Narrativa soprannaturale
Panesi Editori
28 Febbraio 2017
e-book
184
Una donna dalla vita travagliata assiste al brutale e insensato suicidio di un uomo. L'immagine sfuma, il nastro si riavvolge. Un uomo cresce da solo la propria figlia, con l'unico ausilio di una madre, la nonna della bambina, avvenente e bisognosa d'affetto. Perseguitato da misteriose visioni, decide di abbandonare tutto e tutti per il loro bene. Ma le visioni avranno fine solo abbracciandole, guardando in faccia il proprio essere più profondo. Chi è la donna senza volto, e cosa vuole da lui? Un dramma psicologico intessuto di incubi e deliri, in cui le colpe dei genitori ricadono sui figli in una spirale di sofferenza senza fine.
“Non chiedetevi se questo libro abbia un inizio e una fine. Ve lo svelo subito: non ce l’ha”
Immago di Isa Farlandi è un romanzo di narrativa soprannaturale, edito da Panesi.
Roberto è un uomo costretto a crescere da solo la propria figlia, col solo aiuto di sua madre Amelia, nonna della bambina. Ossessionato da un sogno ricorrente e strane visioni decide di abbandonare la sua vita per tutelare quella di sua figlia Carlotta. Fugge quindi, ma resta vittima delle sue visioni che termineranno solo nel momento in cui, sfidandole, guarderà in faccia la sua interiorità.
Il tema del romanzo è…. eh! Accidenti ci vorrebbe un tema per poterlo scrivere!
Andiamo con ordine.
LA TRAMA:
Lo scritto inizia nel presente, per poi riavvolgersi e ripartire da un certo punto del passato (non precisato) ripercorrendo il tempo e tornando nuovamente alla scena iniziale. Leggendolo ti aspetti che, prima o dopo, arrivi un particolare che chiarisca le pagine precedenti… ma niente.
Del resto la stessa scrittrice afferma che il lettore non troverà inizio né fine, il vero problema è che non c’è nemmeno uno svolgimento; i fatti si susseguono senza una logica e, sebbene sia splendido leggere un romanzo senza fine e fremere nell’attesa del successivo, al termine della lettura non resti nemmeno col fiato sospeso… principalmente non ha un perché.
LO STILE:
Le infinite descrizioni paesaggistiche sono costruite su insistenti e quanto mai noiosi ossimori che, talvolta, sfociano in accostamenti capaci di lasciare a bocca aperta!
“Il crepuscolo dell’alba” oppure ” il profumo acre degli alberi”, potrei citarne davvero mille, ma evito perché credetemi leggere questo libro è stata una violenza perpetrata sul mio libro di grammatica interiore. Tutto in questo scritto è “verdastro”, “arrugginito” “gelido” e “marcescente”.
Le ripetizioni sono elevate, come se già l’italiano non fosse una lingua povera di suo! Ma per quanto povera esistono in ogni caso 47.000 vocaboli di uso comune e se proprio si vuol ridurre all’osso ci sono comunque 6.500 parole nel vocabolario di base. Lo scritto presenta anche descrizioni olfattive, tante, troppe e tutte maleodoranti, tranne i capelli della bambina, che profumano di vaniglia come quelli di sua madre “una cosa scritta nel DNA” [?!?!??!].
Potrei dare qualche consiglio per migliorare? No, esistono limiti che un consiglio non può superare, apprezzo moltissimo chi si mette in discussione e ci prova, ma come afferma un famoso autore (non lo cito per onestà intellettuale, ergo: sapete tutti di chi si tratta)
“Non c’è niente di speciale nella scrittura.
Devi solo metterti davanti alla macchina da scrivere e iniziare a sanguinare”
Qui il sangue è uscito solo dagli occhi, il mio amore per la lettura è stato ferito.
Potrei sembrare estremamente esigente, lo so, ma la lettura costituisce uno dei patrimoni più alti dell’essere umano, e come tale deve quantomeno rispettare le regole di base della lingua.
Non mi sento di consigliare questo libro, a nessuno.
Cristina Agnesi
Non amo darmi titoli ma ne ho conseguito uno: dottoressa. Il che implica che io abbia una laurea; una soltanto, anche se i miei interessi spaziano in un territorio vastissimo che definirei ” Al di là del deserto”, (citando il titolo di un libro di uno dei più grandi filosofi contemporanei, a mio avviso… s’intende!!). Potrei dirvi che SONO una dottoressa, ma non lo farò, perché ESSERE qualcosa o qualcuno significa chiudersi in uno spazio troppo piccolo e privo di possibilità. Somiglio ad una cellula staminale, sono totipotente e VIVA! “So essere anche“: Una leader eccellente, Moglie mai (se non per burocrazia), compagna di vita di Marco sempre, mamma, Amica, dottoressa, lettrice, studiosa, scienziata, ricercatrice, comica, autrice, artista, pessima bugiarda, Apple addicted, pasticciera, antropologa, curiosa, innovativa, testarda …. E questa descrizione ovviamente non mi soddisfa ma: La modificherò secondo le necessità.