narrativa
TEA Libri
16 novembre 2017
cartaceo
571
Giappone, 1929. Chiyo, una bellissima bambina dagli occhi chiari, figlia di pescatori poveri, viene comprata per lavorare in un'okia (una casa di appuntamenti per geishe dove esercitano la loro millenaria professione). Qui schiacciata dalla gelosia delle rivali, è sottoposta ad un crudele apprendistato. La riscossa non tarda ad arrivare quando Chiyo, ormai cresciuta, impara le perfetti arti della seduzione e delle buone maniere. Richiesta dagli uomini più potenti dell'epoca, si troverà alla ricerca dell'amore della sua vita, proprio quando il suo mondo sarà destinato a crollare sotto gli inesorabili colpi della storia.
Un albero può sembrare splendido come sempre, ma allorché ti accorgi che è infestato da insetti e che le estremità dei rami sono imbrunite dalla malattia, anche il tronco finisce per perdere una parte della sua magnificenza.
Considero “Memorie di una geisha” uno dei miei pochi libri preferiti; tra quelli che non mi stancherò mai di leggere, tra quelli che me innamoro sempre di più al solo stare al contatto. Mi ha trasportata in un altro mondo, in un’altra era, con un linguaggio e un pensiero totalmente diversi dal nostro. Ci sono molte metafore e parallelismi collegati alla natura. D’altronde è pur sempre del Giappone che stiamo parlando, no? Con i suoi alberi di ciliegio, le grandi strade e le sue geishe.
Almeno un tempo, quello della guerra, era così. Nonostante la devastazione locale, le geishe erano intoccabili. Erano la fonte di luce, salvezza e speranza di tutti gli uomini e non. Vedere per le strade quelle bellissime donne camminare, rasserenava gli animi delle mamme e rallegrava i bambini. In fondo si sa, si cerca sempre la normalità in situazioni disastrose. Ci si aggrappa alle piccole cose, e ci si sovrasta dalle speranze.
Le speranze sono come gli ornamenti per i capelli. Le ragazze vogliono mettersene troppi, ma, quando diventano vecchie, anche uno solo le fa sembrare ridicole.
Ho sempre amato conoscere il carattere dei personaggi, fino in fondo, quasi a sentirti loro amico: conoscere pregi, difetti, passato, presente e sogni futuri. Gioie, dolori, amori, passioni, avvenimenti importanti, traumatici, speciali, indimenticabili. Ma specialmente conoscere i rimpianti e i rimorsi dei protagonisti. Perché è da ciò che volevano fare e da ciò di cui si sono pentiti, gli errori, gli sbagli.
Ringrazio fortemente Arthur Golden per avermi permesso di vivere con i personaggi e di conoscerli. Lo ringrazio per avermi fatto scoprire, e quindi conoscere, nuovi punti di vista che mi porteranno sempre a crescere. Lo ringrazio perché con il suo libro ho capito di non dover aver paura di affrontare la realtà, altrimenti i rimpianti si faranno sentire…
Il rimpianto è un tipo di dolore molto particolare; di fronte a esso siamo impotenti. È come una finestra che si apre di propria iniziativa: la stanza diventa gelida e noi non possiamo fare altro che rabbrividire.
Col il suo stile fresco ma crudo e brutale al punto giusto, l’autore descrive una serie di avversità che non ci appartengono: l’ottenere la libertà, l’essere costretti a sottostare ad un’altra persona, dover vivere il rito del mizuage (deflorazione), conquistare “l’amore” di un danna, trovare il modo di sopravvivere alle grinfie delle altre geishe della propria okiya… sono problemi, ostacoli, che non possiamo minimamente immaginare. Il non appartenerci, però, non deve fermare la nostra curiosità, la nostra voglia di conoscenza e la nostra volontà di aiutare e conoscere il prossimo.
La piccola protagonista Chiyo, ha dovuto affrontare il tutto da sola, con la speranza di ritrovare la sua amata sorella. Ha provato di tutto per sopravvivere, per vivere, amare e conoscersi. L’ha sempre fatto sorridendo, o almeno ci provava, finché, poi, non è diventata una donna forte e volenterosa di lasciarsi andare per la propria strada. Crescendo le persone cambiano, ma la sostanza resta la stessa, e ciò è quel che più ha salvato la nostra coraggiosa protagonista.
Le avversità assomigliano a un forte vento, che non soltanto ci tiene lontani dai luoghi in cui altrimenti saremmo potuti andare, ma ci strappa di dosso anche tutto il superfluo, cosicché di seguito ci vediamo come realmente siamo, e non come ci piacerebbe essere.
Arthur Golden nacque il 6 dicembre 1956 e fu istruito alla Scuola Baylor. Frequentò l’Università di Harvard e si laureò in storia dell’arte, specializzandosi nell’arte giapponese. Nel 1980 ottenne un master di arte in storia giapponese alla Columbia University ed imparò anche il cinese. Dopo un’estate all’università di Pechino, lavorò a Tokyo. Quando tornò negli Stati Uniti, prese un M.A. in inglese all’università di Boston. Vive ora a Brookline (Massachusetts), con la moglie Trudy Legee che ha sposato nel 1982 e i suoi due figli.
Le parole sono il suo pane quotidiano: fra libri, serie tv, film e il suo scrivere racconti passa le giornate. È amante delle piccole cose, dei gatti, e ammira chi dal niente riesce a trarre di tutto. Il suo ispiratore maggiore è Albert Einstein, infatti condividono la stessa filosofia di vita: ‘La logica vi porterà da A a B. L’immaginazione vi porterà dappertutto’, ‘Ognuno è un genio. Ma se si giudica un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi lui passerà tutta la sua vita a credersi stupido’, ‘La creatività è contagiosa. Trasmettila!’