
romanzo di formazione
Sellerio
febbraio 2023
cartaceo
480

Marcello è un trentenne senza un vero lavoro, resiste ai tentativi della fidanzata di rinsaldare il legame e cerca di prolungare ad libitum la sua condizione di post-adolescente fuori tempo massimo. La sua sola certezza è che vuole dirazzare, cioè non finire come suo padre a occuparsi del bar di famiglia. Per spirito di contraddizione, partecipa a un concorso di dottorato in Lettere, e imprevedibilmente vince la borsa. Entra così nel mondo accademico e il suo professore, un barone di nome Sacrosanti, gli affida come tesi un lavoro sul viareggino Tito Sella, un terrorista finito presto in galera e morto in carcere, dove però ha potuto completare alcuni scritti tra cui le Agiografie infami, e dove si dice abbia scritto La Fantasima, la presunta autobiografia mai ritrovata.
Lo studio della vita e delle opere di Sella sviluppa in lui una specie di identificazione, una profonda empatia con il terrorista-scrittore: lo colpisce il carattere personale, più che sociale, della sua disperazione. Contemporaneamente sperimenta dal di dentro l’università: gli intrighi, le lotte di potere tra cordate e le pretestuose contrapposizioni ideologiche, come funziona una carriera nell’università, perfino come si scrive un articolo «scientifico» e come viene valutato. Si moltiplicano così i riferimenti alla vita e alla letteratura di Tito Sella, inventate ma ironicamente ricostruite nei minimi dettagli; e mentre prosegue la sarcastica descrizione della vita universitaria, il racconto entra nella vita quotidiana di Marcello e nelle sue vitellonesche amicizie viareggine.
Realtà sovrapposte, in cui si rivelano come colpi di scena delle verità sospese. Che cosa contiene l’archivio Sella, conservato nella Biblioteca Nazionale di Parigi? Perché il vecchio luminare Sacrosanti ha interesse per un terrorista e oscuro scrittore? E che cosa racconta, se esiste, La Fantasima, l’autobiografia perduta?
La ricreazione è finita è un’opera che si presta a significati e interpretazioni molteplici. Un narrato in cui si stratificano il genere del romanzo universitario – imperniato dentro l’artificioso e ossimorico mondo dell’accademia –, con il romanzo di formazione; il divertimento divagante sui giorni perduti di una generazione di provincia, con la riflessione, audace e penetrante, sulla figura del terrorista; e il romanzo nel romanzo, dove l’autore cede la parola all’autobiografia del suo personaggio. Questo libro racconta la storia di due giovinezze incompiute, diversissime eppure con una loro sghemba simmetria.
Quanto un romanzo contemporaneo può essere tanto “sfacciatamente” e a buon ragione realistico? Questa è una delle cose che mi ha colpito di “La ricreazione è finita” di Dario Ferrari, edito Sellerio. Pagine intrise di realtà, ma non quella “di forma”, bensì quella “di sostanza”. Quella realtà che si tocca con mano, che si vive in prima persona. La realtà della gente comune.
Il “giallo” (dissento leggermente da questa catalogazione, ma ne parleremo più avanti) di Dario Ferrari mi ha letteralmente appassionata perché vive del quotidiano, sia nella sua ambientazione presente che passata. Nel presente, il protagonista, Marcello, laureato in lettere e giovane che, come tanti, vive alla giornata perché si sente (o è costretto a sentirsi) inconcludente, pensa, alla stregua di tanti giovani, che il successo non è per tutti e non va di pari passo coi meriti. Il sistema, la società, a volte anche la pigrizia non permettono ad un quivis de populo di affermarsi socialmente, a meno che non decidi di seguire un colui che potrà aprirti qualche strada. Situazione che appare abbastanza reale.
Nel passato, il protagonista “Anni ’70” vede accadere eventi che hanno segnato il corso della storia, cambiando un po’, nelle persone, il modo di sentirsi parte integrante di una società che, se sembra stia andando a rotoli o sia ingiusta, va recuperata… in ogni modo, anche altrettanto ingiusto. Piccola premessa, che non funge da insegnamento (ci mancherebbe!), ma solo da annotazione personale è che il ventennio che si ritrova in “La ricreazione è finita”, noto con l’espressione “Anni di Piombo”, va interpretato alla lettera. Anni non d’oro, non di ferro, ma appunto di “piombo”. Non c’è condanna, non c’è encomio. Ci sono solo dei fatti accaduti che, in un modo o nell’altro, hanno “rivoluzionato” la società, orientandola verso una trasformazione che, ancora oggi, è in corso.
Tanti sono gli aspetti che vorrei toccare dell’opera di Dario Ferrari, ma per non dilungarmi troppo ne sceglierò solo alcuni, secondo me adatti a dare un assaggio della sua completezza.
