Narrativa contemporanea
HarperCollins
20 settembre 2022
cartaceo, ebook
288
Puglia, anni Sessanta.
Con la fine dell’anno scolastico, per Michele iniziano lunghe giornate di libertà. Adesso può passare tutte le mattine a giocare, coi piedi nudi che affondano nel terreno del giardino di casa. Può gustarsi il sole del meridione che batte sul suo viso e imperla di sudore la sua pelle giovane. Ma non essendo più obbligato a recarsi alla scuola in città, a Bari, vede di meno Vittoria e Teresa.
Lui è un Gentile, la sua famiglia coltiva piante e fiori da generazioni, mentre le sue due amiche sono delle Fiorenza, e i loro genitori confezionano profumi. Le rispettive famiglie, pur lontane per ricchezza e condizione sociale, sono unite da un antico sodalizio... ma quest’anno, per qualche motivo, Michele non è stato invitato in villeggiatura dai Fiorenza.
I tre bambini si avviano sul sentiero impervio dell’adolescenza, ciascuno con i suoi tempi e le sue difficoltà, mentre gli adulti delle due famiglie sono costretti ad affrontare una tempesta imprevista che cambierà per sempre il loro rapporto e il futuro che li attende.
A creare delle frizioni è prima di tutto un matrimonio inaspettato, ma non solo. Nonostante ciò Michele, posto di fronte ai primi, veri sconvolgimenti della sua vita, dovrà aggrapparsi con forza ai suoi sogni, all’affetto costante di Teresa e a quello spinoso e imprevedibile di Vittoria, dalla quale si è sempre sentito attratto e respinto al tempo stesso.
Bianca Rita Cataldi torna a raccontare una Puglia profumata, incantevole e misteriosa con una scrittura poetica ed evocativa, fatta di colori, di profumi, sapori, riprendendo le gesta dei Fiorenza e dei Gentile.
Le generazioni si accavallano, i rapporti di potere si rimodellano e i legami tra adulti e adolescenti, sempre difficili e conflittuali, infiammano gli avvenimenti che costellano una saga storica dal ritmo intenso e travolgente.
“La stagione del tuono” di Bianca Rita Cataldi, edito da HarperCollins, è un romanzo che ha un sapore di cose antiche.
“Ho pensato a questa cosa e mi sono sentita strana, triste e felice nello stesso tempo. Che cos’è? (…) È una cosa che si prova quando si inizia a diventare grandi, lo sai? (…) Si chiama nostalgia.”
Ed è la nostalgia che pervade tutto il romanzo, ma una nostalgia delicata che ti rende familiare l’intera vicenda narrata.
Il racconto inizia a Terlizzi, in provincia di Bari, nell’estate del 1961.
“Faceva troppo caldo per le finestre chiuse, per i vestiti lunghi, per le bevande calde. Seduto su uno sgabello in giardino in mutande e canottiera, Michele fingeva di giocare con le biglie e intanto guardava dentro, nella cucina inondata di luce bollente.”
Facciamo la conoscenza della famiglia Gentile attraverso gli occhi di Michele che, in quell’estate, aveva dodici anni.
Insieme a Michele, entriamo in una cucina che profuma di pane e zucchero, di dolcetti di pasta di mandorle e dalla quale si sprigiona per tutta la casa l’aroma del caffè.
“La caffettiera ricominciò a borbottare per l’ennesima volta in quella giornata, stizzita e orgogliosa con quel manico puntato contro il fianco come un braccio.”
La cucina dei Gentile è un luogo di ritrovo, di ospiti, di chiacchiere, di pettegolezzi, che si interrompono non appena un bambino si avvicina.
Ma cosa avranno mai le donne di casa da raccontarsi bisbigliando mentre ricamano o fanno l’uncinetto?
Conosciamo la zia Maria, la preferita di Michele, che “emanava odore di bucato e di sudore speziato”. Zia Elisa, soprannominata la ‘ndrama longa per la sua altezza in una famiglia di donne minute. Nonno Nino e la sua ossessione per il telefono! Quell’oggetto in bachelite nero che doveva essere utilizzato con parsimonia perché il “telefono cammina”, ossia le telefonate erano dispendiose. Nonna Ninetta, con quel suo modo di canzonare tra lo sprezzante e l’ironico che era un po’ zucchero e un po’ limone.
