Le lupe di Pompei #3
Romanzo storico
Fazi Editore
30 agosto 2024
Cartaceo, ebook
348
Sono trascorsi tre anni da quando Amara ha lasciato Pompei allontanandosi da Rufo e dalla figlioletta Rufina. Ora, grazie al suo patrono Demetrio, vive alla corte imperiale di Roma: è una donna libera e influente, vicina alle personalità politiche più potenti.
Nonostante lo sfarzo che la circonda e gli abiti e i gioielli costosi con cui Demetrio la vizia, la nostalgia dei suoi cari è sempre più dolorosa e, quando il volubile Domiziano minaccia la sua sicurezza, la ruota della dea Fortuna sembra girare a favore di Amara, che può finalmente abbandonare la capitale per tornare a casa.
Ma è il 79 d.C. e il Vesuvio è sempre più irrequieto, i terremoti si fanno più violenti e gli abitanti di Pompei si chiedono se vadano presi come oscuri presagi o accettati come parte della quotidianità.
In un crescendo di paura, Amara deve ancora una volta lottare per la propria vita e per quella di coloro che ama di più, tra cui la valorosa gladiatrice Britanna e il saggio Plinio, e lasciarsi alle spalle chi l’ha sempre usata; primo tra tutti Felicio, il proprietario del lupanare di Pompei, ma anche Demetrio, che attende il suo ritorno a Roma per prenderla in moglie.
Dalla corte imperiale fino alle pendici del Vesuvio, ormai pronto a esplodere, continua il difficile e coraggioso viaggio di Amara verso la libertà; questa volta, però, non c’è in gioco solo la sua salvezza, ma anche quella di sua figlia e dell’uomo che ama.
Una conclusione emozionante per una grande storia di determinazione e resistenza femminile.
“Il tempio di Fortuna” è l’ultimo capitolo della trilogia di Elodie Harper, edita Fazi Editore.
La vicenda si apre a Roma, nel settembre del 79 d.C. L’imperatore Tito ha deciso di separarsi da Berenice, la sua amante, anzi sua moglie de facto.
Raggiunto il culmine della Fortuna, la ruota riprende a girare verso il basso. Berenice ha cinquant’anni, ma il suo fisico non ha eguali, “è una donna potente, dalla formidabile intelligenza, che non teme di dire ciò che pensa”.
Lei e Plinia Amara hanno qualcosa in comune: non salirebbero mai su una nave che sta affondando! Il loro scopo è trionfare.
Amara ci sta riuscendo. La sua casa si trova sul vicus Longus, vicino al colle del Quirinale.
Le prostitute che, da sotto agli archi dei portoni, tentano di attirare i clienti, rimandano ad Amara ricordi di altre donne, che lei conosceva bene, a Pompei. In un’altra vita.
“Le meretrici straniere non sono ben viste a Roma; forse è meglio restare nascoste. Chissà se una pomposa cortigiana greca potrebbe ritrovarsi ad attirare la stessa violenza che… hanno voluto infliggere alla regina esiliata?”
Nell’Urbe si avverte un clima di violenza latente che ribolle e che sta per esplodere.
“Amara ha paura: è da troppo tempo che in città non si vede un cambio di potere pacifico”
Ora il suo patrono è Demetrio ma, nonostante la sua generosità pecuniaria e di sentimenti, Amara non può fare a meno di ritornare con la mente a Filone, “un uomo del cui amore non ha mai dubitato”.
Alcuni dei ventisei capitoli di cui si compone il libro sono narrati dallo speciale punto di vista di Plinio il Vecchio, al quale la protagonista è legata da un senso di lealtà e di affetto, in quanto divenne una donna libera grazie alla magnanimità del comandante.
Plinio conosce e apprezza l’intelligenza e l’acutezza di Plinia Amara.
Le conversazioni del comandante con Demetrio ci introducono nella politica romana del primo secolo d.C.
Elodie Harper si sofferma anche su particolari riguardanti la quotidianità dell’epoca: dai cosmetici utilizzati ai cibi che venivano gustati nei momenti di riposo.
Mentre assapora panini dolci e fichi, Amara legge una lettera che le giunge da Pompei. È da parte di Filone, che la tiene costantemente informata sulla salute della figlia, Rufina. Quanto è difficile per una madre stare lontana dalla propria bambina, non vederla crescere, non gioire dei suoi progressi quotidiani. Eppure lo sta facendo per lei, per garantirle un futuro migliore.
Amara è devota e affezionata a Demetrio, ma non prova per lui la stessa passione che provava per Filone, il cui pensiero riesce ancora a farla soffrire.
“Il giardino cinto da mura dov’è seduta non sembra più un luogo sicuro: non esiste palazzo abbastanza robusto da tenere lontano il passato. La sua vita di un tempo, quando era una prostituta al lupanare, e poi la concubina di Rufo, è ben nota al suo patrono… Ma il segreto che potrebbe distruggerla è una cosa che Demetrio non le perdonerebbe mai…” – Il tempio di Fortuna
Chi conosce questo segreto è Felicio, il padrone del lupanare presso il quale lavorava quando era una lupa. Lui ha in mano le chiavi della sua futura serenità. Lui e la dea Fortuna.
Ciò che rattrista Amara è il disinteresse di Demetrio nei confronti di Rufina. Inoltre, non ha mai assecondato la sua velata richiesta di portare la bambina a vivere a Roma con loro.
