romanzo biografico
Sellerio
aprile 2022
cartaceo
536
Madame Vitti fondò a Parigi, nel pieno dei fermenti della Belle Époque, un’accademia di belle arti per sole donne. La scuola aprì i battenti nel 1890, ed ebbe come primo insegnante Paul Gauguin. Lei, Maria, non fu mossa soltanto da un istinto imprenditoriale straordinario per una ragazza immigrata e analfabeta, la animava uno spirito libero che precorse una svolta nel costume.
Sul finire dell’Ottocento, la famiglia di Maria aveva lasciato Gallinaro, un paese vicino a Frosinone, seguendo un canale migratorio che univa quell’angolo di provincia dell’Italia meridionale alla Ville Lumière. Giovani, maschi e femmine, partivano per sfuggire alla fame. I più fortunati trovavano occupazione come modelli negli atelier dei pittori e degli scultori di Montmartre e di Montparnasse. Bella, ricercata, ambiziosa, si fece rapidamente un nome come modella (il dipinto che la ritrae, riprodotto in copertina, è esposto al Metropolitan Museum di New York) e, vivendo in quell’ambiente di compromessi e di promiscuità, scoprì un vuoto da colmare, una domanda non soddisfatta.
C’erano a Parigi molte accademie, pubbliche e private, per aspiranti pittori provenienti da tutto il mondo. Ma erano scuole per uomini, in cui era mal tollerato «l’occhio femminile». Maria ideò la sua Accademia Vitti per sole allieve, dove – rivoluzione nella rivoluzione – si esponeva il nudo maschile. Finalmente una donna poteva studiare il corpo di un essere dell’altro sesso dal vivo e riprodurlo secondo quanto sentiva.
Era la porta per entrare alla pari e da libera nel mondo della creazione artistica, districandosi tra pregiudizi invincibili, l’istinto di sopraffazione del marito, un rapporto complicato con le due sorelle, il ricatto dei sentimenti.
Madame Vitti riscopre una storia vera e dimenticata in un romanzo dalla scrittura fortemente visiva; è il racconto di una donna che ha lottato con sfrontatezza per realizzarsi, conquistando ammirazione e disprezzo, vittorie e cicatrici profonde.
Uno degli aspetti che più mi affascinano dei romanzi storici è che parlano di una verità storica, sociale, politica, economica e biografica. Di queste verità è intriso “Madame Vitti” di Marco Consentino e Domenico Diodaro, edito Sellerio. Grazie agli autori, ritorna in auge la vita di Maria Caria, in Vitti, una donna che dalla povertà della Ciociaria si trasferisce, con la sua famiglia, nella povertà parigina della Belle Époque, facendo della sua determinazione e della sua voglia di emancipare se stessa e tutte le donne, armi efficaci per lottare contro le chiusure sociali del tempo.
Maria è figlia di Silvio e Domenica, persone umili nel cuore; ha due splendide sorelle, Anna e Giacinta, un fratello buono, Carlo, e un marito forse “normale” per i canoni del tempo. Cesare aveva una mentalità chiusa, da marito da cui tutto deve dipendere e che tutto può, anche oltraggiare la propria moglie con comportamenti poco dabbene e molto opinabili.
Inizialmente, la protagonista unica del romanzo è Maria. La vediamo, da ragazza, in Ciociaria pronta a tutto pur di cambiare vita; ne intravediamo il carattere forte nel tenere testa al compagno, divenuto poi marito; scopriamo la furbizia nel rapportarsi al marito, facendolo sentire formalmente il capofamiglia, ma gestendo sostanzialmente tutto lei dal dietro le quinte; ne ammiriamo l’intelligenza nel confrontarsi con artisti di spicco dell’epoca e scendere con loro a patti e compromessi; ne acclamiamo la passione e la voglia di vedere realizzato un sogno, quello di creare una scuola di arte femminile, in un momento storico in cui l’arte era appannaggio solo di pochi e uomini.
Le figure femminili in “Madame Vitti”
Dopo aver accompagnato Maria nel percorso di elaborazione, progettazione e istituzione dell’Accademia, che prenderà il cognome del marito per i motivi poco fa detti, ecco che conosciamo da vicino altri due personaggi chiave della storia, le sorelle Anna e Giacinta. Si parte, dunque, da Maria e da lei partono altre storie nella storia, di cui protagoniste sono le sue sorelle.
