
romanzo biografico
Libreria Pienogiorno
13 gennaio 2022
cartaceo, ebook
160

Nonostante sia cresciuta sui monti afgani al confine con il Pakistan, in una zona ancora legata a tradizioni secolari, Ukmina sin da piccola va in bicicletta, gioca a pallone, si sposta da sola per le commissioni, parla da pari con gli uomini del suo villaggio. Il motivo per cui può farlo è perché Ukmina non esiste. E' un fantasma.
Undicesima dopo sette femmine e tre maschi morti in fasce, quando ha superato il mese di vita, suo padre ha capito che ce l'avrebbe fatta e ha sentenziato: "Tu sarai un maschio, figlia mia". E' un'usanza diffusa in Afghanistan, tollerata anche dai mullah, una famiglia senza figli maschi, può crescere una bambina come fosse un bambino. Per salvare l'onore. e per scongiurare la malasorte sui figli futuri. Malasorte che consiste nell'avere figlie femmine. Vengono chiamate bacha posh, "bambine vestite da maschio", e sono tantissime.
In virtù di un semplice cambio di abiti, Ukmina ha avuto tutta la libertà riservata agli uomini. E ha compreso fino in fondo quale prigionia sia nascere donna nel suo Paese. Così, al raggiungimento della pubertà, quando l'usanza impone alle bache posh di mettere il velo, sposarsi e fare figli, Ukmina si ribella.
Come potrebbe, di punto in bianco, seppellirsi tra quattro mura e ricevere ordini da un marito? Sa di dover pagare con pezzi della propria anima ogni giorno di libertà, ma sa anche che ne vale la pena. Sa che solo rimanendo un uomo, libero e con diritto di parola, può aiutare le donne affinché non debbano più nascondersi per esistere.
“Dammi il potere degli uomini e la bontà delle donne” – da “Le bambine non esistono” di Ukmina Manoori e Stephanie Lebrun, Libreria Pienogiorno.
Ukmina è una “bacha posh”: una bambina vestita da maschio per esigenze familiari. L’aveva deciso suo padre quando aveva pochi mesi poiché nella sua casa serviva un altro maschio. Lei cresce assaporando tutti i privilegi riservati agli uomini, fino alla pubertà, quando le viene imposto di tornare nelle vesti di una donna e trovare un marito. Ma lei non ci sta. Si batterà per la propria indipendenza e per quella delle altre donne afgane.
“La libertà, per me, è essere rispettata. E perché succeda bisogna rispettare gli altri, non imporre loro ciò che non vorrebbero vedere”
Ukmina Manoori non è un personaggio di fantasia e questa è la sua storia. Non sa di preciso quando è nata, appartiene ad un popolo che risiede sulle montagne afgane, i pashtun. Tra la sua gente non esistono certificati o documenti d’identità. Le nascite non vengono certificate, perciò si suppone che quella di Ukmina possa risalire intorno al 1968.
Sua madre, Suadiqua, era una delle tante giovanissime orfane, costrette a sposarsi per avere protezione. Subisce in silenzio la collera del marito ogni volta che si abbatte una sventura sulla loro famiglia, come la la morte di un figlio o la nascita di una femmina.
Ukmina, però, sembra essere particolarmente robusta e vigorosa, caratteristiche che l’accompagneranno per tutta la sua vita e che faranno dire al padre: “tu sarai mio figlio”. La bambina diventa, così, una bacha posh, una femmina abbigliata ed educata come un maschio. Per molte famiglie, questa pratica diventa un’esigenza. Le donne non possono lavorare fuori casa e neppure uscire da sole, perciò una presenza maschile diventa fondamentale per la sopravvivenza di tutta la famiglia. Un padre da solo non basta.
Ukmina cresce forte come un ragazzo. Il suo corpo si tempra grazie al lavoro e il suo animo è fiero e privo di timidezza. Lei è ben consapevole di ciò che vuole: libertà e rispetto. Prerogative negate alle donne. È talmente coraggiosa e caparbia da guardare negli occhi il padre e l’imam rifiutando categoricamente di tornare nei panni di una femmina una volta raggiunta la pubertà.
La sua ribellione è un dovere verso se stessa e tutte le altre donne. Da lì un’escalation di prove di coraggio e grande determinazione che la porteranno a diventare una guerriera e un simbolo.
“Vivere in abiti maschili mi ha dato una certa libertà. Poiché una vita in Afghanistan, è una vita di distruzione” – Le bambine non esistono
“Le bambine non esistono” è stato scritto a due mani: quelle della giornalista Lebrun e di Ukmina Manoori, la quale conosce solo la lingua della propria tribù. Non si tratta di un romanzo e neppure di un documentario, è una testimonianza.
Attraverso la storia di Ukmina, si racconta il disagio di un intero paese e la sua condizione femminile. Una storia vera scritta in prima persona, piena di intensità e di eventi significativi che rendono il ritmo di lettura rapido e concitato. Il linguaggio narrativo è semplice e schietto, caratteristiche che appartengono anche alla stessa protagonista. Una donna semianalfabeta, dalla determinazione inossidabile che l’ha condotta al cospetto di Michelle Obama e Hilary Clinton, pronta ad esprimere il proprio dissenso nei confronti dell’azione dell’esercito americano nel suo paese.
Un simbolo di speranza per tutte le donne afgane che sentono di non dover più temere nulla. Eppure, dentro di lei alberga un senso d’incompletezza, causato dal suo essere a metà. Non è più una donna, ma non è neppure un uomo, non appartiene a nessun sesso. Non ha né amore né desiderio, per questo si sente sola.
“Bisognava dare loro quello che davvero mancava per far evolvere la mentalità: l’istruzione”
Sono sempre interessata a queste testimonianze perché, oltre a conferire nuove conoscenze, mi danno consapevolezza di esser nata nella parte più fortunata del pianeta. Ukmina è talmente diretta da diventare spiazzante. È una donna che non ha nessun bisogno della pietà altrui e non l’ha mai cercata, non teme giudizi e sente di potersi esprimere liberamente come è negato a tutte le sue connazionali.
“Le bambine non esistono” è una storia diversa da quelle che ho letto fino ad ora sul tema. La stessa Ukmina è fuori dal comune. Porta alla nostra conoscenza un’usanza afgana della quale non avevo mai sentito parlare, un qualcosa al di fuori del semplice costume o tradizione. Si tratta di un’esigenza pratica, che ha gravi conseguenze sulla crescita delle bambine, che si vedono private all’improvviso della loro libertà. Questo mi ha portata da una sorta di stupore iniziale ad uno sgomento successivo. Un personaggio che vale la pena di conoscere, così come la sua vicenda.
Trattandosi di una storia reale, ai miei occhi, acquista un ancor maggior interesse.
Conoscevate la parola “bacha posh” e il suo significato?