I Gentile sono commercianti di fiori, avvezzi a lavorare in campagna, che hanno appiccicato addosso l’odore di terra e sudore. Come il padre di Michele, Giulio: “Era abituato a sradicare le erbacce cattive, a scacciare le gazze che strappavano i semi fuori dal terreno, a commerciare con gente ricca che voleva approfittare di lui e del suo essere povero e meno istruito”.
I principali clienti dei Gentile sono i Fiorenza che, ogni estate, facevano uscire un profumo nuovo. Due famiglie di diversa estrazione sociale, legate da rapporti d’affari e anche di amicizia tra Michele e le cugine Fiorenza.
Teresa, così piena di luce e di entusiasmo quanto tenebrosa e scostante è Vittoria.
Può esistere o durare l’amicizia tra famiglie socialmente diverse?
Soprattutto quando, crescendo, si comprende che l’amicizia non è più sufficiente ma che si tramuta in “una puntura d’ape” che pizzica “il petto all’altezza del cuore”.
Insieme a Teresa e a Vittoria conosciamo i Fiorenza.
Nonna Isabella, che non ama perdere nemmeno a carte! E, in quanto moglie di un commerciante, era ben attenta a dare premi alle nipoti, per non viziarle. Mauro, il padre di Vittoria, che manca di “intelligenza sociale”:
“non aveva empatia, non riusciva a intuire quella linea sottile che separa un consiglio da una imposizione, un commento da un’offesa” – La stagione del tuono
La madre Enrica, attenta solo alle apparenze. Desiderosa che la figlia avesse amicizie altolocate, non riusciva a capire il suo legame con quel ragazzino, Michele, che da anni “bazzicava lì intorno. Cosa voleva? Sperava di migliorare il suo stato sociale?”, Adriano, il padre di Teresa, con la sua routine giornaliera e il suo ottimismo.
“I profumi gli avevano insegnato che ogni cosa si può raddrizzare, a volte basta solo qualche goccia di una sostanza per bilanciare la soluzione, l’importante è agire per tempo”.
La più anticonformista, zia Betta, che da giovane fuggiva di casa e fumava di nascosto ed ora gioca con la sua bambina a versare the immaginario in una teiera giocattolo.
Tra Betta e Vittoria c’è un rapporto speciale che solo una zia e una nipote possono capire.
“Parlare non serviva: erano sufficienti gli occhi per dirsi tutto. In quelli della zia, Vittoria vide il sacrificio, la resa, la decisione di tornare a casa per non perdere le persone che amava”.
La stagione dei tuoni è proprio quella estiva, quando scoppiano improvvisi i temporali ma, non solo. Il rombo del tuono si avverte anche quando, inaspettatamente, una grave malattia o un lutto colpisce una famiglia.
“Il dolore è una macchia d’olio su una tovaglia. Non serve a nulla gettarvi sopra dell’acqua, peggiorerebbe solo la situazione.”
Avete mai provato una tristezza così pesante e soffocante da sentire male in tutto il corpo?
Il dolore e la sofferenza possono diventare come una cappa oscura che soffoca i polmoni.
Questo è un romanzo che “sa di casa”, soprattutto quando, durante la lettura, mi trovavo anch’io seduta nella cucina dei Gentile. Ero avvolta da una sensazione familiare.
Mi sarebbe piaciuto fermarmi un attimo e sorseggiare, insieme alle zie di Michele, un caffè bollente nella loro tazzina economica, oppure assaggiare, insieme ai bambini, la “giuggiola”, un cucchiaino di zucchero su cui viene versata una goccia di caffè.
Vi è mai capitato, cari lettori, di provare un’impressione simile?
È quella che prova Adriano Fiorenza quando si siede nella confortevole cucina dei Gentile: “Benché ci andasse solo un paio di volte all’anno chiuse un attimo gli occhi e sospirò, appagato, in attesa che il borbottio del caffè giungesse alle sue orecchie, come l’eco di una terra lontana.”
E in un angolo, in quella cucina, dove i giochi dei bambini sono ammucchiati a prendere polvere, se si guarda con attenzione si possono “scorgere le ombre dei bambini che erano stati”. E che ora sono ragazzi pieni di speranze e di sogni, desiderosi di iniziare un nuovo capitolo della loro vita.
Chissà se l’autrice, Bianca Rita Cataldi, ci racconterà questa nuova “stagione del tuono”.
Me lo auguro!
Mi chiamo Alessia. Sono un’insegnante di matematica e inglese. Vivo in provincia di Pavia. Adoro leggere (soprattutto gialli), fare yoga e cucinare.