romanzo storico
Feltrinelli
24 ottobre 2019
cartaceo
348
Victor e Roser si conoscono da ragazzi. Lei abbandonata dalla sua famiglia viene accolta da quella di Victor come una figlia. I due crescono come fratelli, lei pianista di talento e lui praticante medico agli inizi di una guerra logorante e straziante. Sullo sfondo gli aerei di Franco oscurano il sole di Madrid, radendo al suolo casa dopo casa anche le loro radici e le loro certezze.
Nell’incredibile fuga verso la vita i due si ritroveranno sulla nave Winnipeg che salpando da Parigi li porterà verso il Cile dove potrà cominciare la loro avventura. Ma il Cile è un paese in balia di se stesso diviso dalle due forze politiche che vi abitano. Sarà proprio questo odio a portare all’ascesa di Salvador Allende e al suo successore Pinochet.
Nella ricerca di se stessi e di un posto da poter ancora chiamare casa, Victor e Roser si aggrapperanno all’unica sicurezza che resta: l’amore. Solo l’amore infatti, come una candela accesa nell’oscura notte della guerra, saprà guidarli uno verso l’altro, ancora una volta.
“La notte però, quando lo sentiva urlare nel sonno, si inteneriva. Allora lo andava a svegliare, si metteva sotto le coperte, lo abbracciava come una madre e lasciava che si sfogasse da quegli incubi fatti di membra amputate e corpi straziati, di colpi di mitraglia, baionette inastate, di pozze di sangue e fosse comuni piene di ossa…”
Fino ad oggi avevo sentito parlare di Isabel Allende, ma non avevo mai letto nulla di suo. Sapevo che fosse una scrittrice nata in Perù e vissuta a lungo in Cile, famosa in tutto il mondo e che avesse venduto milioni e milioni di copie. Molti mi dicevano che negli ultimi anni la qualità dei suoi racconti fosse notevolmente calata.
Tuttavia, ho sempre trovato molto affascinanti le personalità di questi grandi scrittori. Fin da bambina ho sempre amato scrivere e mi rapiva quel modo di usare le parole come pennelli che dipingono una scena o un personaggio. Spesso mi sono trovata a cerchiare frasi, parole, interi paragrafi che erano scritti così bene, erano così intensi, così potenti da farmi domandare cosa si celasse dietro questa bravura. Qual era il loro segreto, cosa muoveva le loro penne?
Dalle prime righe del romanzo, Isabel Allende ci trascina in un universo parallelo, di ottanta anni fa. Victor e Roser in fuga dalla guerra, si materializzano davanti ai nostri occhi e, riga dopo riga, questo capolavoro prende forma lasciando il lettore affamato e senza fiato.
La storia è così dannatamente vera, straziante e forte che non riconoscere il talento della scrittrice sarebbe da ipocrita. È pazzesco immergersi in un libro e sentire volare dietro di sé gli aerei di Franco, le grida dei sopravvissuti, sentire l’odore stagnante dei rifugi o il freddo nei passaggi di montagna. E all’improvviso sentire sulla pelle il caldo di Santiago e, nell’aria l’odore di fritto dei cibi cucinati. O ancora, trovarsi a piangere nell’abbraccio che travolge i protagonisti.
Lungo petalo di mare è un romanzo potente, eroico e violentemente reale. Non risparmia niente al suo lettore, nemmeno la verità. L’amore che non è quella forza che vince su tutto, ma è quella forza da cui tutto ricomincia, ancora e ancora. Non so esattamente cosa sia successo alla Isabel Allende degli ultimi anni, non lo so, e non posso giudicare. So che c’è un momento della vita in cui si è stanchi e tutto ciò che prima ci appassionava viene meno.
E poi so per certo, che la forza dell’amore trascina l’uomo verso ciò a cui appartiene. E quello che ne viene fuori è assolutamente meraviglioso.