
giallo
Ali Ribelli Edizioni
28 dicembre 2020
ebook
217

Un giovane avvocato riceve in carico un caso in apparenza semplice ma che nel corso delle indagini rivelerà una fitta impalcatura di apparenze. Si troverà allora costretto a evadere da gabbie, quattro fitte ragnatele tessute intorno a lui e al suo assistito.
Il valore delle neuroscienze è un giallo che attinge molto a questa affascinante disciplina, riuscendo a coniugare il genere a una scienza tutt'ora in divenire.
“Al riguardo c’è un’altra teoria. In quest’ottica di divisione dell’essere umano in quattro parti vi è prima di tutto il corpo, la parte fisica che interagisce direttamente con ogni impulso esterno. Poi c’è la mente che rappresenta le funzioni del cervello, di cui si ha una soggettiva coscienza. Lo spirito, invece, è l’elemento che permette all’uomo di avere una relazione intima con Dio. L’anima, infine, si riferisce sia alla parte materiale che a quella immateriale dell’uomo stesso”
“Il valore delle neuroscienze” di Andrea Cangiotti non costituisce un trattato di filosofia, né di psicofisica, come potrebbe sembrare dalla citazione che ho scelto come incipit della recensione. Ma, a mio parere, essa ci introduce in quella fitta trama di inter-relazioni che insistono tra parti indistinte dell’essere umano, il cui interagire fa inglobare, nell’ambito di uno stesso sistema, unità di natura e leggi differenti.
Non è una novità per la nostra mente suddividere per sezioni, categorie, dipartimenti. La mente, infatti, lavora proprio per associazione, raggruppando nello stesso insieme tutte le cose che hanno tratti in comune tra loro; ogni insieme, inevitabilmente, non ha punti di contatto con altri insiemi, dal momento che nulla hanno in comune. Ma è sempre così?
Il fulcro del romanzo ruota intorno ad un dilemma: possono la fisica e la chimica coesistere? Può un fisico trattare la chimica e viceversa? Peter sta scontando tutte le conseguenze negative dell’aver associato due discipline diverse; anche lui sembra essere quasi convinto che, da fisico, forse non avrebbe potuto avere tutte le competenze e specializzazioni richieste per lavorare ad un esperimento chimico; proprio lui deve comprendere che, non sempre, il ragionamento “per categorie” è valido. Ed è necessario lo faccia il prima possibile, se non vuole che la sua vita si fermi per tanto, tanto tempo, lontano dagli affetti e dal lavoro.
“Certo, una persona vede il male fuori quando questo è, prima di tutto, radicato dentro di sé. Tu non hai interpretato in malo modo quel gesto”
Eppure, non c’è solo Peter al centro della narrazione. Dalla vicenda che lo riguarda, partono, poi, tanti rami, ciascuno autonomo rispetto all’altro, con una storia diversa dall’altra, ma tutti intensamente collegati e finalizzati alla divulgazione di un messaggio, ossia l’importanza che la neuroscienza ha in ogni settore della vita in cui ci troviamo implicati. È affascinante analizzare la mente umana; lo è ancora di più farlo, soffermandosi sulle interazioni che sussistono tra la genetica del corpo umano, gli impulsi nervosi e le tendenze caratteriali e comportamentali che ispirano l’agire umano. Invero, Andrea Cangiotti, nel suo romanzo, applica questo principio in un contesto ben specifico, quale l’ambito giudiziario-processuale, conferendogli una nota di interesse maggiore. Il lettore vedrà applicarsi, nel concreto del caso di specie, tutto ciò che si trova teorizzato sia nel corso delle pagine che negli studi esterni al contesto dell’opera.
E ho apprezzato il fatto che, al di là del fatto processuale, ruotassero intorno alla vicenda dei satelliti, autonomi l’uno dall’altro, sia nella sostanza che nella forma. Oltre alla vicenda di Peter, infatti, assistiamo ad un difficile rapporto tra padre e figlio, succube del prestigio del genitore, che si riverbera sia nella sua vita professionale che personale; alle aree grigie che, spesso (ahimè), sottendono anche le più ambite professioni, alla ricerca di un compromesso o di un “tentativo” di convincimento, che va ben oltre la trasparenza e l’onestà che l’incarico rivestito richiede; alla crisi della famiglia, provocata da incomprensioni, da diversità di vedute, o, come si comprenderà, da inconsce predisposizioni della mente umana; alle falle della giustizia, che spesso punisce un innocente, o applica la legge al caso in modo difforme dall’idea che il comune sentire ha di giustizia.
