racconti
Vocifuoriscena
2020
cartaceo
190
Sono, i racconti di Simona Friuli, segnati da presenze pressoché costanti: un re, una regina e una figlia, al solito singolare, se non mostruosa.
Sono queste ultime, le figlie, le vere protagoniste: soggette solo a se stesse e al richiamo del sangue, arse dall’eros ma libere dal giogo maschile o, al più, indocili spose o in procinto di diventarle, comunque mai madri (le madri, se compaiono, hanno funzione marginale se non negativa: tutrici d’ordine, segregatrici, mercantesse, a volte, delle loro stesse figlie). Il maschile ha ruolo minimo, è un intruso, violatore in fondo impotente, soggetto ai raggiri e ai desideri delle femmine, padrone del campo.
Le storie e i personaggi di Indomite hanno radici robuste: affondano nell’antica tradizione delle fiabe (non però in quella edulcorata delle “fiabe per bambini”) e nella più nuova tradizione del raccontare femminile. Presenze illustri e rivendicate, accanto a molte altre, segrete: l’Angela Carter del Book of fairy tales, l’Heinrich von Kleist di Pentesilea, il Cesare Pavese di Dialoghi con Leucò.
Sul piano formale, il libro presenta una scrittura personalissima, sorretta da un linguaggio sontuoso, intessuto di termini arcaici, recuperati e talora reinventati, che nel susseguirsi di figure retoriche, grammaticali e di contenuto, conquista con una barocca musicalità, quasi ipnotica.
“Un fuso è il suo corpo e, si dice, sotto alla tunica seni di ferro nasconde con cui fare male e premere a sé. Il volto è amalgama d’angoli; laddove i fianchi fanno fattrice, ha anse e lame di ossa – ed è senza ciglia”
Una donna sui generis, certamente diversa dal nostro prototipo o ideale di donna, è quella che si incontra in Indomite. Storie di coronate e bestie di Simona Friuli, che oggi è oggetto di recensione.
“Indomite” è un termine che ci fa pensare, di primo acchitto, a tutte quelle donne che, andando contro gli ideali e gli stereotipi dei tempi in cui sono vissute, hanno offerto il loro rilevante contributo alla storia, rivoluzionandola anche! Non a caso, “Indomite” è proprio il titolo della serie cartonata francese, trasmessa anche in Italia nel 2020, che ripercorre le vite di questi personaggi forti e incisivi, tutt’altro rispetto ai ruoli di casalinghe, mogli e madri a cui la società voleva relegarle forzosamente.
Ma basti guardare la copertina del nostro libro, per intuire che le Indomite che incontreremo sono altro ancora. Non a caso, vi è raffigurata un’immagine di donna che non ci porta alla mente, di certo, la Venere di Botticelli o quella di Tiziano. Forse ci fa pensare di più alla Giuditta di Klimt, emblema della femme fatale, spietata e seduttrice, ma se ne discosta comunque. Vediamo una dama, ben vestita (con abiti dell’Ottocento), dallo sguardo freddo e determinato, che sorregge sulle spalle uno specchio in cui arde un corpo immobilizzato, forse, da fusti ramificati. E la tonalità? Altrettanto fredda, priva di emozioni, inquietante, ma affascinante.
E le donne di Indomite sono proprio quelle donne che si comportano da uomo, sorreggendo sulle proprie spalle quegli stessi uomini che, o le odiano o le amano, ne sono magicamente attratti, a tal punto da lasciarsi raggirare e degradare.
L’opera si compone di due sezioni: la Prima è dedicata a Le Selvagge, donne che incarnano tutt’altro che l’ideale di regalità principesca verso cui la madre o il padre vogliono indirizzarle. La Rossa, la Spinosa, la Mezzana, l’Animalessa e la Velenosa sono gli appellativi che le rappresentano, e non solo formalmente. La Spinosa, ad esempio, è detta tale proprio perché, pur di rimanere illibata, trafigge lei stessa il suo pretendente con spine che si ergono dal suo corpo; o, ancora, Mezzana richiama l’aspetto della donna, per metà umana e per metà animale (e la parte animale non si riflette nel solo aspetto fisico).
La seconda parte è dedicata a Le Coronate, figlie di re e regine solo per parto, cresciute sole e senza amore, perché non accettate o usate come mezzo per raggiungere fini altri. Anche in questa sezione, i nomi dei personaggi protagonisti sono emblematici e riflesso di una caratteristica che li contraddistingue: la Domata, la Bianca, la Buia, la Lussuriosa, la Preziosa, la Bestia Pelosa, la Fiammiferaia, la Principessa, la Castellana, la Bambina, la Fredda, la Lettrice, la Muta. La Preziosa, ad esempio, dopo essere stata cresciuta da una madre che mortalmente l’ha terrorizzata, anche nel semplice gesto del cullare e dopo essere stata scambiata come merce in cambio di una pelliccia, affronta il futuro che è stato scelto per lei con la determinazione e l’astuzia necessarie per trasformarsi da “colei che subisce” in “colei che ottiene ciò che vuole, sfruttando il prossimo”. La Buia, invece, affronta il suo futuro con violenza: è sinuosa e provocante nel suo ancheggiare, ma guai a volerla ammansire… e povera Fiammiferaia, che, barcollando per le strade buie, deve fare i conti con la realtà che è contraria a tutto ciò che lei pensava fosse reale, ma che invero aveva solo sognato!
