Narrativa contemporanea
Self Publishing, Amazon Media
8 aprile 2018
Kindle e Copertina flessibile
275

Il testo racconta la difficile situazione in cui vive il protagonista, in qualche modo ingabbiato nei ricordi dolorosi, a cominciare dall'abbandono della moglie finlandese che ha portato via con sé la figlia piccola anche se, negli anni, lui ha potuto comunque mantenere un rapporto con lei, prima bambina e poi donna, e costruirne uno con il genero e i nipoti. Di fatto si tratta della narrazione di un'ossessione, quella per un certo tipo di donna in grado di renderlo infelice, che viene continuamente cercata per vivere ripetutamente il trauma. Dentro un contesto di difficoltà quotidiane, di lavoro perduto, impossibilità di ricevere la pensione e dunque di problemi economici cui si associano quelli di salute, di un uomo che invecchia in una solitudine che solo apparentemente ricerca mentre in effetti la rifiuta con tutto se stesso pensando sempre a nuovi amori che possano scaldare la sua vita, sogni che però non riesce a concretizzare fino quando.......
Come un flusso di coscienza che sgorga liberamente.
Appena aperto La follia o l’amore chi scrive ha trovato una famosa frase di Gregory Bateson tratta da Dove gli angeli esitano; dunque, ha pensato, comunque vada, sono in un territorio che mi interessa:
Il bello e il brutto, il letterale e il metaforico, il sano e il folle, il comico e il serio… perfino
l’amore e l’odio, sono tutti temi che oggi la scienza evita. Ma tra pochi anni, quando la spaccatura frani problemi della mente e i problemi della natura cesserà di essere un fattore determinante di ciò su cui è impossibile riflettere, essi diventeranno accessibili al pensiero formale
E, in ogni caso, è logico provare simpatia nei confronti di un protagonista ultrasessantenne, che racconta le sue difficoltà esistenziali, lavorative, relazionali; questioni rese più pesanti da quegli aspetti economici che oggi, nella società attuale (diversamente da quella contadina, per quanto dura possa essere l’esistenza), appaiono l’aspetto più difficile da gestire e affrontare nella quotidianità e nel progetto generale di vita, soprattutto se accompagnati da problemi di salute. Oltre tutto è difficile non sentire una certa commozione per il suo affetto di padre e nonno.
Inoltre c’è una forte condivisione su temi di fondo: per esempio su coloro che vanno sempre “in chiesa, quasi ogni sera, forse tutte le domeniche, non perdono una processione, salgono le scale strisciando le ginocchia sul selciato o sul marmo, salvo poi esplodere in improperi contro i propri parenti, contro i migranti che cercano rifugio dalla guerra, sarebbe questo l’amore cristiano che professano o dicono di professare”; o su chi ha una età come la sua, ha perso il lavoro, non sta bene né fisicamente né psicologicamente, deve arrabattarsi per sopravvivere e non riesce ad andare in pensione. Nonostante questo però, durante tutta la prima parte del testo l’autore rimane lontano dal lettore e il suo stile, pieno di rabbia e frustrazione, non è piacevole e certamente non suscita il desiderio di conoscerlo, né di persona né attraverso i suoi libri.
Bisogna attendere l’ultima parte per sentirsi davvero solidali con lui, quando finalmente il racconto diventa scorrevole e permette a chi scrive di sentirsi partecipe di tutta la narrazione che inizialmente, invece, l’aveva davvero costretta a faticare. Benché si condivida con angoscia, per chi è abituato al calore della mediterraneità e nello stesso tempo ha sempre considerato il Nord Europa un modello irraggiungibile di vita comunitaria, la descrizione di una Scandinavia, in particolare la Finlandia, non ospitale, non gradevole e, per certi versi, ai limiti dell’inciviltà; in un contesto ambientale, tra l’altro, terrificante solo da immaginare, in un freddo disumano, senza luce, senza sole. E con la consapevolezza che c’è nell’autore, come gli dirà la sua terapeuta, un’ossessione nella ricerca continua di questo luogo infernale, non solo esteriormente, ma anche nei rapporti umani; esperienza che infatti ha prodotto un trauma, come dice lui stesso, che evidentemente non è mai stato superato e che sembra, al contrario, voler ripetere in continuazione. Solo questa parte finale, però, riesce a spiegare il senso e le radici di tutta la prima parte del testo, scritta tra l’altro in un modo, a parere di chi scrive, non troppo scorrevole soprattutto per l’eccesso di citazioni non sempre necessarie e caratterizzato da una punteggiatura effettivamente un po’ eccentrica, qualche volta; per non parlare dell’inutile utilizzo di vocaboli difficili e inusitati come elicitare o postergare; gestalt poi al posto di relazione, storia, processo, esperienza ecc. sembra veramente forzato.
Quindi affrontare la parte iniziale, in effetti, si presenta come un’impresa faticosa e, a volte, sgradevole anche e soprattutto per la mancanza di un’autoironia che avrebbe reso invece la narrazione un po’ meno diario di frustrazioni e di autoesaltazioni e più un testo vero e proprio, oltre che certamente più piacevole da leggere.
In realtà non se ne sconsiglia la lettura, che potrebbe, invece, anche essere interessante, ma si suggerisce a coloro che sono naturalmente dotati della pazienza necessaria per attendere fino quasi alla conclusione per sentirsi davvero partecipi e alleati con l’autore.
