
romanzo
Self-publishing
5 aprile 2020
cartaceo, ebook
468

Archimede, genio assoluto dell’umanità, attende con preoccupazione l’epilogo dell’assedio romano alla sua Siracusa che dura da ben due anni. Grazie alle armi del grande scienziato i Latini non sono riusciti a prendere la città con la forza, ma vi stanno riuscendo con la fame, e un esercito assetato di oro, di donne e di sangue preme per entrare in quella che per molti è la più bella delle colonie greche.
Tutti i suoi figli sono in grave pericolo, ma lo sono anche gli ultimi studi dello scienziato che rischiano anch’essi di essere travolti dalla furia della guerra. Paride, un giovanissimo servo dall’aspetto androgino, ha un’idea per portarli in salvo e non esita a metterla in pratica con l’aiuto di Archimede stesso. Inizierà così per il ragazzo un’incredibile avventura che lo porterà molto più lontano di quanto lui avesse mai potuto immaginare. Siamo nel 212 a.C., sei anni prima Annibale ha varcato le Alpi con i suoi elefanti per porre la parola fine all’ascesa di Roma, e Siracusa, dopo la morte del grande tiranno Gerone II, è diventata un ghiotto boccone tra Roma e Cartagine, per la seconda volta in guerra tra loro per la supremazia nel Mediterraneo occidentale.
Le vicende narrate nel romanzo, pur collocandosi fedelmente all’interno di questa cornice storica, sono da considerarsi di pura fantasia, mentre assolutamente oggettiva e approfondita è la luce che il libro vuole gettare sulla sorprendente scienza dei Greci.
“Pensò alla sua famiglia in pericolo, alla sorella in particolare, poi guardò i contenitori coi papiri d’Archimede rammentando le parole del genio sulla loro importanza per l’umanità. Pregò per l’anima dello scienziato, perché dentro di sé sapeva che era morto, e si mise in cammino”
Dalla citazione sembra di leggere una storia ambientata in Magna Grecia, nel III a.C., ai tempi dell’assedio di Roma ad una fiorente Siracusa… pane per i denti di un’appassionata di storia romana e greca come me! Tuttavia il romanzo, pur iniziando in tal senso e pur essendo contestualizzato in tale periodo storico, da forse testimonianza di un’esperienza antica diventa tutt’altro.
Questa premessa è doverosa per il lettore che, magari, si aspetta un racconto prettamente storico; rischia, infatti, di rimanerne deluso. E non perché Il viaggio delle spirali di Archimede di Alessandro Maga sia un romanzo da non leggere. Non intendo assolutamente dire questo, ci mancherebbe! Ma perché bisogna essere pronti a ciò che si va a leggere, altrimenti, come può accadere in questo caso, si rischia di confondere un po’ le idee.
Partiamo dal principio: siamo nel 212 a.C., in una Siracusa sofferente perché assediata da anni dai Romani, che vogliono assumerne il potere dopo la morte di Gerone II, e oggetto di contesa tra questi e i Cartaginesi. Guerra e fame predominano. Unica “isola nell’isola” ancora incontaminata è il quartiere in cui dimora Archimede, genio della scienza e non solo. Ancora per poco, in realtà: la storia la conosciamo… o, più precisamente, ne conosciamo gli aneddoti. Archimede è stato l’artefice delle armi da guerra che hanno reso difficile la guerra per Roma; è colui che deve scomparire, per tentare di completare l’assedio della città.
Intorno a questi fatti, storicamente attestati dalle fonti (per citarne alcune, Plutarco, Polibio, Livio), si inserisce la storia di Paride che, mentre inizialmente sembra essere fondamentale per l’avvicendarsi dei fatti, ad un tratto (anzi gradualmente) si distacca dalla trama principale. Lui deve portare a termine una missione fondamentale per il riscatto di Siracusa nei confronti di Roma; e lo farà… ma, a livello narrativo, diventa importante un altro aspetto, che finisce inevitabilmente per prevalere su tutto il racconto: la sua evoluzione e crescita personale.
