Romanzo storico
Bompiani
24 gennaio 2024
cartaceo, ebook
312
Al centro di questo romanzo ci sono le ragazze: con i capelli al vento di chi attraversa la campagna in bicicletta, con le guance scavate perché il cibo scarseggia ma gli occhi ardenti di chi ha tutta la vita davanti, con le dita sottili che sono perfette per costruire le munizioni. Infatti, durante la Prima guerra mondiale, la fabbrica Sutter & Thévenot sceglie proprio la campagna lombarda per installare, a Castellazzo di Bollate, uno degli stabilimenti dove centinaia di donne giovanissime fanno i turni per rifornire i soldati al fronte.
E poi ci sono anche loro, i ragazzi, allontanati dalle famiglie e dal lavoro per andare a far carne da macello nelle trincee, con i cuori pieni di nostalgia e pronti ad accendersi quando arriva una cartolina vergata da una grafia femminile, come succede a Corrado che per amore arriva alla diserzione...
Ma è il 1918, la Storia sta accelerando: è così che Emilia, la piscinìna, la mattina del 7 giugno saluta i genitori senza sapere se li rivedrà, perché una grave esplosione investirà la fabbrica causando decine di vittime, quasi tutte donne e bambine. La produzione però riprende subito, in tempo di guerra le vite umane contano ancora meno del solito.
È così che Corrado e il padre di Emilia, Martino, con sua moglie Teresa dovranno accettare che la realtà è più dura dei sogni e il tempo scorre indifferente come il Seveso sotto il grande cielo.
“Così quel giorno una ragazza rischiava di morire: perché, alle tredici e cinquanta del 7 giugno 1918, stava semplicemente facendo il suo lavoro” – da “La fabbrica delle ragazze” di Ilaria Rossetti, Bompiani.
Nel 1918, durante la grande guerra, in un piccolo paese del milanese in riva al Seveso, i contadini cercano di sopravvivere come possono. C’è fame e miseria, molti uomini si trovano al fronte e altrettanti non faranno ritorno. Tocca alle donne provvedere al proprio sostentamento e a quello della famiglia. La giovane Emilia accetta di lavorare alla fabbrica di munizioni come tante altre giovani. “La fabbrica delle ragazze” che poi esploderà. La vita in quelle campagne non sarà più la stessa. Nel frattempo, suo padre Martino fa la conoscenza di un giovane disertore che è fuggito dal fronte per incontrare una donna con la quale corrispondeva, senza sapere che un carabiniere del posto gli sta dando la caccia accanitamente.
“La grazie e la maledizione delle cose grandi: riuscire a vivere in quelle piccole”
Martino e Teresa Minora sono marito e moglie. Il loro è un matrimonio, come tanti in quell’epoca e in quel territorio. Stiamo parlando delle campagne del milanese, nei primi del Novecento. Per i contadini c’era poco svago, tanto lavoro e povertà.
Teresa è una donna all’apparenza dura, unicamente perché poco avvezza alla gentilezza, tratto principale del carattere del marito Martino. Teresa non sa manifestare i propri sentimenti, li tiene tutti dentro di sé, è un’instancabile lavoratrice e ha un grande senso pratico. Tutti si chiedono il motivo che l’ha spinta sposare “lo zoppo”, Martino. La verità è che Teresa aveva saputo che dove viveva il giovane si viveva meglio rispetto a dove stava lei con la famiglia. E così, aveva accettato la sua proposta di matrimonio. Un’unione fatta di silenzi che la piccola Emilia aveva colmato.
“A lui la gentilezza veniva facile, lei, come tutti gli altri, non la capiva” – La fabbrica delle ragazze
Emilia, l’unica figlia dei Minora. Il loro bene prezioso, la loro “piscinìna” (piccolina), così chiamata anche quando si è fatta donna. Il suo papà, Martino, è un uomo reso zoppo da una brutta caduta da cavallo in gioventù, ma non per questo meno gentile. La persona più buona del paese, al punto tale da generare dubbi sulla sua intelligenza. Egli guarda la figlia come fosse un piccolo miracolo. Poco conta che sia una giovane contadina come le altre ragazze del posto, una che non ha potuto studiare e che lavora la terra insieme a loro. Emilia è una creatura preziosa, da proteggere.
Il sacerdote del paese, rendendosi conto dello stato di povertà nel quale versano i paesani, propone di mandare le figlie a lavorare alla Sutter & Thaventot affinché le famiglie possano contare su uno stipendio sicuro. Si tratta di una fabbrica dove si producono armi e munizioni. Le ragazze hanno mani sottili e adatte a far funzionare quei macchinari. Martino si oppone. La piscinìna, no. Non può andare in quel posto dove si maneggia materiale esplosivo. Dove si lavora dalla mattina presto fino a quando fa buio.