Il tema del sogno non è presente nel solo racconto dedicato alla Fiammiferaia. Esso funge da mezzo per comunicare un messaggio che è comune a tutte le donne di Indomite, soprattutto alle Coronate, più avvezze a lasciarsi andare ai sogni che non fanno altro che confermare la cruda realtà. Ecco: la realtà è cruda e solo ergendosi a sua dominatrice, la donna può vincere e sopraffare il nemico.
“«Come vi chiamate?»
«Col nome che non è mio, ma che mi hanno dato»
«Da dove venite?»
«Da dove non ebbi madre, né padre, ma un vecchio che mi imbestiò»”
Ma chi sono questi nemici? Beh, vi presento l’entourage, che fa da contorno alle storie: i personaggi non sono molti e incarnano sempre le figure della madre (regina o dea), del padre (il re) e del promesso o pretendente. La madre può essere a buon ragione definita l’anti-madre: è una donna frustrata che proietta e sfoga le sue frustrazioni e il suo malcontento sulla figlia, crescendola priva di valori che non siano quelli materiali e privandola di sogni. La realtà per una donna è cruda e va accettata!
Il padre è un uomo vecchio e burbero che rigetta la figlia perché non nata maschio o perché associata alla stregoneria. Il risultato è la crescita della donna o in natura (ed ecco le Selvagge) o nella realtà che è loro capitata (contesto presente soprattutto in Le Coronate, ma non tutte).
Il maschio pretendente? Beh, viene descritto quasi sempre come un essere inutile, inetto, sopraffatto dal fascino e dalla bellezza della donna; è spesso un violentatore, che pensa solo ad avere un rapporto sessuale con l’Indomita e che, puntualmente, non va tanto a buon fine, vuoi per suo limite vuoi perché a gestire il tutto, questa volta, è il “gentil-sesso”.
Non nascondo il mio sorriso nel parlare di sesso “gentile”, ma lascio al lettore scoprire il motivo con la lettura dell’opera. È visto come un essere così vile da essere, in alcuni racconti, personificato in un serpente, o appellato in modo spregiativo (“orripilante”).
“Di questo colpava: non il coraggio, di cui Muta era forte, e codardia sua – peccato di re – era temere la vita. Perciò, nel mondo portandola, gli occhi chiudeva sui piedi suoi lacerati, volendo che niente a toccarlo venisse – non il suo sangue strano, non cosa umana”
In realtà, l’autrice ci offre un’altra piccola sezione, alla fine del libro, dedicata a Le Nascoste, ma lascio al lettore scoprire i segreti che si celano dietro queste, forse altre, figure femminili.
Lo stile è aulico, poetico, fiabesco. Il lettore si sente un aedo che decanta le gesta non dell’eroe epico, ma dell’eroina epica. Perché, dopo tutto, le Indomite sono anch’esse eroine, che, seppur in modo anomalo, sopravvivono alla realtà a cui la società o l’uomo vuole relegarle.
Il narratore racconta in terza persona e si rivolge spesso al lettore, coinvolgendolo nelle storie, o meglio, facendogli aprire gli occhi sulla realtà che sta raccontando. Il linguaggio è ricercato, con l’uso di termini antichi o di derivazione latina e greca. La sintassi della frase non è la classica e tradizionale che ci aspettiamo di trovare in un libro di narrativa; anzi, dà più spazio alla musicalità che al senso logico-grammaticale di quanto si sta raccontando. Invero, è strabiliante che di tale tecnica faccia sfoggio una giovanissima autrice.
Indomite è una lettura non leggera, ma consiglio a tutti di superare lo scoglio iniziale (se può essere considerato uno scoglio) della tecnica narrativa: non ve ne pentirete. Nonostante i contenuti non di lieto fine o fiabeschi (nel senso di fiabe a cui siamo abituati), anche Simona Friuli ci porta nel mondo delle fiabe. Non saranno, certo, quelle di “Biancaneve” o “Cenerentola”, ma sono fiabe che trovano la loro degna tradizione nella letteratura antica. Ed è sempre bello viaggiare in questi mondi, soprattutto se accompagnati dalle melodie di chi li racconta.
E a voi, quali eroine piacciono?
Leggere mi stimola e mi riempie. L’ho sempre fatto, fin da piccola. Prediligo i classici, i romanzi storici, quelli ambientati in altre epoche e culture. Spero di riuscire a condividere con voi almeno parte dell’impatto che ha su di me tutto questo magico universo.