Ma altri sentimenti sono presenti nell’opera di Andrea Cangiotti: la stima verso un uomo che, in nome della propria onestà, impegna anima e corpo nel voler far dichiarare l’innocenza del proprio assistito; il fascino verso uno studio, quale quello delle neuroscienze, restio ad essere applicato in tutti i campi della vita; l’umiltà nell’affidarsi e nel lasciarsi aiutare, anche da persone sconosciute, ma che forse hanno la soluzione al problema a portata di mano; l’amore, seppur burrascoso e incerto, verso il proprio genitore; la fiducia, nonostante tutto, nella giustizia; l’amore di una moglie verso il proprio marito.
Tanti temi, tanti personaggi, tanti contesti (i nostri “satelliti”)… ma tutti interattivi tra loro, sia dal punto di vista del contenuto della storia che dal punto di vista della risoluzione del caso. Il libro è ricco di riferimenti scientifici e letterari, datati e contemporanei. Le teorie alla base della difesa, che scopriremo cambiare nel corso della narrazione, sono poste con cognizione di causa; e questo, personalmente, lo apprezzo sempre in un testo. Allo stesso modo, c’è cognizione di causa nel condurre il lettore alla scoperta di studi e leggende che trovano riscontro ancora oggi nella realtà che ci circonda (penso alla tela di ragno, ad esempio).
“Michele gli parlò dell’esperimento di Newton e del fascio di luce che, attraversando un prisma, si scompone nei sette colori dell’arcobaleno.
All’inizio lo scienziato distinse solo cinque colori, aggiungendoci successivamente l’indaco e l’arancione; fu quindi possibile fare un’analogia con le sette note musicali: da, re, mi, fa, sol, la, si.
«Caspita, non sapevo di questo paragone», esultò Peter.
«E non è tutto. Se ci pensi bene il tuo violino fatto con la tela di ragno ingloba al suo interno un altro parallelismo, quello tra due materiali ‘apparentemente inconciliabili’»”
Lo stile di Andrea Cangiotti si conferma pulito e chiaro; la sua cura e dedizione nella scrittura continuano ad essere ben evidenti e manifeste in ciò che scrive. Il ritmo narrativo è rapido: gli eventi si susseguono l’uno dietro all’altro, tant’è vero che, talvolta, si fatica a percepire subito il cambio istantaneo di contesto e personaggi. Sembra di trovarsi davanti a pellicole cinematografiche che si accavallano l’una sull’altra senza titoli di coda o stacchi pubblicitaria che aiutino nel passaggio da una scena all’altra. Devo ammettere che, all’inizio della lettura, questa tecnica narrativa mi ha messo diverse volte in difficoltà. Non essendo, infatti, ancora matura nella conoscenza della vicenda e dei personaggi, mi risultava complicato essere perspicace dal punto di vista della narrazione.
Un altro aspetto che tengo a sottolineare, prima di salutarvi e darvi appuntamento alla prossima recensione, attiene al genere letterario di “Il valore delle neuroscienze“. Già all’inizio, vi ho detto che non ci troviamo di fronte ad un trattato; e, se l’autrice mi consente, non lo categorizzerei nemmeno nella sezione dei “gialli”, seppur ci sia un caso da risolvere (e in cui mancherebbe la caratteristica del mistero e dell’indagine propriamente investigativa). Lo definirei, piuttosto, un romanzo di vita vissuta, data l’enorme attualità delle tematiche trattate e delle vicende che si affrontano.
E voi, cosa ne pensate delle neuroscienze? Credete nell’inscindibilità dei rapporti tra il nostro sistema nervoso, la genetica e il nostro agire?

Leggere mi stimola e mi riempie. L’ho sempre fatto, fin da piccola. Prediligo i classici, i romanzi storici, quelli ambientati in altre epoche e culture. Spero di riuscire a condividere con voi almeno parte dell’impatto che ha su di me tutto questo magico universo.