“A vent’anni l’infanzia le restava sopra il labro quando prendeva un sorso di latte, e lui si vergognava a farglielo notare”
Emilia, però, non è più una piscinìna. Ha vent’anni ed è una donna orgogliosa, che vuole aiutare la sua famiglia. Teresa lo capisce e appoggia questa decisione. Nessuno immagina quanto cambierà la loro vita…
Durante una gita solitaria in barca nel Seveso, Martino incontra un giovane disertore, Corrado. È un ragazzo come tanti, si presenta con prepotenza, obbligandolo a condurlo a Milano. Corrado è stanco della guerra, di avere paura, di uccidere e assistere alla morte dei commilitoni. È il momento di vivere l’amore e conoscere la sua “madrina di guerra”, Lucia. Lucia ha qualche anno più di lui ed è insegnante. È una di quelle donne che scrivono lettere ai soldati per infondere loro coraggio e affetto. Corrado si considera legato sentimentalmente a lei per le cose che si sono scritti, anche se non si sono mai visti. Desidera farle una sorpresa, presentarsi a casa sua e dichiararsi come si deve.
“Nessuno è mai davvero cattivo, nessuno è mai davvero buono”
In questo, c’è tutto l’impeto della giovane età, ma anche una buona dose di ingenuità. Fuggendo dal fronte, è diventato un disertore e non sa che qualcuno gli sta dando la caccia accanitamente.
Il carabiniere sottotenente, Ernesto Fumagalli, detto “drumedari” (dromedario) per il suo corpo allampanato e sbilenco, è stato al fronte sull’Isonzo. Ha ricevuto il congedo dopo esser stato colpito alla spalla, ma crede fortemente nella guerra. È sua ferma convinzione che la patria valga qualsiasi sacrificio, perciò prova rabbia e profondo disprezzo dei confronti dei disertori. Decide di catturare la recluta Corrado Scova e consegnarla alla giustizia, nonostante i colleghi la ritengano una faccenda di scarsa importanza. Ma Ernesto ne fa una questione di principio, perché lui al fronte c’è stato e ci tornerebbe se gli fosse possibile. Invece, è rientrato quasi menomato, in una casa dove vivono solo donne poiché il padre è morto da tempo. Ma egli reputa che il dovere di un soldato debba andare oltre a quello di figlio e fratello.
“Perché in fondo gli uomini credono solo a quel che desiderano e non a quel che esiste”
La narrazione di “La fabbrica delle ragazze” si fonda su un fatto realmente accaduto e scarsamente documentato: l’esplosione della Sutter & Thévenot il 7 giugno del 1918. L’Italia stava vivendo un periodo di grandi perdite, dovute alla guerra. Forse per questo la vicenda passò in secondo piano.
L’autrice si è recata sul posto, recuperando tutta la documentazione possibile, visitando una mostra fotografica che il Comune di Bollate aveva inaugurato nel 2012 per sensibilizzare gli abitanti sul dramma di quell’evento. Uno dei soldati americani, intervenuti dopo il disastro in aiuto della popolazione, fu nientemeno che Ernest Hemingway, allora diciottenne. Egli scrisse il racconto “Una storia naturale dei defunti” in memoria dei corpi dilaniati che aveva visto, sconvolto dal fatto che appartenessero a donne e a bambine.
“L’ha toccata e toccata ancora, controllando che la piccola donna seduta accanto a lei fosse davvero carne e sangue e calore e non appartenesse al mondo scuro in cui l’aveva sognata a lungo, durante quelle settimane d’angoscia“
La narrazione è scorrevole, il linguaggio semplice caratterizzato da qualche sporadico termine dialettale (comprensibile e spesso tradotto) per descrivere una caratteristica di qualche personaggio o per rendere un dialogo più coerente con il contesto. I personaggi sono tutti molto credibili, descritti con un’autenticità così toccante da risultare commovente. I loro sentimenti appaiono autentici, forti nella loro semplicità e molto toccanti proprio perché umani. Anche il contesto storico e sociale è impeccabilmente introdotto, una perfetta cornice per un quadro realistico quanto una fotografia.
Una lettura di forte impatto emotivo. Dolce e straziante, come quel padre che segue la figlia nel cortile alla mattina presto facendole chiaro con il lume. Osservandola mentre si reca al lavoro sulla sua bicicletta, fino a che non scompare dalla vista. È tutto ciò che un papà può fare per la sua piccina, anche se è già una donna. O come il sentimento che spinge un ragazzo ingenuo a fuggire dall’orrore per andare incontro all’illusione, scambiandola per amore.
“E perché le guerre, quando finiscono, non finiscono mai per tutti?”
“La fabbrica delle ragazze” è un romanzo veramente trascinante, dal ritmo rapido che genera commozione, ma anche rabbia e sconforto. La scrittura è bella e istruttiva perché porta l’ attenzione a fatti storici (e anche letterari) che, personalmente, ignoravo.
Vi interessano i romanzo che partono da eventi realmente accaduti?
Meraviglioso romanzo, che porta un contributo doveroso e doloroso. Molto attuale.