Paride è un ragazzo mingherlino, dalle dolci fattezze, a causa delle quali spesso viene scambiato per una donna (trucco che gli sarà di non poco aiuto nel corso della missione). È uno schiavo, appassionato di scienza grazie al suo dominus Archimede, ma povero di esperienze, sia in fatto di vita che di ragazze. Il romanzo diventa (o forse è sempre stato) proprio questo: la missione di un personaggio non solo materiale, ma anche sostanziale. Le spirali di Archimede, insomma, rappresentano anche il mezzo attraverso cui Paride ottiene la libertà, e non solo nel senso di affrancamento.
“Archimede ha dimostrato che come in un recipiente la superficie dell’acqua non può essere più alta da una parte e più bassa in un’altra senza che il liquido seguendo la propria natura si sposti ad appianare qualsiasi dislivello, allo stesso modo tutti i punti della superficie del mare tendono a mantenere un’altezza comune, ossia una medesima distanza dal centro della Terra, e questa è proprio la caratteristica della sfera”
Altro aspetto di cui tener conto, prima di avvicendarsi nella lettura del romanzo, è che di storico c’è solo il contesto. La storia, infatti, è narrata in modo moderno e moderni sono i fatti che accadono. Durante il viaggio di Paride e durante i suoi incontri sia con uomini che con donne, non si ritrova il rispetto delle forme e dei topos dell’antica Roma. Anche il rapporto di Paride con il genere femminile sembra discostarsi molto da quelle che erano gli usi e i costumi delle popolane del paese. E penso a tutte le donne con cui lui si rapporta, da Kalliopi, a Bahya, a Veronika, per poi ritornare, almeno con la mente, di nuovo a Kalliopi. Lo stesso si può dire per il linguaggio: anch’esso molto moderno. Credo che l’intento di Alessandro Maga sia stato proprio questo: calare un racconto fantasioso nel contesto antico del III secolo a.C. Un contesto, d’altronde, molto ampio: Alessandro Maga si sposta agilmente tra il mondo latino, quello greco, quello celtico, quello punico e finanche egizio, con molta disinvoltura.
Paride è un eroe completamente moderno: ha la passione dell’uomo moderno, la sua sete di conoscenza, la sua voglia di vincere, il desiderio di osare, l’ostinazione nel raggiungimento della meta prefissata. Un personaggio ben costruito che, a mio parere, potrebbe addirittura dare nome al titolo, essendo questo proprio il suo viaggio, soprattutto interiore e personale.
“Si tirò su con in mano una piccola anfora e disse: «Non hai una bella cera ragazzo: meglio che tu ne beva un goccio. Devi attaccarti però, che qui si balla». Hektor sembrava divertito dai sobbalzi. Paride un po’ meno”
È, di certo, encomiabile l’abilità dell’autore nel creare un connubio dinamico tra storia e fantasia. Credo che il romanzo sia, per questo, adatto agli appassionati del genere ‘avventura’, che non disdegnano affatto profili storici. Per chi, invece, storia e fantasia non possono procedere di pari passo, il libro è sconsigliato.
Lo stile dell’autore è fresco e scorrevole, davvero degno di un buon romanzo d’avventura. I dialoghi rendono la storia di Paride più viva e vissuta; la parte narrativa viene raccontata dal punto di vista di Paride che, devo dire, più volte è sembrato molto più che un semplice schiavo. Ne rappresenta il versante colto, che non è di certo mancato nella storia dell’antico Impero. Il tempo della narrazione, invece, l’ho trovato un po’ lento, nonostante l’avventura di Paride, in sé e per sé, è molto dinamica. Alle volte sarebbe stato piacevole il dono della sintesi.
Una lettura leggera, che può, per qualche ora, distogliere l’attenzione del lettore dal tran tran quotidiano, permettendo di apprezzare anche nozioni storiche e scientifiche.

Leggere mi stimola e mi riempie. L’ho sempre fatto, fin da piccola. Prediligo i classici, i romanzi storici, quelli ambientati in altre epoche e culture. Spero di riuscire a condividere con voi almeno parte dell’impatto che ha su di me tutto questo magico universo.