
Le indagini di Wyndham e Banerjee
giallo
SEM
2 settembre 2021
cartaceo, ebook
384

1905. Londra. Sam Wyndham, giovane poliziotto dell'East End, incontra una vecchia fiamma, Bessie Drummond. Il giorno successivo, la donna viene trovata morta nella sua stessa stanza, chiusa dall'interno. I sospetti si concentrano su un uomo ebreo, ma le cose non sono come sembrano. Pregiudizio e razzismo investono la società inglese; Wyndham si mette sulle tracce dell'assassino e il caso gli costerà più di quanto avesse immaginato...
1922. India. Il paese è in subbuglio a causa dello sciopero generale indetto da Gandhi. Il Raj britannico è sotto attacco e il sentimento anticoloniale è in crescita. Sam Wyndham, ormai capitano del corpo di polizia a Calcutta, si sta dirigendo verso le colline dell'Assam, dove spera di sconfiggere la sua dipendenza dall'oppio; i dolori sofferti durante la Prima guerra mondiale e la morte della moglie lo perseguitano. Nel corso del viaggio Sam vede un uomo che pensava fosse morto da tempo, un assassino che Sam aveva inseguito a Londra, all'inizio della sua carriera. Che legame c'è tra questo incontro e l'efferato omicidio del 1905? I flashback della vita a Londra si intrecciano con il presente, illuminando il passato di Sam e mettendo a dura prova le sue capacità investigative. Per scoprire la verità, dovrà confidare nell'aiuto del fidato sergente indiano "Surrender-not" Banerjee.
“Si dice che la mente umana si sforzi sempre di trovare un senso nel caos. Era molto più facile attribuire la responsabilità della situazione al fato o agli dei, piuttosto che affrontare la verità”
da “Morte a Oriente” di Abir Mukherjee
Sam Wyndham è un poliziotto di origine inglese, a capo del commissariato di Calcutta. Per guarire dalla sua dipendenza dall’oppio, decide di trasferirsi in un monastero ad Assam. Si tratta di un luogo di cura e di preghiera. Durante il viaggio, gli pare di intravvedere tra la folla, un volto noto. Un uomo che nel passato aveva tentato di ucciderlo, qualcuno che credeva morto. La sua, è forse un’allucinazione? In fondo si trova in una condizione di fragilità. E se invece fosse realtà? Giorni dopo, quando un ospite del monastero viene ritrovato morto nella foresta, i suoi sospetti si fanno sempre più pressanti.
Sam era entrato in polizia pieno di entusiasmo. Era giovane, forse un po’ ingenuo, ma zelante e desideroso di fare carriera. La sua ambizione lo aveva portato lontano da Bessie, donna con la quale intratteneva una relazione. Bessie era attraente, arguta e scaltra. Aveva il grosso difetto di appartenere ad una bassa estrazione sociale. Per questo motivo era sgradita all’abbiente e potente zio di Sam, colui che avrebbe potuto ostacolarne la carriera in polizia. Bessie veniva brutalmente assassinata e la risoluzione del caso aveva portato grandi cambiamenti in Sem. Il trascorrere del tempo, la guerra e il lutto, avevano fatto di Sem un uomo ferito nell’anima. Aveva perso l’entusiasmo e la spontaneità che lo caratterizzava quando era un giovanissimo sergente. Era caduto nella trappola dell’oppio che lo aveva reso ulteriormente vulnerabile.
“La morte era indiscriminata e casuale come una lotteria. E quando usciva il tuo numero, non avevi altra scelta che presentarti allo sportello pronta ad affrontare ciò che sarebbe venuto dopo, sempre se c’era un dopo” – Morte ad Oriente
Il più fidato collaboratore di Sam, a Calcutta, è Surendranath Banerjee. Denominato dai colleghi inglesi “Surrender-not“, è un giovane sergente indiano. Stanco dell’ironia dei poliziotti britannici, dei soprusi e pregiudizi sui nativi del luogo, decide di smettere di provare ad adeguarsi a loro ed essere se stesso. Indossa con fierezza i propri costumi riappropriandosi della sua identità, ostentandola con orgoglio. Inizia a trattare gli indiziati inglesi con una formale rigidità, diventando pungente e indelicato durante gli interrogatori.
“Ci sentivamo oltraggiati dal fatto che un uomo dalla pelle di un colore diverso avesse l’audacia di mangiare nella stessa sala con noi, dimenticando che quello era il suo paese, e gli stranieri eravamo noi” – Morte a oriente
La storia è raccontata in prima persona attraverso la voce di Sem, personaggio principale. Il linguaggio narrativo è semplice e, pur essendo anche descrittivo, piuttosto scorrevole. Entrambi i contesti nei quali si svolgono gli eventi sono perfettamente costruiti, nel rispetto del periodo storico d’interesse, 1905 e 1922. La Londra dei quartieri poveri e malfamati; l’India coloniale, dove i nativi del posto e gli inglesi vivono una convivenza fatta di distanze, distinzioni e diffidenza. Poiché la narrazione alterna, attraverso salti temporali, le due differenti realtà e periodi, non è mai statica. Il ritmo è incalzante. Il lettore intuisce il legame tra il “prima” e il “dopo”; c’è attesa e trepidazione nel trovare l’intersezione delle vicende. Con essa, viene fornito l’input per la risoluzione del mistero.
“Si dice che anche l’arazzo più intricato si possa disfare a partire da un solo capo sciolto” – Morte a oriente
I temi trattati sono importanti: La diversità vista con pregiudizio e timore, la difficile condizione femminile nei primi del novecento. Le figure femminili sono significative e predominanti su quelle maschili, per forza e arguzia. Le donne che sono come giunchi, si piegano ma non si spezzano.
Una piacevole lettura. Una via di mezzo tra il genere giallo classico ed il poliziesco. L’autore ha saputo fornire un quadro perfetto di un’India affascinante ed inquietante nello stesso tempo. Molto abile nell’orchestrare un intreccio ben riuscito dalla svolta finale imprevedibile.
La cosa che mi ha più colpita è stata l’assenza assoluta di “machismo”. Le donne non sono solo angeli del focolare pieni di fascino e fragilità; sono descritte come creature pensanti. Non possono esser materialmente autonome, ma sopperiscono a questa mancanza attraverso l’indipendenza del loro pensiero. Pensieri profondi pieni di arguzia e, perché no, scaltrezza.
Il tema del pregiudizio e della diversità, in una società che si ritiene evoluta e superiore, fa riflettere. L’autore risponde ai preconcetti offrendoci un racconto privo di cliché. Il protagonista non rappresenta l’invincibile rappresentate della legge; è semplicemente un uomo con le sue ferite e una grande debolezza che cerca di superare con tutto il suo impegno.
Nella vita quotidiana accade, a volte anche inconsapevolmente, di avere qualche piccolo pregiudizio (anche per cose prive d’importanza e senza conseguenze, per esempio verso chi non ha le nostre stesse abitudini). Vi è mai accaduto, in questo caso, di essere smentiti?