biografia
La Memoria del Mondo
20 novembre 2019
Cartaceo
234
Stefania è un’infermiera e fino a dicembre 2018 era una donna felice, con una vita serena e una bella famiglia. Nell’inverno di quell’anno qualcosa di terribile bussa alla porta della loro casa e lei e tutto il suo nucleo famigliare, inconsapevolmente, aprono venendo travolti da un’onda anomala che rischia di farli annegare.
Questo tsunami si chiama SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica) e decide di impossessarsi del corpo di sua mamma, Lella. Stefania ha deciso di scrivere questo libro come terapia, dando voce a un dolore troppo grande a cui non riusciva a dare forma e che non riguarda solo chi soffre di questa gravissima patologia ma anche i suoi famigliari più stretti: figli, marito, nipoti e fratelli.
Parla della paura di morire, di come sia necessario adattarsi alla malattia e non combatterla e di come una malattia sia un lutto che deve quindi essere elaborato. Dell’isolamento che crea la malattia a livello sociale. È il racconto di come tutto sia cominciato, della diagnosi, di una sanità pubblica a volte troppo disattenta e superficiale, della reazione degli amici, delle “splendide” cure palliative, del ricovero di sollievo e di un futuro incerto e che fa paura. E’ la storia di vite travolte e stravolte da una malattia “inguaribile” ma “curabile” con l’affetto, l’amore e tanta pazienza.
Ma vuole anche essere un viaggio fotografico della malattia e del cambiamento tanto che i momenti più importanti sono stati immortalati dall’autrice attraverso il suo cellulare.
La sua speranza è che chiunque lo legga non solo trovi “un manuale di sopravvivenza” e dei consigli pratici ma anche un modo per sentirsi meno solo.
Odiavo aver provato gioia, allegria, spensieratezza in un tempo neanche troppo lontano. Odiavo aver perso la felicità: la rivolevo al più presto!
Questa volta ho voluto provare a leggere un libro al di fuori dei miei soliti canoni di lettura.
Il volume è intitolato ‘Mi manca la tua voce. Da figlia a caregiver, contro la SLA’, è edito da La Memoria del Mondo e ha la prefazione di Mina Welby, co-Presidente dell’associazione Luca Coscioni. È in un certo senso un libro “difficile”, non è il solito romanzo, è un libro importante!
Stefania è un’infermiera, la sua vita, insieme a quella dei suoi familiari, cambia improvvisamente e totalmente nel dicembre 2018. Alla madre, Graziella, viene diagnosticata la SLA.
La Sclerosi Laterale Amiotrofica (meglio nota con l’acronimo SLA), conosciuta anche come malattia di Lou Gehrig, è una malattia neurodegenerativa progressiva dell’età adulta, determinata dalla perdita dei motoneuroni spinali, bulbari e corticali, che conduce alla paralisi dei muscoli volontari fino a coinvolgere anche quelli respiratori.
Il libro di Stefania è “Il racconto della fatica, della paura, della disperazione di non poter fare nulla per arrestare la malattia”, scrive l’autrice. Inoltre ci spiega che “Mi manca la tua voce” è stato scritto “Con il punto di vista di un’infermiera che è però anche, e soprattutto, una figlia. Uno degli obiettivi che mi sono data durante la stesura è di far riflettere il lettore sulle leggi in tema di sanità, su quello che potrebbe capitare a chiunque, e qual è stato il nostro modo per affrontare una malattia neurodegenerativa così crudele”.
Se quell’informazione per noi non cambia nulla, per chi attende con ansia può essere tutto: nel bene o nel male. Forse non c’è ne rendiamo conto o forse proviamo una sorta di delirio di onnipotenza, fatto sta che certe notizie cambiano così tanto la vita che chi te le dà e come, rimane per sempre scolpito nella mente.
Il racconto, che ovviamente è autobiografico, ci coinvolge nella quotidiana lotta contro questa infame malattia che ogni anno miete nuove vittime; si stima che in Italia ci siano circa 6.000 malati di SLA.
Non mancheranno dolore e sofferenza durante la lettura e nonostante non conosca l’autrice e non abbia avuto (per mia fortuna) alcun contatto con questa “bestia” che è la SLA (non si possono usare altre parole per definirla) mi sono sentita molto vicino a lei e alla sua famiglia.
Come ho già scritto, non è una lettura che possa svagare la mente, anzi, è una lettura che fa riflettere molto e che in un certo senso ti lascia qualcosa dentro. Voglio concludere questa mia recensione senza dare pareri sulla scrittura o sulla trama, sarebbe impossibile farlo, con le parole di Stefania:
“Prima della patologia c’è la persona. E prima della guarigione c’è la cura. Alcune malattie non si possono guarire, la SLA è una di questa, ma in ogni caso la persona può e deve essere curata. Sempre!”
Stefania Marta Piscopo è un’infermiera di “seconda generazione”. Dopo essersi laureata in Lingue e Letterature Straniere e aver lavorato nove anni nel marketing di una multinazionale ha abbandonato quella strada per seguire una passione: la medicina e l’infermieristica. Per dieci anni è stata infermiera di Terapia Intensiva e Automedica 118 e ha conseguito anche la Laurea Magistrale in Scienze Infermieristiche e Ostetriche. Vive a Magenta (MI), con suo marito Graziano e due splendidi Bassethound, Margot e Gastone. È al suo esordio come scrittrice.
I molteplici impegni famigliari (ho due figli stupendi oltre ad un marito e a un cane) mi hanno sottratto per un lungo periodo ad una delle mie più grandi passioni: la lettura (oltre alla pallacanestro -amore questo condiviso con mio marito, allenatore, e mio figlio, arbitro, che ci ha portato a creare una nostra società dove ricopro il ruolo di presidente). Ora complice un infortunio che mi costringe a diradare i miei impegni fuori casa (non posso guidare) sono “finalmente” riuscita a riprendere un libro in mano! Il fato, insieme ad un post di Kiky (co-fondatrice de “La bottega dei libri” che conosco da oltre 20 anni) pubblicato su Facebook han fatto sì che nascesse la mia collaborazione con “La bottega”, collaborazione che quotidianamente mi riempie di soddisfazione.