
racconti, autobiografia
Felix Krull Editore
15 febbraio 2022
cartaceo
180

"Questi racconti", afferma Lodovica San Guedoro, "li ho scritti in un certo qual modo per tramandare quello che mi capitava da ragazza, e non solo, quando andavo per le vie del mondo. Il mostro di Firenze, o l'uomo che aveva tutta l'aria di esserlo, anche quello ho conosciuto. Svolgeva l'attività di affittacamere, e io sono stata sua ignara ospite per un pezzetto insieme a mio marito...
Questo libro è perciò una piccola rassegna delle molestie sessuali subite principalmente in Italia per la strada, nei cinema, nei parchi, sui bus, prima di espatriare e anche tornando in patria per vacanze. Ma è stato in Germania che, con mia cugina, sono andata vicino alla violenza carnale e sfuggita forse alla morte."
Ventisette racconti, ognuno dei quali è un'incantevole tessitura di ricordi multicolori, sfavillanti di luce e di bellezza, ognuno un episodio di un unico sogno: perché, per una misteriosa e affascinante alchimìa dello spirito, il passato si ripresenta agli occhi dell'anima con le movenze fluttuanti ed eteree di un lungo e vasto sogno, e a tal grado si mostra qui l'affinità di vita e sogno da indurre a riguardarlo, il passato, come il sogno già vissuto di quella stessa anima.
Una musica apollinea e mozartiana con Leimotiv tuttavia dionisiaco. Una narrazione con un motivo ricorrente, l'insidia sessuale, che riemerge sempre nel bel mezzo o alla fine di una rievocazione. Nel mare di armonia, regolarmente irrompe una dissonanza. Tutti i racconti fatalmente s'incagliano in quel punto.
Lo schema è contraddetto solo in tre di essi, significativamente intitolati "Dolce Stil Novo" (I, II e III). Sono prevalentemente brevi, come scritti su un'unghia, come fiori o farfalle che nascono, vivono e muoiono in poche ore e in quelle attingono alla massima vitalità e bellezza.
Ventisette sono i racconti che compongono la raccolta “Il mostro di Firenze e altri racconti” di Lodovica San Guedoro, edita da Felix Krull Editore. Nonostante siano numericamente cospicui, echeggia tra loro una sorta di filo invisibile che conferisce continuità ai componimenti. Continuità non di certo cronologica, come vedremo, ma contestuale, tematica, emotiva e stilistica.
Contestuale perché ci troviamo dinanzi a racconti per lo più brevi, se non brevissimi, narrati in prima persona dall’autrice. O forse sarebbe meglio dire dalla sua memoria. Traspare chiaramente, tra una frase e l’altra, quel flusso di ricordi che coglie l’animo umano nel momento in cui ci si immerge completamente nel proprio passato. Un flusso che non rispetta cronologie o date, ma solo ciò che riaffiora alla mente, pungolato da un dettaglio, da un nome, da un luogo. La narrazione diventa, così, carica di flashback e di intersezioni interne allo stesso racconto, che mostrano l’autrice nella sua più spontanea naturalezza, a dispetto di quanto si possa pensare limitandosi all’aulicismo che ne caratterizza lo stile.
Tematica perché le memorie traggono la loro origine da vicende, accadimenti, vicissitudini che una donna viveva e vive nella sua quotidianità rispetto ad atteggiamenti poco fascinosi di maschi attratti a tal punto dal genere opposto da dare luogo a frasi o comportamenti che rasentano talvolta la volgarità, talaltra l’offesa, dando luogo a fastidi, rabbie, incredulità in una ragazza che, da adulta, vuole trasformare questi ricordi in un monito.
