studi sociali e culturali
Graus Edizioni
10 maggio 2019
cartaceo
96
Carmine Zamprotta affronta le problematiche di Napoli, rappresentata come una città "insensibile" di fronte all'ascesa al potere della criminalità organizzata e sorda ai bisogni della società. Le infiltrazioni camorristiche, presenti ormai in ogni strato e settore, sotto l'occhio accomodante di politica e istituzioni, sono un elemento di causa-effetto che scatena e crea quanto di mortale e fetido c'è e può esserci nella cittadina partenopea e in tutta Italia.
Con lo stile diretto tipico di un'inchiesta giornalistica vengono analizzati avvenimenti crudi e spietati accaduti negli anni e che ancora oggi restano ben saldi nella memoria di chi li ha vissuti o di chi ne è stato spettatore. Un quadro clinico di argomenti di questi tempi scottanti, ma allo stesso tempo di estrema rilevanza per sanare le patologie che alterano la normale esistenza di una buona società.
“Nel capoluogo partenopeo si assaltano le ambulanze, si spara di sera in pieno centro, si è sottoposti ad atti di violenza e minacce quando si cerca la normalità, eppure ci ripetono che se anche le cose non vanno bene, gli autobus non passano, i servizi pubblici sono scadenti, Napoli è una città unica, bella, affollata di turisti”
Ah la mia Napoli… terra che mi dà gioie e dolori! E i miei sentimenti non possono che trovare conferma nella puntuale analisi che fa Carmine Zamprotta in “La città insensibile“. Nel leggere il titolo dell’opera, viene spontaneo chiedersi se possa essere possibile che una città sia insensibile… ma poi verso chi? Verso cosa?
Eppure, indossando una lente oggettiva, e quindi reale, ci si rende conto che l’insensibilità oggi è all’ordine del giorno, verso gli altri, verso i nostri luoghi, verso noi stessi.
Carmine Zamprotta pone in essere un vero report documentario e storico su Napoli, raccontando fatti di cronaca nera che l’hanno colpita nel passato, ma che, ancora oggi, sono vivi nella memoria e nei cortili delle strade. Penso al tragico incendio dell’85 nei Quartieri Spagnoli, dove ancora oggi è naturale chiedersi (e forse anche coscienzioso) se quella povera famiglia poteva essere salvata se, magari, il contesto sociale fosse stato più coerente con quei principi di civiltà che non dovrebbero mai procedere distaccati da un popolo. O alle numerose inchieste giudiziarie che si sono susseguite nel tempo per bloccare l’ingerenza di organizzazioni camorristiche in attività imprenditoriali o in celebrazioni religiose, in modo diretto e indiretto. O, ancora, alla tragica strage del Venerdì Santo del ’91.
Sono le 20.00, quando tra via Nardones e via Sant’Anna di Palazzo, nel cuore dei Quartieri, una pioggia di fuoco travolge i passanti, ignari del raid mortale che lascia per terra tre persone, mentre un’altra resta gravemente ferita. L’agguato raggiunge l’effetto sperato: in pochi attimi scoppia il caos, tutti fuggono, in tanti si lanciano alla ricerca di un riparo nei cortili dei palazzi o in quei pochi negozi rimasti ancora aperti per sfuggire alle pallottole che volano nell’aria.
Ma Zamprotta non si riferisce al solo passato di Napoli; tutt’altro. Usufruisce del passato per parlare dell’oggi, intriso di illegalità inconsapevole. È, infatti, ormai abitudine e “normalità” percorrere le strade della città e imbattersi in venditori ambulanti di prodotti “tarocco”; in parcheggiatori abusivi, che diventano addirittura punti di riferimento per salvarsi dal caos e dal traffico delle strade; in piazze dove poter facilmente e con comportamenti o parole in codice ottenere droghe in cambio di denaro.
Tutti sanno che Mina non frequenta più Gennaro, ma il suo silenzio è interpretato come un modo per proteggere dalla morte la sua vecchia fiamma.
Ma cos’è il libro di Zamprotta? Una denuncia su Napoli? Un infangare una città che è contenitore di meraviglie sia dal punto di vista paesaggistico che artistico? No, miei cari amici lettori. Seppure la denuncia politica è ben evidente, tutto questo serve all’autore soprattutto per farci rendere consapevoli della realtà che ci circonda; per spronarci a reagire, non con le parole, ma con i fatti.
Numerosi e continui sono i progetti che si attuano, partendo dalle basi. I bambini sono i principali destinatari: insegnando loro il “vivere civile” è possibile acquisire la cultura del giusto. E non parlo della giustizia soggettiva: quella lasciamola a chi non ama il proprio Paese; ma parlo della giustizia pura, che può essere trasmessa anche attraverso un libro. E se i bambini sono i principali destinatari di questo rinnovamento, la famiglia non può che esserne il nucleo centrale, per evitare il continuo proliferarsi di baby-gang o di boss-ragazzini.
Quello di Zamprotta è un invito ad aprire gli occhi e ad agire, non condannare. È un invito non a espatriare, ma a rimanere nella propria Terra, affermarsi, fare carriera e ergersi a esempio della vittoria della cultura sull’ignoranza e della “meglio gioventù” che resta. Perché sì… molte volte è l’ignoranza culturale ad avere un ruolo preponderante nella vita di una comunità. Un’ignoranza che è così endemica da non rimanere più relegata nelle periferie, dove spesso è più agevole il formarsi di realtà disagiate, ma di estendersi anche al centro-città.
I giovani possono trasformare dal basso i tratti caratteristici di una città insensibile. Basta solo volerlo.
Il tutto con uno stile reportistico-giornalistico. Il libro è uno scorrere di notizie, immagini, racconti che incidono sul lettore come un insieme di tanti flash che lo accecano. Ma è necessario accecarsi per sforzarsi di guardare, poi, meglio. Ed è questo il merito di La città insensibile: quello di rendere NOI sensibili dinanzi a questa insensibilità e di farlo con coraggio. Un’insensibilità che, purtroppo, non è solo partenopea…
Grazie Carmine Zamprotta per avermi fatto fare anche un esame di coscienza: quanto offro io alla mia città? Cosa posso fare di più? Come il mio contributo può rendere sensibile una città insensibile? E lo chiedo anche a voi, cari lettori.
Siamo in grado di essere sensibili e sensibilizzare?
Leggere mi stimola e mi riempie. L’ho sempre fatto, fin da piccola. Prediligo i classici, i romanzi storici, quelli ambientati in altre epoche e culture. Spero di riuscire a condividere con voi almeno parte dell’impatto che ha su di me tutto questo magico universo.