E’ stata dura soprattutto assistere alla scena in cui il protagonista si sostituisce a Bateson in un metalogo (Un metalogo è una conversazione su un argomento problematico. Questa conversazione dovrebbe essere tale da rendere rilevanti non solo gli interventi dei partecipanti, ma la struttura stessa dell’intero dibattito, Pasquale Busso) in cui un amico gli pone delle domande. Sarebbe bene forse ricordare, oltre al resto, che Bateson, pur essendo stato uno dei più grandi pensatori del Novecento, per alcuni versi forse il più grande, è davvero poco conosciuto al di fuori di alcuni ambiti anche in contesti apparentemente colti e dunque che citarlo produce sempre un certo effetto; forse, però, bisognerebbe anche seguire il suo esempio e non farsi assillare continuamente dal desiderio di successo specialmente quando appare come un tentativo di rivalsa nei confronti delle proprie esperienze negative.
Per non parlare del modo in cui l’autore vede le donne: come esseri per rapportarsi ai quali bisogna avere denaro e successo, soprattutto il primo, che le mostra opportuniste e incapaci di sentimenti veri, a cui però continua ad essere legato ossessivamente. Chi scrive crede, invece, che sia molto diffuso l’interesse per il denaro e ha sentito, a volte, durante la lettura di quella che sembra un’accusa senza attenuanti, una sorpresa per il fatto che il protagonista abbia ancora delle relazioni umane con questa visione del mondo. Qui l’affetto, in effetti, è rivolto ai familiari, in particolare i discendenti, figlia e nipoti, cui tutto sommato è facile voler bene, visto che, tra l’altro, sono la garanzia della nostra immortalità. L’amore per la moglie dileguatasi nel gelo artico del Nord Europa senza una parola, invece, appare proprio un’ossessione che va ben al di là delle eventuali doti della signora in questione. Dunque manca un po’ di equilibrio, oltre naturalmente a quel senso dell’umorismo, al non prendersi troppo serio che avrebbe alleggerito, oltre alla sua quotidianità, tutto il testo facendo anche aumentare le vendite e realizzando il suo sogno. Cosa che gli auguriamo dal momento che la sofferenza ad oltranza non è auspicabile e che ogni essere umano ha diritto alla felicità; gli Americani lo hanno addirittura scritto nella loro costituzione.
Forse, però, bisognerebbe impegnarsi un po’ per questo risultato anche lavorando su se stesso e sul proprio modo di comunicare e relazionarsi, leggendo meno il DSM e i concetti sociologici, e guardando di più dentro noi stessi e i nostri comportamenti, soprattutto se si ha avuto la fortuna di conoscere e utilizzare i contesti terapeutici, cosa che, in effetti, alla fine il protagonista farà tornando in terapia e riuscendo così ad esprimere liberamente quello che ha davvero dentro mentre la sua terapeuta gli dirà:”Uccida il personaggio che sta rappresentando, lo faccia morire, servirà a lei, intendo, le servirà per separarsi dalle ossessioni!” Un’indicazione utile per molti di noi, tutto sommato.
E attraverso questo cambiamento arriva anche un progetto fondamentale per la vita dell’autore: “Quello di impiegare ogni attimo del tuo tempo alla ricerca della felicità, non importa se la raggiungi o meno, quel che rileva è che continuamente ti poni altri obiettivi, inventi sogni e terremoti, amori ed amicizie”.
Invece, in precedenza, in un metalogo il protagonista, ancora incatenato alle sue fissazioni, scrive:
“La famiglia è fondata sulla coppia che nasce da un uomo e da una donna, così come vuole la natura ancor prima dell’etica. Due persone di sesso opposto così come sono stati ideati dal creatore. Il cui fine è quello di mettere insieme un progetto comune di vita, dar luogo alla nascita di uno o più eredi, assicurarsi cure reciproche di ordine materiale e morale. […] La famiglia è la struttura prima che elicita l’altruismo, il donare per il puro piacere di farlo, che trasmette la percezione dell’egoismo come disvalore, così com’è giusto che sia”.
Chi scrive, che ha citato questo brano dal testo quasi integralmente (con la speranza di aver compreso male il pensiero dell’autore), si limita a dire che, per quanto sia lecito essere orgogliosi e fieri della propria discendenza, non è accettabile invece un certo disprezzo per altre modalità esistenziali che pure hanno tutto il diritto di esistere liberamente e di esprimersi, come indicano chiaramente anche alcune fonti legislative del nostro paese e anche di quelli nordici a cui il protagonista è tanto legato. Appare inoltre utile introdurre qui una famosa riflessione sulla famiglia, sicuramente articolata e ricca di esperienza terapeutica e di vita, di Ronald Laing, che aveva certo molte “connessioni” con il pensiero di Bateson e del gruppo di Palo Alto, all’interno di un’epoca in cui queste persone hanno cambiato le idee precostituite e poco realistiche sui gruppi familiari offrendone una visione molto più concreta, oltre che ricca e complessa:
La famiglia si può immaginare come una ragnatela, un fiore, una tomba, una prigione, un castello.
Nino Inzerillo, Nato a Palermo, nel 1956, sociologo, blogger, scrittore e saggista. Scrive per la rivista “Sigari!”, catador honoris causa, socio onorario di Alto Salento Cigar Club, Cigar Club Association Virtual Club. Ha lavorato come docente, ricercatore, sindacalista e ha avuto degli incarichi dalla Regione Sicilia in quanto esperto di orientamento e politiche attive del lavoro. Ha esordito con il romanzo Il terremoto inventato vincendo il premio twitter letterario italiano nel 2017, come miglior autore esordiente. Nel 2018 ha vinto lo stesso premio come miglior scrittore in assoluto. Ha scritto diversi libri servendosi della sua stilografica preferita, oggetto per cui ha una passione, come per i sigari di altà qualità, gli orologi ginevrini, i profumi di nicchia, gli smartphone progettati dalla casa di Cupertino (Apple), anche se si diletta nella modifica con un Android; lNinoInzerillofotolafolliaol’amorea Apple ha un suo sistema operativo (iOS) mentre Android e` un sistema operativo di Google.