
Romanzo
Bollati Boringhieri
11 marzo 2025
cartaceo e-book
320

Bisogna amare i propri nonni. Questo si è sentita ripetere Alice fin da piccola. Ma quando suo nonno, da poco vedovo, viene a vivere con lei e la madre, la ragazza si rende conto che tale comandamento è inattuabile. Se pur debole e depresso, Andrea esercita su tutta la casa il proprio carattere brutale, portando Marta, la mamma di Alice, a uno stato di totale asservimento. E' come se un'intera generazione, con tutti i suoi dettami assurdi e violenti, si fosse insinuata nella vita delle due donne, impestandola di sigarette, imperativi e ricatti. La rabbia di Alice cresce, alimentata dalla brace dei sedici anni. La mamma che conosceva sta scomparendo, e lei si sente impotente: come si fa a liberare qualcuno che non vuole essere libero? Che cos'è veramente l'emancipazione? In un susseguirsi di badanti che vanno e vengono, sbronze liberatorie con gli amici del cuore, litigi con i famigliari ciechi e sordi e una fame che non passa mai, Alice comincia a covare desideri bui, a pensare cose che non andrebbero pensate. Il viaggio nel passato della madre, nel paese in cui è cresciuta, e lo svelamento di ciò che ad Alice è sempre stato nascosto risulta un punto di non ritorno: Andrea deve sparire. L'unico modo per affrontare un mostro è diventare un mostro?
“L’estate che ho ucciso mio nonno“ di Giulia Lombezzi, edito Bollati Boringhieri è la storia della famiglia di Alice, una sedicenne residente a Milano. La sua vita cambia totalmente quando il nonno materno si stabilisce da loro dopo una complicanza post operatoria che gli impedisce di esser autosufficiente.
“Il mio sogno è starmene tranquilla. Leggere manga che non finiscono mai. E possibilmente riavere mia madre”
L’uomo invade la loro casa e la loro routine. Non fa che imprecare, lamentarsi e impartire ordini alla figlia. La poveretta è sfinita dalla fatica e dai sensi di colpa per quelle rare volte in cui non accorre immediatamente ai richiami del padre. Dov’è quella donna intelligente, curiosa e reattiva che si aggirava per mercatini ed era entusiasta ogni volta che trovava un oggetto interessante? Anche Alice è infelice, si ingozza di cibo a causa della frustrazione e si sente incompresa. Sino a quando qualcuno non le rivela aspetti del passato della madre che le aprono gli occhi.
“Mia sorella rassicura mio padre, io lo disoriento” da “L’estate che ho ucciso mio nonno”
Alice è figlia di genitori separati che hanno mantenuto un ottimo rapporto e che si aiutano nei momenti del bisogno. Suo padre, Fabrizio, è laureato in lettere, è insegnante e sogna di scrivere un romanzo. E’ piccolo, tondo e tutto zazzera. Un uomo gentile, comprensivo, forse non ha molto senso pratico, ma ha imparato ad arrangiarsi. La sorella maggiore di Alice, Federica, studia all’estero e vive in Spagna da qualche anno. Un’ottima studentessa, piena di progetti e di interessi. E’ ecologista e salutista, le piace psicanalizzare le persone ed esprimere la propria opinione in merito.
Alice è l’opposto di Federica. E’ una sedicenne in sovrappeso che ricorre al cibo ogni volta che le accade qualcosa di spiacevole. Non è particolarmente portata per lo studio, fa giusto il suo dovere. Non pensa ancora al suo futuro, non ha piani o ambizioni. Preferisce vivere il presente leggendo i suoi adorati manga e uscendo con gli unici amici che ha: Angiu e Cane. Il suo linguaggio non è propriamente elegante ma del resto è un’adolescente dei nostri tempi che non bada troppo alla raffinatezza delle parole che usa.
