romanzo contemporaneo
IoScrittore
14 Maggio 2020
ebook
312
Mordere un sogno, strappare un sorriso, asciugare una lacrima. Cinque anime, cinque esistenze si perdono e si ritrovano dietro la porta di una minuscola patisserie ai margini di Parigi; Jacques e Josephine, capaci di impastare le loro vite con sapiente delicatezza, necessari l’una all’altro come ingredienti di un dolce mai finito. Irene, il cui sguardo racconta la capacità di equilibrare sbagli antichi e nuove possibilità; Enea il suo piccolo tesoro, dieci anni di poesia leggera, diretta e invincibile come l’infanzia. Infine François, che trova il coraggio di scrollarsi di dosso il gelo che gli opprime l’esistenza e abbracciare l’amore, come si fa in una notte di festa, d’inverno. Intorno a tutto Parigi, che sa essere scura e accogliente, come un mot du chocolat, un dolce al cui interno si trovano esattamente le parole che avevamo bisogno di sentire.
“E in cortile la tua assenza ferisce allo sguardo. Tutti quei gerani appassiti alla finestra e i ciclamini che implorano per un sorso d’acqua e le rose sfiorite che hanno smarrito la forza di pungere indici indiscreti con le loro ridicole spine rinsecchite.”
Fin dalle prime righe ho capito che avrei apprezzato questa lettura, una storia che si legge tutta d’un fiato, che ti trasporta in punta di piedi nella vita di questi individui cosi semplici, così reali, cosi familiari!
L’autrice ci prende per mano e ci accompagna nella tranquilla esistenza di 5 personaggi che vogliono dirci quello che sentono; hanno voglia di raccontare a noi, come in una pagina di diario, i loro sentimenti, le loro paure, le loro speranze.
Il sapore delle parole inaspettate è un romanzo che parla davvero delle parole: delle parole scritte in un diario, di quelle scritte in una lettera, ma anche delle parole scritte in un biglietto nascosto in un dolce di cioccolato; o ancora delle parole che ti frullano nella testa e non riesci a fermare, nemmeno di notte, quando vorresti solo dormire; oppure di quelle che ti frullano nella testa e non ti fanno più ricordare niente.
Il piccolo Enea, 10 anni di uomo cresciuto troppo in fretta, parla con noi attraverso un diario che si chiama Alberto, come il papà che non ha mai conosciuto.
Enea ci racconta come vede il mondo, ci spiega i sentimenti rendendoli concreti, ci racconta la tristezza come un groviglio di parole che si incastrano nella testa e non permettono al nonno Jacques di ricordarsi di vivere.
…adesso lui è rimasto solo. Cerca l’altra metà come un pazzo furioso. La mamma dice di lasciarlo stare, ma io vorrei aiutarlo. Dirgli di raccogliere i pezzetti del suo cuore e di ricordare come vanno messi insieme.
Il nonno Jacques, il protagonista romantico del nostro romanzo soffre, sì soffre, per amore.
Attraverso le sue lettere destinate a Josephine, la defunta moglie, compagna di una vita, racconta la sua sofferenza, la sua solitudine.
Come può un uomo della sua età, rassegnarsi a vivere senza la donna con la quale ha trascorso quasi tutta la sua intera esistenza?
Poi c’è Irene, così timida e riservata che quasi ti stupisci quando inizia a parlare di sé, a raccontarci della sua vita, del suo passato, del suo amato figlio, delle sue scelte.
Una donna dall’aspetto fragile, ma che, con una forza smisurata, ha lasciato l’Italia per crescere il suo bambino in una Parigi che è riuscita a darle una casa, un lavoro e una nuova famiglia.
La sua delicata determinazione non passa inosservata e cattura l’attenzione di François.
François, che ci racconta la sua depressione, quel male di vivere che accomuna gran parte della sua generazione oggi. La difficoltà di lasciarsi il passato alle spalle, insieme al piacere che si prova nel crogiolarsi in quel luogo sicuro che è la staticità.
Sarà che ha appena compiuto 40 anni, sarà che le parole a lui destinate sono state efficaci, o sarà la compagnia di Irene, ma anche per François è arrivato il momento di uscire dal guscio e affrontare la vita.
François usciva di casa raramente per lo più per andare a fare la spesa, aveva licenziato la domestica e lasciava che la sporcizia si accumulasse agli angoli delle stanze. Teneva le persiane abbassate e si muoveva nella penombra di quel luogo sicuro, che conosceva a menadito
Ho amato questo libro.
L’ho amato perché mi sono immedesimata in ognuno dei personaggi: ho sentito la loro tristezza, ho sentito l’amore, ho sentito la speranza, ho sentito che dentro ogni corpo c’è un groviglio di sentimenti che solo le parole possono tirare fuori.
Ho sentito, rischiando di cadere in quel luogo comune che gli uomini non sono isole e che tutti sono legati da un filo invisibile che, prima o poi, si riavvolge.
L’ho amato perché l’autrice è stata in grado di affrontare diversi temi, quali l’amore, il lutto, la depressione, la sofferenza; il tutto in un unico libro, il tutto attraverso gli occhi di tre generazione, il tutto senza parole ricercate, senza fronzoli, con infinita dolcezza.
L’autrice
Giulia Zorat è laureata in Giurisprudenza, ma non fa l’avvocato. Lavora nel settore della comunicazione digitale. Ha scritto articoli per Vogue Italia e Sul romanzo e racconti per Tuffi Rivista, Locomotiv e Tre racconti. Nel 2018, il suo racconto La balena 52-hertz è stato pubblicato all’interno dell’ebook Storie di scuola, edito da Giunti Scuola.
Ha vissuto in diverse città, ma Parigi è quella che le è rimasta più nel cuore, ispirando il suo primo romanzo.