza provare il minimo senso di colpa. Incontrerà Maria in un bordello di Bariloche. Sta lì a guardarla, fermo, ipnotizzato dal suo corpo, ma soprattutto dal suo sguardo pieno di rabbia. Maria non è abituata a un comportamento come il suo. Non lo capisce, inizialmente la mette a disagio.
I loro incontri però proseguono, avendo il silenzio come spettatore. Nessuno dei due vuole interrompere lo scorrere dei pensieri dell’altro, fanno sì che i loro vuoti non si intersechino mai. Giorno dopo giorno si avvicinano sempre più, si cercano, fanno l’amore senza tuttavia amarsi davvero. Eppure nel momento in cui la vita di Morgan prende una direzione nuova, lui non ci pensa due volte. Porta via Maria con sé, forse per darle una vera occasione di riprendersi in mano il proprio destino.
È bellissima la complicità che si crea tra i due. Anime in pena che si riconoscono al primo sguardo. Solitudini che si avvicinano, troppo grandi da entrambe le parti per poter dire che si compensano. Si comprendono e si fanno compagnia senza tuttavia legarsi.
Loro sono le voci narranti della storia. Quella di Morgan viene messa un po’ più in evidenza, ma questo non toglie visibilità a quella di Maria, che riesce con i suoi pensieri a farci entrare nella sua rabbia e nelle sue paure.
A fare loro da sfondo sono i paesaggi della Patagonia argentina, altopiani e steppe che sembrano avere una vita propria, proprio come il mare che devono solcare per riuscire a raggiungere l’Europa. È lodabile l’abilità di Steiner di descrivere i luoghi, la sua grande passione per i viaggi si nota in ogni passaggio del testo. È altrettanto abile nel caratterizzare i personaggi, principali e secondari, nell’attribuire ad ognuno di loro una storia senza tuttavia appesantire il libro.
Beh, io mi fermo qui, non perché non abbia altro da dire, ma perché vorrei che vi rimanessero parole per esprimere le vostre impressioni dopo la lettura. Cosa penso io di questo romanzo tanto ormai lo avrete capito.
Piuttosto, dopo questa lunga elucubrazione, mi prenderò un altro po’ di tempo per richiudere gli occhi, solo un secondo, per risentire quel vento che, soffiando tra alberi e melodie, è riuscito a parlare anche alla mia anima.
Sahira
Sono emozione e di essa mi nutro
trovando scialbo ciò che non colora,
Sono emozione che con la penna divora
il bianco candido di un libro vissuto…