fantascienza
Self-publishing
7 giugno 2020
cartaceo, ebook
501
Aarvo è l’ultimo della sua specie, l’ultimo figlio di una luna morente lontana nello spazio. Bloccato sul pianeta deserto, sogna di fuggire un giorno verso Eera, il pianeta verde che vede galleggiare nel cielo.
Quando anche la luna — sua madre — muore, abbandonandolo ad una vita di solitudine senza speranza, Aarvo s’imbarca in un’epica ricerca per viaggiare fino ad Eera e sconfiggere il suo terribile destino.
“«La solitudine è proprio una cosa orribile» pensò «Quando non c’è nessuno con cui passare il tempo, con cui parlare quando ti senti solo o sei felice, allora qualsiasi cosa diventa un peso»”
Tante sono le volte in cui ci siamo sentiti “soli”, inutile nasconderlo! Eppure la solitudine che generalmente proviamo non è fisica, ma mentale, psicologica, emotiva. Come reagiremmo se a questa solitudine si accompagnasse anche una solitudine fisica, reale, vera? Il protagonista di “L’ultimo figlio della luna” di Lapo Melzi convive con questa solitudine dalla nascita. Sua madre è speciale e diversa dalle nostre; per un periodo ne ascoltava la voce, poi nulla più; resta comunque una presenza costante, seppur assente. Sua madre è la Luna (Lissa) e Aarvo è il solo abitante di sua madre, o almeno così ha sempre creduto.
Il romanzo di Lapo Melzi è, direi, un fantasy di formazione: fantasy perché la storia è ovviamente inventata (a meno che qualcuno non pensi che sulla luna possa vivere un essere alieno che se ne presenti quale figlio – e tutto può essere). Di formazione, perché, seppur in un contesto fantastico, al centro della storia vi è la crescita, lo sviluppo e la maturazione del personaggio protagonista, il quale, combattutto e in dissidio con se stesso, conquista per sé delle verità.
“Finalmente era riuscito a venire a capo di almeno un mistero di questo mondo sconosciuto, e c’era arrivato tutto da solo”
Aarvo è un personaggio combattuto, perché solo. Non tollera più di essere destinato ad una vita priva di condivisione e di crescita, tanto da desiderare di raggiungere Eera, il luminoso pianeta che intravede ogni giorno oltre il cielo. E qui subentra il dissidio interiore: abbandonare la propria madre, la propria terra per l’ignoto, che può però fare aspirare ad una vita migliore e più bella? Tema molto attuale direi, dal momento che aumenta sempre più la percentuale di giovani (soprattutto, ma non solo) che lascia il proprio Paese e i propri affetti in cerca di fortuna altrove.
Ma la maggior parte della storia si basa sull’avventura di Aarvo, che, desideroso di raggiungere Eera in qualche modo, si erge a esploratore della Luna, che pensava invero di conoscere bene, ma evidentemente c’è sempre qualcosa a noi nascosto della vita. E da esploratore, Aarvo impara a conoscere luoghi mai visitati (di cui non conosceva neanche l’esistenza); scopre nuovi esseri che vivono dall’altra parte della Luna; supera le sue paure e credenze; addirittura scopre che c’è vita oltre alla propria e dovrà lottare per portare a termine la missione che si è imposto! Qualcuno deve avergli nascosto qualcosa in tutto quel tempo…
“Aarvo prese coraggio «Tu sei una macchina, giusto? E ci sono tanti tipi diversi di macchine nella città, giusto?»
«Si»
«E tu che tipo di macchina sei?»
«Sono un’unita domiciliare badante per anziani. Una macchina creata per badare alla salute fisica e mentale dei trkriti più anziani»”
Non vi svelerò l’esito della storia, come di consueto, anche se non si può parlare di “esito” nel vero senso della parola. Lascio a voi la scoperta del seguito e il legame che instaurerete con il protagonista.
Il libro è strutturato in due parti: Le desolazioni della Luna, dove il lettore partecipa della vita monotona e triste di Aarvo, e La città cupola, vera e propria scoperta di Aarvo, nonché avventura centrale della storia. Se, infatti, inizialmente, la missione sembra essere quella di raggiungere il pianeta Eera, col susseguirsi delle pagine il fulcro della storia diventa scoprire il proprio passato, sfuggendo al “nemico”, tramite l’utilizzo dei Cristalli Memoria.
Un nemico strano: particolarità della storia è che quello che dovrebbe essere un nemico, si atteggia, in realtà ad amico del protagonista, pur rimanendo nella sua funzione di carceriere! Interessante il messaggio: la condivisione può rendere amici due nemici. E apprezzabile è che questa condivisione nasca sulla rivitalizzazione della propria terra. Non nascondo che il personaggio di Espris mi abbiamo spesso portato alla memoria Wally.
Nella prima parte del libro, il ritmo narrativo è molto lento: non nascondo che spesse volte mi sono annoiata, non comprendendo il motivo per il quale l’autore si dilungasse troppo su avvenimenti che potevano essere narrati con meno parole o pagine. La storia, inoltre, sembra non avviarsi mai. Dalla seconda parte in poi, invece, il ritmo cambia, diventando più incalzante e dinamico, anche se pieno (forse troppo) di contenuti.
I personaggi rappresentano le diverse visioni che si hanno sul rapporto dell’uomo con la propria terra d’origine: c’è chi vuole lottare per migliorarla, chi si mostra inetto, chi vuole fuggire per cercare la fortuna altrove, chi invece intende fare entrambe le cose. Scoprirete nel corso della lettura chi rappresenta cosa. Tutti i personaggi sono fantastici: a quelli che incontriamo nella prima parte della storia è lo stesso Aarvo, nella sua solitudine, ad attribuire nomi (molto strani – mi complimento per la fantasia). Nella seconda parte, i personaggi che si incontrano sono già ben strutturati.
“Era libero, si ripetè, libero… E allora perché non faceva i salti di gioia? Per tutto questo tempo non aveva fatto altro che desiderare questo momento, perché allora si sentiva turbato?”
Lo stile narrativo è chiaro, ma non molto scorrevole, coerentemente al tempo della narrazione. Emblematici i soliloqui che Aarvo fa in tutta la vicenda, in quanto rappresentativi di una solitudine sofferta, o meglio di una compagnia non diversa da se stesso. Più interattiva la seconda parte, dove la narrazione diventa più viva grazie soprattutto all’inserimento dei discorsi diretti.
Il finale lascia ben aguzzare lo sguardo su quelle che saranno le future intenzioni di Lapo Melzi… ma voi, partite o restate?
Leggere mi stimola e mi riempie. L’ho sempre fatto, fin da piccola. Prediligo i classici, i romanzi storici, quelli ambientati in altre epoche e culture. Spero di riuscire a condividere con voi almeno parte dell’impatto che ha su di me tutto questo magico universo.