
Narrativa
Mondadori
3 Novembre 2020
cartaceo, ebook
340

E se l'appello non fosse un semplice elenco? Se pronunciare un nome significasse far esistere un po' di più chi lo porta? Allora la risposta "presente!" conterrebbe il segreto per un'adesione coraggiosa alla vita.
Questa è la scuola che Omero Romeo sogna. Quarantacinque anni, gli occhiali da sole sempre sul naso, Omero viene chiamato come supplente di Scienze in una classe che affronterà gli esami di maturità. Una classe-ghetto, in cui sono stati confinati i casi disperati della scuola.
La sfida sembra impossibile per lui, che è diventato cieco e non sa se sarà mai più capace di insegnare, e forse persino di vivere. Non potendo vedere i volti degli alunni, inventa un nuovo modo di fare l'appello, convinto che per salvare il mondo occorra salvare ogni nome, anche se a portarlo sono una ragazza che nasconde una ferita inconfessabile, un rapper che vive in una casa famiglia, un nerd che entra in contatto con gli altri solo da dietro uno schermo, una figlia abbandonata, un aspirante pugile che sogna di diventare come Rocky... Nessuno li vedeva, eppure il professore che non ci vede ce la fa.
A dieci anni da "Bianca come il latte, rossa come il sangue", Alessandro D'Avenia torna a raccontare la scuola come solo chi ci vive dentro può fare. E nella vicenda di Omero e dei suoi ragazzi distilla l'essenza del rapporto tra maestro e discepolo, una relazione dinamica in cui entrambi insegnano e imparano, disponibili a mettersi in gioco e a guardare il mondo con occhi nuovi. È l'inizio di una rivoluzione?
"L'Appello" è un romanzo che, attingendo a forme letterarie e linguaggi diversi – dalla rappresentazione scenica alla meditazione filosofica, dal diario all'allegoria politico-sociale e alla storia di formazione –, racconta di una classe che da accozzaglia di strumenti isolati diventa un'orchestra diretta da un maestro cieco. Proprio lui, costretto ad accogliere le voci stonate del mondo, scoprirà che sono tutte legate da un unico respiro.
“Provo tenerezza verso i genitori che incontro ai colloqui. Mossi da un misto di orgoglio e senso di colpa, vengono a fare un bilancio della loro vita, ascoltando il giudizio sulla loro discendenza, che purtroppo, o per fortuna, non risponde mai alle aspettative: riprodursi non è riprodurre individui uguali a noi, anzi, è generare chi metterà in crisi proprio quelle aspettative per costringerci a rivedere chi pensavamo di essere o di voler essere.”
Seguo ormai da anni Alessandro D’Avenia, sin dal suo primo romanzo “Bianca come il latte, rossa come il sangue“, che già all’epoca mi stregò con la sua bellezza.
Con “L’appello”, per l’ennesima volta l’autore ha confermato la sua bravura nel descrivere il mondo adolescenziale con il quale tutti i giorni lui stesso si confronta.
Mi è capitato più e più volte di seguire i suoi profili social e sempre più spesso, su quegli stessi profili, ho ritrovato commenti di stima da parte dei suoi alunni che sembrano avere un’adorazione totale verso il loro professore. E allora mi sono chiesta… perché non tutti i professori possono essere come Alessandro D’Avenia o come il professor Omero Romeo?
La risposta l’ho trovata in questo splendido romanzo.
“L’appello” narra la storia del professor Omero Romeo e della sua classe-ghetto di alunni disadattati, un insieme di ragazzi e ragazze difficili riuniti in un’unica aula per non rovinare il resto delle classi. Ma il professor Omero non è un insegnante qualunque e non si ferma alle apparenze… già, perché il professor Omero, soffrendo di una malattia che gli ha rubato la vista, non guarda con gli occhi ma ascolta con il cuore…
È così che inventa l’appello, uno strumento efficace per imparare ad ascoltare le storie, i bisogni e le esigenze degli alunni.
Ma ne “L’appello”, D’Avenia non si sofferma solo sulla figura del buon professore che sa spronare i propri studenti a dare il massimo per cambiare il proprio status, bensì va a scavare anche nei comportamenti di quei professori che proprio con gli adolescenti non riescono a comunicare, mostrando le fragilità e le cause dei loro comportamenti ostili.
Un capolavoro che unisce empatia, emozione, dolore e un pizzico di filosofia. Lezioni di fisica che inevitabilmente di trasformano in lezioni di vita, sotto la penna dell’autore che con grande maestria riesce a coinvolgere il proprio pubblico grazie a quella sensibilità di cui da sempre riesce a impregnare le pagine dei propri libri.
Un romanzo che mi sento di consigliare a tutti, in particolar modo agli studenti, ma soprattutto a quei professori che, presi dal mondo frenetico che ci circonda, hanno visto affievolirsi quella fiamma che teneva acceso l’amore verso l’insegnamento.
Ed ora una domanda per voi…
Ai tempi delle scuole, avete mai un avuto un professore che adoravate e che è stato anche vostro maestro di vita? Vi leggo sempre con piacere nei commenti!