Altro tema, infatti, presente in ogni racconto è l’invito alla reazione. Tra le righe, attraverso la sua esperienza, raccontata anche con un pizzico di ironia, lancia un forte messaggio alle donne. Non sottostare a comportamenti fisici o verbali che possano oltraggiare la propria dignità. Dal racconto di momenti di vita quotidiana, Lodovica San Guedoro fa si che ogni ragazza si immedesimi in lei. Quante volte sarà capitato, passando per una strada poco affollata o dinanzi ad un circolo di omiciattoli, di dover subire esclamazioni poco felici se non gesti che della felicità non hanno neanche mezza sillaba?
“Miracoli imprevedibili da colui che tiene in mano la penna, semplice esecutore delle volontà inconsce. E chi può mai sapere cosa succederà con l’episodio che mi sono prefissa di narrare oggi, per quanto non abbia troppo a che vedere con i sentimenti delicati” – Il mostro di Firenze e altri racconti
La continuità tra i racconti, come ho accennato, è anche emotiva. In realtà, di primo acchito, il lettore può sentirsi spaesato dal modo in cui la vicenda viene narrata dall’autrice. Ella, infatti, avvolge tutti i racconti in un’iniziale aurea idilliaca, dovuta di certo alla bellezza dei ricordi che ha della sua terra, della sua infanzia e della sua giovinezza. Quest’aurea, poi, viene spezzata dall’orco, dal bifolco, dal “mostro”, tale proprio perché distrugge il contesto di luce, portando ombre, se non buio. Il racconto si conclude con quello sguardo disincantato di chi è ormai rassegnata verso atteggiamenti del genere, ma non abbastanza da tacere su essi.
Altrettanta continuità si rinviene nello stile di Lodovica San Guedoro, coerente in tutta la raccolta. Linguaggio ricercato, sintassi complessa, significato profondo e molteplice. Non una semplice accusa verso un mondo che non va, non funziona, ma una culla di ricordi, riflessioni, sentimenti che, in tutto ciò che ha a che fare con l’autobiografico, inevitabilmente emerge.
Nonostante la ricercatezza che contraddistingue tutti i racconti, l’autrice non si distacca dal lettore, anzi. A lui si rivolge spesso, portandolo seco in questo viaggio nella memoria che fa sorridere, intenerire ma anche indisporre. Questa dualità è presente in ogni racconto: dall’ingenuità delle memorie napoletane alla viltà di personaggi opinabili; dalle spensieratezze della giovinezza siciliana allo squallore di quanto accade in un semplice viale adiacente una strada principale o davanti ad un semplice fruttivendolo; dalla determinatezza della fase romana e fiorentina alla mala fede di persone con cui ci si ritrova ad avere a che fare; dalla maturità anagrafica tedesca al pericolo e al terrore che consegue a mostruosità di pensiero e di tentativo. Il mostro di Firenze può annidarsi ovunque, insomma!
Una piccola sosta da ciò si ha nei racconti che prendono il nome dalla corrente poetica e letterario stilnovista. Qui a mancare è l’intento violentatore, da intendersi quale violenza non solo quella fisica ma anche quella verbale o mimica, che suscita traumi destinati a rimanere per sempre nell’animo di chi li subisce. E penso al pregiudizio che l’autrice, fin dall’infanzia, avrà nei confronti delle persone anziane, da cui la mamma le intima di stare lontana. Dicevo, manca l’intento violentatore ed è presente quella “buffagine” (passatemi il termine) propria del tale che, nell’ammirare una ragazza che cammina poco più distante da lui, si lascia andare in ossequi e omaggi verbali, tali da portare da un momento all’altro all’organizzazione di un matrimonio istantaneo!
La lettura de “Il mostro di Firenze e altri racconti” all’inizio può sembrare ostica, costruita; ma vi consiglio di continuare la lettura. Solo così riuscirete ad entrare nel mondo e negli stralci di vita dell’autrice, per poi comprendere e fare proprio il messaggio che ella vuole lasciare.

Leggere mi stimola e mi riempie. L’ho sempre fatto, fin da piccola. Prediligo i classici, i romanzi storici, quelli ambientati in altre epoche e culture. Spero di riuscire a condividere con voi almeno parte dell’impatto che ha su di me tutto questo magico universo.