
Saggio
Le Plurali
21 luglio 2021
Ebook e Cartaceo
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Quando ci mettiamo comode per vedere un bel film, vogliamo divertirci, essere stimolate, immergerci in altre vite. Ma come vengono rappresentate le donne nel grande schermo? Perché sembra spesso che le personagge siano stereotipate e create a favore dello sguardo maschile? Che ruolo hanno le donne dietro e davanti alla macchina da presa? Per essere delle cine-spettatrici più consapevoli dobbiamo allora indossare un bel paio di lenti femministe. Da Alice Guy, regista del primo film narrativo nel 1896, al New Queer Cinema, passando per la Feminist Film Theory, "Lady cinema" è una guida sulla storia delle donne dietro e davanti allo schermo. E molto di più: offre tanti strumenti pratici per valutare quello che state vedendo, dal Bechdel test alla Sindrome di Puffetta, dal Clit test alle regole dell'inclusività, e trenta schede di film da non perdere. Prefazione di Marina Pierri.
“Possiamo capire noi stessi quando possiamo vedere noi stessi in qualcun altro” – Lev Tolstoj
Recensione di “Lady Cinema”
L’esperienza del cinema è totalizzante: le dimensioni dello schermo e l’intensità del suono catturano l’attenzione, mentre il rapido susseguirsi dei frame ci racconta una storia. Le emozioni generate da un film dipendono fortemente dalla nostra immedesimazione nei personaggi, che sono il mezzo attraverso cui si stabilisce la comunicazione tra regista e spettatore.
Sebbene prevalentemente votato all’intrattenimento, il cinema è anche un potente strumento educativo che riveste una certa importanza nella società, perché plasma il nostro immaginario. Ma questo può tradursi in un grave problema nel momento in cui l’immaginario che si è venuto a creare collide con il mondo reale.
È ciò che successo alle donne, la cui rappresentazione sul grande schermo si è da sempre discostata in maniera sostanziale dalla realtà, con conseguenze deleterie.
La rappresentazione della donna nel cinema di ieri e di oggi è il tema centrale di Lady Cinema, una guida pratica che insegna a guardare i film con uno spirito critico e femminista. Una sorta di mini-saggio che mostra al lettore gli strumenti necessari per attivare le lenti femministe, così da non fruire più in maniera passiva dei prodotti cinematografici.
La guida è divisa in due parti, una teorica e una pratica. Entrambe sono intervallate da una serie di schede riassuntive di film che fungono da utile esempio o fanno da sostegno alle tesi discusse.
La prima parte del libro è dedicata al racconto di come le donne siano state raffigurate nella storia del cinema. Il punto di partenza è la dicotomia caratteristica del cinema classico, che raffigurava le donne come angeli del focolare o come seducenti femmes fatales, due stereotipi che ben evidenziano l’artificiosità del cinema patriarcale.
La rappresentazione delle donne si è modificata con il tempo, grazie all’attivismo politico femminista a cavallo degli anni Sessanta e Settanta. Nasce in quegli anni anche la Feminist Film Theory: le donne non vogliono più allinearsi a quei modelli femminili stereotipati e obsoleti del cinema classico. Il cinema post-femminista degli anni Ottanta propone quindi un nuovo tipo di personaggio femminile, che si appropria di tutte quelle caratteristiche fino ad allora considerate maschili.
Nei decenni successivi si son fatti passi da gigante in confronto al passato. Si è cercato di rappresentare le donne non più come entità universali, ma come esseri legati al proprio contesto. La loro essenza è determinata dall’appartenenza a una classe sociale, a un’etnia, al modo di vivere la propria sessualità; così come il patriarcato non è universale, ma si declina in maniera diversa a seconda del contesto storico, sociale e ambientale.
Oggi il cinema femminista cerca di essere ancora più inclusivo, tenendo conto di tutte le diversità che ci distinguono le une dalle altre. Ma siamo davvero a un buon punto? Quando guardiamo un film, ci sentiamo rappresentate dai personaggi femminili, o si è passati da uno stereotipo all’altro? E soprattutto, come riconoscere se un film è femminista o no?
La seconda parte della guida ci aiuta a rispondere a queste domande. Valentina Torrini descrive sei diversi strumenti per valutare se un film si possa definire femminista o meno. Una sorta di cassetta degli attrezzi utile per costruire le lenti femministe da indossare prima di guardare un lungometraggio. Se vogliamo fare la differenza dobbiamo imparare ad essere delle buone osservatrici.
“Ben vengano figure di donne forti […]. Ma noi donne siamo una pluralità sfaccettata di esperienze e di voci che sarebbe impossibile incasellare in una sola definizione, quindi facciamo posto anche alle donne normali.” – Lady Cinema
Da donna mi sono ritrovata in tutte le riflessioni di Valentina Torrini, e se qualcuno avesse inserito una telecamera tra le pagine del libro, mi avrebbe vista annuire a intervalli regolari. Non mi sento rappresentata dai personaggi femminili che vedo nei film. Non mi rappresentano le personagge (come le definisce l’autrice) del cinema che fu – e d’altronde, quale donna può rivedersi in simili pile di cliché? – ma non mi rappresentano neanche i modelli femminili del cinema 2.0. Noto negli ultimi tempi una certa smania di combattere gli stereotipi del passato mostrando bambine, ragazze ma soprattutto donne cosiddette “forti”. Spaccano il mondo, non hanno bisogno di nessuno, raggiungono vette impossibili in tempi da record, vincono tutte le battaglie, sono brillanti, non perfette ma trasandate al punto giusto. Con qualche chilo in più ma che sia massimo entro una deviazione standard dalla media. Non sbagliano mai, o forse sì, di rado.
Ma non perdono mai, e se cadono si rialzano sempre. Devono eccellere. Che razza di donne forti sarebbero, altrimenti?
Non so voi, ma a me il concetto di donna forte non piace per niente, mi sembra uno stereotipo altrettanto pericoloso. Perciò, quando ho letto la citazione di cui sopra, o quando una manciata di pagine più avanti, Valentina Torrini ha sottolineato il rischio di cadere nella sindrome della superdonna, mi sono sentita meno sola nella mia riflessione.
Sono fermamente convinta che ci sia ancora moltissima strada da fare, ma soprattutto sento la necessità di un cambio di rotta.
Abbiamo bisogno di vedere donne normali, perché come scrive l’autrice:
“L’autodeterminazione è anche questo: provare e sbagliare, o anche non provare affatto.” – Lady Cinema
Concludo con una domanda rivolta alle lettrici del blogi: quale personaggio femminile del cinema sentite più vicino a voi? O quale vi ha ispirato particolarmente?
Buona lettura a chi vorrà!
Arianna
Valentina Torrini si è formata in Progettazione e gestione di eventi dell’arte e dello spettacolo con una specializzazione in Critica cinematografica. Vive a Firenze e da tredici anni lavora nel settore del cinema. Ha collaborato con il blog Feministyou con una rubrica di critica cinematografica femminista. Nei film ricerca donne che le siano di ispirazione; la sua personaggia preferita è Pauline di Una canta, l’altra no, della regista Agnès Varda.