
Romanzo contemporaneo
Bertoni Editore
28 giugno 2021
Cartaceo, ebook
156

Un percorso fatto di incontri, avventure, sguardi, voluti o casuali, che si condensano in emozioni e ricordi dal sapore spesso onirico.
Le suggestioni che il viaggio evoca acquisiscono fattezze precise in figure femminili del passato, nell’assenza di un fratello ancora presente, con tante consapevolezze che pian piano affiorano in superficie.
Gli stivali vissuti da abbandonare e lo zaino carico di esperienze diventano metaforedi alleanze, amicizie, compagni di avventura ma anche di crescita, di trasformazione e di maturità.
“Il viaggio, gli stivali, lo zaino” di Andrea Crestale, edito Bertoni Editore, è un romanzo introspettivo.
Avete mai pensato che, spesso, sono i viaggi insoliti, quelli non pianificati oppure organizzati quasi per caso, che ci portano a conoscere i posti migliori?
È quello che narra Andrea nei ventinove capitoli di cui è composto il libro. Nel Prologo ci racconta che il primo viaggio che fece fu in compagnia del fratello. Ci illustra come due persone, legate da un rapporto di parentela, possano essere così diverse nell’organizzazione.
“Io, quando decido un viaggio, organizzo la partenza. Il percorso è un modo di percepire e di realizzare la soddisfazione di arrivare e l’obiettivo è il luogo di destinazione. (…) Lui, invece, parte quando non può più restare e il percorso è già l’obiettivo, mentre il punto d’arrivo rimane indefinito e senza perimetro”
Voi che tipo di viaggiatori siete?
La cosa migliore che ci portiamo via da ogni viaggio, lungo o breve che concludiamo, è il “bagaglio di esperienze”, unito ai racconti che ascoltiamo e di cui conserviamo memoria.
Andrea Crestale racconta la filosofia del viaggio: “La mia è voglia di sapere, di conoscere le persone già incontrate. Rivederle per capire come siano diventate. Chi siano adesso. Rivedermi ora nei loro occhi”.
Leggendo il suo libro, mi sono soffermata a pensare a tutte quelle persone che hanno incrociato la mia esistenza nel corso del tempo.
Cari lettori, voi ricordate tutti i volti e i nomi delle persone incontrate nel corso degli anni?
Andrea ha la speranza, o forse l’illusione, “di aver lasciato un segno nelle persone che ha incontrato”. La narrazione in prima persona offre al lettore una serie di confidenze e di ricordi.
Il protagonista viaggia leggero. Solo con uno zaino nel quale infila anche “un paio di vecchi stivali scamosciati”.
Ci invita a riflettere sul perché alcune persone sentano, più di altre, l’esigenza di partire. Forse per il senso di libertà che si prova, o per la curiosità di vedere posti nuovi oppure per sfuggire ad un ambiente domestico opprimente.
A voi cosa spinge ad intraprendere un viaggio?
Per l’autore è un modo per elaborare la sua ansia. Parte insieme a degli amici di vecchia data.
Mi ha colpito che i protagonisti camminano o si spostano spesso in silenzio, come se fossero concentrati sui loro passi e persi nei loro pensieri.
Andrea sa descrive molto bene gli attimi, gli incontri e le sensazioni legate al percorso intrapreso.
“Provai per la prima volta la sensazione di avere smarrito un pezzo di me. Cominciò in quel momento e crebbe piano piano con il passare dei mesi. Il tempo poi coprì con strati di ricordi quella storia, che rimase sepolta ma non dimenticata. È così che imparai che durano per sempre le cose che non sono state” – Il viaggio, gli stivali, lo zaino
Da questo estratto si può percepire la delicatezza della narrazione dell’autore.
Andrea viaggia per ricercare se stesso. C’è un senso di familiarità nel suo modo di scrivere, come se si rivolgesse a degli amici.
La parte più interessante di un itinerario sono le deviazioni che permettono di ritrovare persone che avevamo perso di vista. O di incontrarne di nuove.
“Il bagaglio è una metafora. Non è mai possibile lasciare i bagagli. Sono di tanti tipi. Li portiamo sempre con noi (…) Uso lo zaino perché è più comodo. Resta invisibile dietro, sulle spalle. Non lo vedi, lo senti. La sua presenza è discreta, anche rassicurante”
È un romanzo rilassante nel quale perdersi. La memoria vaga e ritorna ad altri viaggi.
“La vita ora è qui, fatta di minuti rubati, concessi, regalati. La sera si propone come uno scivolo verso lente ondate di sogni. Una discesa nel buio per vedere meglio i pensieri. Oblio per intuire. Silenzio per ascoltare il vento che soffia musiche nascoste. Mi chiedo: perché mi piacciono i viaggi? Perché è il cuore che non sta mai fermo.”
E a voi perché piace viaggiare?
Consiglio questo breve romanzo a tutti, viaggiatori e non, per farsi trasportare da tutte quelle sensazioni che un viaggio può offrire.
5 stelle ⭐⭐⭐⭐⭐

Mi chiamo Alessia. Sono un’insegnante di matematica e inglese. Vivo in provincia di Pavia. Adoro leggere (soprattutto gialli), fare yoga e cucinare.