Anna è la sorella che non si subordina ad alcuno, né tantomeno al cognato, e che, a dispetto delle rigide convenzioni dell’epoca, riuscirà a trascorrere la vita che desiderava, pur incappando nelle trame e negli intrighi sociali che sembrano quasi essere all’ordine del giorno. Anna scoprirà man mano le sue debolezze emotive che si rifletteranno sul suo fisico, fino a stremarla del tutto.
Giacinta è la minore delle sorelle, più ingenua e sognatrice, tanto da rimanere vittima di episodi familiari spiacevoli. Anche lei farà esperienza delle debolezze altrui e proprie, non riuscendole forse a superare del tutto. Giacinta convivrà con dei dilemmi, che paradossalmente rinforzeranno il rapporto con Maria.
Ho apprezzato molto il modo in cui gli autori affrontano i percorsi formativi dei personaggi: le loro psicologie e i loro stati d’animo risultano ben evidenti. Il narratore esterno, poi, è abile nel focalizzarsi su ognuno di loro, senza lasciarsi influenzare da simpatie o antipatie verso l’uno o l’altro. Maria è, di certo, il fulcro della storia; ma chi narra dà ad ogni personaggio la giusta importanza (basti pensare ai conflitti interiori di Mabel, o alla vanagloria di Cesare, o ai vizi degli artisti che si incontrano nel corso della lettura).
Il narratore della storia è molto vicino ai personaggi. Mi ha, talvolta, fatto pensare al narratore verista. Profonde e dettagliate sono le descrizioni. Parigi, quale luogo in cui si svolgono la quasi totalità dei fatti, è descritta nel suo splendore e nella sua miseria, a seconda della prospettiva da cui la città viene guardata.
L’Accademia è il fulcro della storia: è il punto di arrivo e di partenza di ogni personaggio che incontriamo, sia esso appartenente al nucleo familiare Vitti sia esso un membro esterno, quale gli artisti, i maestri, le allieve e, poi, gli allievi. Rappresenta il simbolo dell’affermazione di sé, contro ogni rigido schema sociale e culturale e contro se stessi. Una vittoria della Belle Époque, nonostante ai posteri sia stato tramandato poco a riguardo.
Eppure, il luogo “della miseria” è quello descritto in modo più vivo: gli autori ci fanno fare esperienza ravvicinata di cosa accadeva lungo le strade, di come si cercava di guadagnare il minimo per sostentarsi, di come si tentava di fare affare, di come si viveva l’arte. Questo è un aspetto affascinante: siamo soliti pensare ai grandi pittori e artisti come a persone che in vita hanno avuto lustri e agevolazione. Invece, ben si sa che le loro sorti sono state altre, migliorate solo dopo la morte. E Cosentino e Dodaro questo lo rappresentano molto bene.
La struttura del romanzo
Lo stile è pulito e ricercato. Il tempo della narrazione è ampio (si dipana in anni), ma il ritmo è lento, riflessivo, in linea con la grande introspezione del personaggio di Maria. I capitoli sono datati: la datazione è cronologica ma non continua. Si passa da febbraio a maggio a novembre dello stesso o del successivo anno. Ogni capitolo fotografa la vita della famiglia Vitti a quella data, permettendo comunque al lettore di comprendere cosa sia successo nel frattempo.
Nel libro sono presenti anche immagini di quadri, presenti in collezioni private o esposti in Musei o Case d’Arte. Questi raffigurano le donne del romanzo in posa durante le ore di lezione in Accademia o per artisti esterni, ovvero personaggi che si ritrovano nelle pagine.
“Madame Vitti” è un libro che, a mio parere, non può e non deve mancare nelle nostre biblioteche, non solo perché ci permette di conoscere una donna valorosa della Belle Époque, ma perché racconta una storia di lotta e di conquista sociale e personale vera, che è necessario conoscere, soprattutto in una crisi di valori come quella che viviamo oggi
E voi conoscevate “Maria Caira, in Vitti”?.
Leggere mi stimola e mi riempie. L’ho sempre fatto, fin da piccola. Prediligo i classici, i romanzi storici, quelli ambientati in altre epoche e culture. Spero di riuscire a condividere con voi almeno parte dell’impatto che ha su di me tutto questo magico universo.