“Ah, comunque la bellezza interiore non esiste. Nessuno dice ‘com’è bello interiormente questo quadro”. Con le persone è uguale”
Marta è sua madre. Una donna bella dalla corporatura esile e una lunga treccia che le cade lungo la schiena. Lavora in una galleria d’arte con un’amica e le piace raccogliere i sassolini che trova nel mare durante le vacanze. Ama anche scoprire oggetti antichi (o sarebbe meglio dire vecchi) ai mercatini, le cose appartenute e vissute la affascinano. E’ creativa, intelligente e gentile. Da quando ha accolto il padre in casa propria, si è spenta. E’ depressa, stanca, inappetente e ansiosa.
Andrea, è anziano ma il suo caratteraccio non è certo migliorato con gli anni. E’ sempre il solito despota abituato a prendere senza mai dare nulla. Perde facilmente le staffe e impreca senza ritegno. Si lamenta di continuo e sa come far sentire in colpa la figlia. Un tempo lo chiamavano “il Mastroianni di Berceto” per la sua somiglianza all’attore.
In casa sua dettava legge e, tanto Marta quanto la povera moglie Teresa, erano tenute ad obbedire per evitare una violenta sfuriata. Era ambizioso e desiderava aprire un’attività sua che gli rendesse bene. Non gli importava nulla delle aspirazioni della figlia, neppure dei suoi voti alti e dei complimenti dell’insegnante: Marta doveva lavorare per lui, esattamente come la madre. Niente divertimenti, uscite, bei vestiti o svaghi per quella ragazza così bella e seria da suscitare il rispetto e l’ammirazione di tutti.
“I toni si smorzavano quando arrivava lei. Anche il più bestia del gruppo rincagnava un po’ il torace e cercava una voce gentile”
Devo confessare che, il primo impatto con il linguaggio narrativo utilizzato da Giulia Lombezzi, non è stato ottimale. Mi pareva privo di garbo con qualche parola non proprio raffinata. Poi però ho capito di aver peccato di superficialità, cosa che tra l’altro detesto. Se la narratrice è una sedicenne dei nostri tempi e ci racconta la sua vita e la sua famiglia in prima persona, è proprio così che si deve esprimere. Diversamente non sarebbe né credibile né coerente con la sua età e con il periodo. Inoltre, tengo a precisare che, al di là delle espressioni di Alice, i contenuti sono molto significativi e la trama ha una certa profondità.
E’ una storia realistica, purtroppo. Anche i personaggi lo sono, il nostro compito è seguire la protagonista nella sua indagine personale che ha lo scopo di trovare le risposte a quello che non si spiega e la disorienta. Preparatevi perché vi sconvolgerà e vi toccherà nel profondo.
“Sappiatelo: i figli ascoltano tutto. Siamo il vostro KGB. Non ci sfuggite. E sappiamo se mentite, sempre”
I protagonisti di Giulia Lombezzi sono assolutamente credibili, a partire da lei. Non è la classica sedicenne di tutti i romanzi dove inseguirebbe un sogno irraggiungibile e lotterebbe contro le avversità per realizzarlo. E’ un’adolescente in difficoltà che, come molti coetanei, non ha idea di cosa farà nel futuro e non le va di pensarci, o ne ha paura. Vive una situazione familiare che la disorienta e non ha ancora gli strumenti per razionalizzare le emozioni.
Il ritmo di lettura è molto rapido. Questo perché lo stile dell’autrice è assai fluido, agevole e il linguaggio diretto, immediato. Nonostante la drammaticità dei temi trattati (rapporti familiari tossici o comunque difficili, carenza di dialogo, burnout, sensi di colpa e un segreto sepolto letteralmente in cantina), è presente un’ironia che ne alleggerisce i toni anche se serve alla protagonista come scudo per proteggersi dal mondo. Non vi è retorica né stereotipo, ma una tristissima realtà. Eppure contiene un messaggio positivo e di apertura verso il futuro.
Apprezzate le storie narrate attraverso gli occhi di giovanissimi protagonisti?