“Indugiare sui ricordi di Pompei le crea malessere. Il paragone con la vita in cui ha sperimentato il vero amore e l’amicizia non fa che alimentare in lei il disgusto per l’esistenza doppia che conduce attualmente”
In quest’ultimo capitolo, la liberta dell’ammiraglio è una manipolatrice, un’ammaliatrice, che si fida sempre e solo del suo istinto. È stato Felicio, una delle perone che Amara detesta di più, ad averle insegnato come lusingare le persone per farle parlare.
In compagnia di Amara e di Saturia, la giovane cortigiana di Domiziano, la Harper ci permette di assistere ai funerali dell’imperatore Vespasiano.
La cortigiana domanda a Plinia Amara di raccontarle qualcosa di sé. È l’occasione per l’autrice di fare un recap di quanto accaduto alla protagonista nei due romanzi precedenti.
A volte in Amara, pur a distanza di anni, “il passato si mescola al presente. Non è più Plinia Amara, la cortigiana altolocata di Roma, ma è una lupa che per sopravvivere deve affidarsi all’istinto”.
Demetrio, per renderla meno vulnerabile, le fa una proposta inattesa:
“Non puoi più essere la mia concubina. Penso che sarebbe più sicuro se diventassi mia moglie”
Il futuro sposo le chiede di lasciare Roma per un po’ di tempo. Così Amara e Plinio fanno ritorno a Pompei.
È l’ottobre del 79 d.C.
Nell’esergo dell’ottavo capitolo si legge una frase tratta dalle Epistulae di Plinio il Giovane:
“In precedenza c’erano state scosse
Di terremoto per molti giorni:
un fatto ricorrente, in Campania,
che non destò alcun panico”
La Pompei che si presentò ai loro occhi era irriconoscibile, con le statue in frantumi accatastate lungo i marciapiedi.
“Dopo Roma, Pompei le sembra piccola e letargica, con le sue basse case dipinte e le vie polverose. Amara non riesce a spiegarsi come la strada principale possa esserle sembrata ampia e maestosa. Il repulisti delle macerie lasciate dal terremoto fa apparire quel luogo ancora più fatiscente”
Amara si sente fuori luogo. È una vita pigra, più rilassata, quella a Pompei. Ha l’opportunità di incontrare, confidarsi e ricevere consigli dalle sue amiche: Giulia, Livia, Britanna e Drusilla.
Ha anche occasione di ripensare ai suoi amori, passati e presenti: Rufo e Demetrio, Filone e Menandro.
“Il pensiero la riempie di tristezza. Forse nulla scandisce lo scorrere del tempo con la stessa inesorabilità degli amori perduti”
I momenti e i dialoghi più belli e intensi di tutto il romanzo sono quelli fra Amara e Filone, pervasi da imbarazzo e passione repressa.
È un tuffo nel passato questo suo ritorno a Pompei.
Amara e Britanna, l’albionica, si recano a venerare il tempio di Fortuna.
“Fortuna è una dea volubile. Sempre meglio compiacerla.”
Proprio nel pieno dei preparativi per il matrimonio e dei progetti futuri, eccola che arriva: una potente scossa di terremoto. È il 24 ottobre del 79 d.C., una splendida giornata autunnale.
“Poi un boato, più clamoroso di qualsiasi rumore Amara abbia mai udito, scoppia sopra di loro (…) la luce inizia a offuscarsi come se stesse scendendo il tramonto a una velocità innaturale. Amara alza gli occhi: sopra la montagna si leva una colonna nera, che sale perforando il cielo come una lancia scagliata dal regno del dio del fuoco, Vulcano”
Il racconto della Harper è palpitante e concitato. In quei momenti, in cui i secondi sono preziosi, le persone si attardano per cercare di racimolare il maggior numero di oggetti preziosi o importanti che vorrebbero mettere al sicuro o portare con sé nella fuga.
La catastrofe ha inghiottito non solo la città e i suoi abitanti, ma anche le loro posizioni sociali.
La tragedia ha cancellato le loro vite passate e Amara è ritornata ad essere Timarete, come all’inizio della storia.
Mentre, un tempo, la cortigiana chiedeva a Fortuna di aiutarla a realizzare i suoi sogni ambiziosi, ora le chiede di sopravvivere. Un giorno ancora.
In quest’ultimo capitolo della serie, Elodie Harper ci racconta i pensieri di Amara, le sue preoccupazioni, le sue delusioni, i suoi dubbi, le sue speranze. Ma, soprattutto, l’autrice riesce a trasmetterci la fierezza della sua protagonista.
La trama di “Il tempio di Fortuna” si sviluppa da settembre del 79 d.C. a Roma fino ad aprile dell’81 d.C. a Napoli.
È una scrittura talmente appassionante, quella della Harper, che è impossibile non farsi assorbire in pieno dalla storia.
Dopo “Le lupe di Pompei” e “La casa dalla porta dorata”, so che “Il tempio di Fortuna” è l’ultimo capitolo della trilogia. Ma spero vivamente che possa esserci un seguito.
“La morte è sempre dietro l’angolo e Fortuna girerà la sua ruota, a prescindere dai piani di Amara”
5 stelle ⭐⭐⭐⭐⭐
Mi chiamo Alessia. Sono un’insegnante di matematica e inglese. Vivo in provincia di Pavia. Adoro leggere (soprattutto gialli), fare yoga e cucinare.