
Narrativa Contemporanea
PaginaUno Editore
23 maggio 2019
Cartaceo
138

"Credo di non amare più mio marito". Così si apre il diario segreto di Jeanne Bornand, moglie e lavoratrice, donna che è stata amante e amata e che si ritrova, ancora giovane ma vicina a non esserlo più, faccia a faccia con la sua estraneità alla vita cui le sue scelte l'hanno condotta. A finire implacabilmente sotto accusa è il matrimonio, nella sua prosaicità, nel suo insanabile scollamento dall'amore, ma una volta cominciato sembra che Jeanne non riesca più a fermarsi. L'intera società degli uomini, di cui le donne sono al tempo stesso vittime e complici, finisce sotto la sua critica spietata, tanto più feroce perché tinta della più lucida ironia. Introduzione di Sabrina Campolongo.
Credo di non amare più mio marito.
E pensare che tutta la mia famiglia immagina sia l’uomo della mia vita, dato che ho penato così tanto e così a lungo per lui, ho lavorato per lui, a causa sua. Ma è da questo che si misura forse l’amore? Io non credo. Quel che misura, ciò di cui è testimonianza non è piuttosto una certa obbedienza a un destino?
Comincia così il romanzo di Alice Rivaz, che con la sua opera letteraria anticipa le tematiche sviluppate successivamente dai movimenti femministi internazionali.
Stampato per la prima volta nel 1947 a Losanna, La pace degli alveari è stato a suo tempo accolto quasi con freddezza dalla critica a causa dell’approccio ribelle nei confronti dell’istituzione del matrimonio e dell’intero sistema dei valori maschili.
Il libro verrà ristampato e acclamato nel 1970 ponendo Alice Rivaz tra le pioniere del pensiero femminista europeo.
Jeanne crede di non amare più suo marito (ma l’ha mai veramente amato?) e da qui si sviluppa la trama del libro mettendo sotto accusa il matrimonio e di conseguenza l’intera società degli uomini.
“È così a ogni cambio di stagione, ma soprattutto quando torna la primavera. In ufficio non parliamo che di abiti, cappelli, scarpe e cartamodelli. Sembra che per qualche settimana tutti i valori siano ribaltati. Quello che cercavamo in noi stesse, nei libri, ai concerti, cioè qualche ragione per amare la vita, per credere negli altri e persino in noi, lo cerchiamo ora nelle vetrine dei negozi, lo chiediamo a un completo azzurro, a una gonna scozzese. Sono, ogni anno, quelle settimane febbrili in cui tutto sembra diventare o ridiventare possibile. Non desideriamo altro che il riconoscimento di piacere e di conquistare, grazie a una giacchetta bianca, a un abito a pois. Ci sentiamo tutte innamorate, ma di noi stesse…”
Partendo da piccoli fatti quotidiani (come l’acquisto di un cappello nuovo), la protagonista Jeanne si ritrova, ancora giovane, a sentirsi estranea alla vita che aveva scelto.
Criticando duramente il matrimonio e il suo inevitabile scollamento dell’amore, Alice Rivaz, con una scrittura leggera ed ironica, mette in luce le enormi sfaccettature della vita in due: l’essere vittima e complice allo stesso modo di un uomo, che, improvvisamente (o magari no… piano piano… giorno per giorno) diventa uno sconosciuto.
Una persona, che con la sua crudele sottile ironia, genera risentimenti non espressi esplicitamente ‘da quella che lui chiama moglie’ (per dirla nella versione di Fabrizio De André) ma che si concretizzano con una porta che sbatte, con sguardi taglienti, con muti rimproveri, che spinge a contraddirli perché il disagio ormai si è impossessato di loro e si è fatto spazio nella loro anima e nel loro essere donna ed ha ovviamente attecchito, anche a causa dell’egoismo e della mancanza di riguardi di colui che chiamano “l’uomo della vita”.
È una critica che comincia in modo leggero e sottile ma che proseguirà duramente ed in modo persistente per tutta la trama del libro.
Un romanzo secondo me che dovrebbero leggere tutti, uomini e donne.
Le donne per farle uscire dal limbo di un matrimonio che non ha più l’emozione e la palpitazione delle prime volte, in modo da prendere coscienza della vita che stanno vivendo e scuoterle, per far si che la loro vita riprenda vigore e il loro cervello riprenda a ragionare.
Gli uomini lo dovrebbero leggere per capire i propri sbagli, per farli scendere dal gradino più alto, per ridimensionarli e per fargli capire che al loro fianco hanno una persona pensante, intelligente e che insieme possono fare la differenza.
Non sono d’accordo con chi dice che la scrittrice abbia scritto un manifesto dicendo: “donne, siate libere”; piuttosto credo in un manifesto di consapevolezza del matrimonio: sapere che l’amore (questa grande emozione che ci toglie il fiato e ci fa vivere tra le nuvole) si trasforma con il tempo, lasciando spazio a qualcosa di più profondo, al rispetto l’uno dell’altro, alla pazienza, all’affrontare le difficoltà e all’essere consapevoli che insieme si è una forza.
Se poi tutto questo non dovesse succedere: pazienza, potremmo sempre dire di averci provato.

Sono principalmente moglie e mamma di due splendide ragazze ed ho la passione per la musica ma soprattutto per la lettura. Leggo di tutto romanzi, saggi, storici, ma non leggo libri nè di fantascienza né di horror.