La trama e l’ambientazione
Il primo aspetto riguarda la trama. Ho già anticipato che l’ambientazione è duplice. Marcello è un trentenne come tanti che, dopo la laura in Lettere, non riesce ad affermarsi professionalmente e, per un caso fortuito, si ritrova a vincere una borsa di dottorato e a lavorare ad una tesi, non scelta da lui ma dal suo Professore Sacrosanti (nome emblematico), su Tito Sella. Con quest’ultimo si apre la seconda ambientazione, quella degli anni ’70, studiata da Marcello con una passione che è andata crescendo man mano, tanto da farlo ritornare quasi indietro nel tempo e immedesimarsi in quel soggetto poco raccomandabile che, tuttavia, lo intriga e lo incuriosisce.
Le riflessioni di Marcello su Tito Sella, per le quali Marcello si discosta anche dalle direttive del suo Professore, sono acritiche e riflettono proprio la caratteristica dell’appellativo dato al ventennio ’60-’80 (“piombo”). Ma chi è Tito Sella? O, meglio, chi era, visto che gli studi di Marcello sono postumi?
Un rivoluzionario, fondatore di un’organizzazione chiamata “Ravachol”, dal nome della francese Brigata Ravachol, finalizzata non alla mera lotta armata, ma alla ribellione verso una società in cui i più poveri e deboli diventano ancora più poveri e deboli e, viceversa, i più ricchi e forti diventano sempre più ricchi e forti. E questa indole di Sella la dimostrerebbero le opere a lui attribuite, “Agiografie infami” e la presunta autobiografia, “La Fantasima”, di cui non vi sono tracce e su cui si basa il lavoro di dottorato di Marcello. Lavoro che, alla fine, diventa un’evoluzione di sé, un lavoro su se stesso. Non a caso, il titolo del libro è “La ricreazione è finita”!
Aspetti della vita comune
Ne “La ricreazione è finita”, Dario Ferrari mostra, in maniera davvero incredibile tanto rispecchia la realtà, tutto ciò che si cela (e quando uso il verbo “celare” non lo faccio in modo negativo) dietro al sistema universitario, fatto non solo di lezioni, esami e seminari. Leggiamo in modo esplicito i ragionamenti, le logiche, le formalità che accadono nei dipartimenti, nei ricevimenti, nelle riunioni. Entriamo nel “mondo del calcolo” che, ahimè, purtroppo c’è ovunque e vediamo come questo mondo viene vissuto, in modo particolare, dal lato di chi ha meno potere. Una bella fotografia, che farà sorridere chi vive ogni giorno di questo, amareggiare chi, in qualche modo, lo subisce.
Anche su questo aspetto manca la critica. Ho apprezzato molto che Ferrari si sia limitato a raccontare, senza giudicare. Sta al lettore interpretare i fatti in base al proprio sentire. Io, come ho detto, ne sono rimasta appassionata. Ho avuto spesso l’impressione di leggere realtà vissute.
Il genere
Non mi piace catalogare un libro. Una lettura può contenere tanti risvolti. Ed è proprio il caso di “La ricreazione è finita”. La piega “gialla” che prende la trama (e che non vi svelerò qui) non è esaustiva. Ci sono elementi storici di non poco conto che rendono questo romanzo uno storico, ma c’è anche una forte componente formativa.
Il protagonista cresce in tutti i sensi. Uno su tutti: la personalità. Lo studio su Sella, poco gradito inizialmente, diventa uno strumento per conoscersi, per analizzarsi e per capire quale risvolto dare alla sua vita. E diventa anche una chiave di lettura del romanzo che, ad un certo punto, procede su due binario che si sovrappongono, quasi a creare una storia nella storia, un romanzo nel romanzo.
Lo stile e il linguaggio
Che dire, sarei banale. Lo stile di Dario Ferrari è perfettamente funzionale al suo obiettivo: raccontare una realtà. Il linguaggio, infatti, è realistico; rispetta la duplice ambientazione tra presente e passato. Il ritmo è stabile, in linea con la realtà vissuta. Non rallenta, non si velocizza. La lettura procede alla stregua del vissuto quotidiano del protagonista. È lui, d’altronde, che narra.
Si potrebbe dire tanto altro, ma tante cose, che capirete, mi impongono di fermarmi.
Romanzo stra-consigliato, degno di un Premio che gli auguro.

Leggere mi stimola e mi riempie. L’ho sempre fatto, fin da piccola. Prediligo i classici, i romanzi storici, quelli ambientati in altre epoche e culture. Spero di riuscire a condividere con voi almeno parte dell’impatto che ha su di me tutto questo magico universo.