Biografia
66thand2nd
19 novembre 2020
cartaceo, ebook
144
«Se la strada è scuola di vita, la bicicletta ne è maestra. E io, dopo tanta strada e tante bici, tirando di lima e ferro di saldatura, ho una storia da raccontare. La mia». Ernesto Colnago, il più grande telaista di sempre, «il Cellini della bicicletta», si racconta a Marco Pastonesi, ripercorrendo le tappe di una vita straordinaria: l’infanzia povera, le avventure come corridore, l’inizio dell’attività da garzone a operaio, la dura scalata da meccanico ad artigiano, le creazioni da eccellenza del made in Italy.
Con la schiettezza senza fronzoli di un uomo che si è fatto da sé, esplora la sua geografia (i Giri d’Italia con Fiorenzo Magni e i Tour de France al servizio di Eddy Merckx, i mondiali di Vittorio Adorni e Giuseppe Saronni); e analizza la sua scienza (l’età dell’acciaio, l’età dell’alluminio, l’età del carbonio), tra incontri e folgorazioni (con Fausto Coppi, Gianni Brera, Enzo Ferrari, papa Wojtyla…).
E ancora: pensieri e certezze rotonde, filosofia e religione del lavoro, fino alla clausura per la pandemia e alla nuova esplosione delle due ruote. Al centro della sua vita, la bicicletta: «Pedalare è un bellissimo verbo di movimento: ci sono i piedi come radice, ci sono le ali come suffisso, e c’è lo stesso infinito – are – di andare e volare, ma anche di pensare e immaginare, disegnare e organizzare».
“Pedalare è un bellissimo verbo di movimento: ci sono i piedi come radice, ci sono le ali come suffisso, e c’è lo stesso infinito -are- di andare e volare, ma anche di pensare e immaginare, disegnare e organizzare.”
Ho sempre creduto che ogni persona abbia una storia da raccontare, emozioni da regalare, insegnamenti da elargire, anche inconsapevolmente. Entrare nelle vite altrui attraverso dei libri è come vivere nuove avventure, viaggiare nel tempo e nello spazio, anche se solo col cuore e la mente. E mentre leggevo “Il maestro e la bicicletta”, mi sono trovata a pedalare insieme a nomi importanti del ciclismo, mi sono sentita addosso l’adrenalina delle gare, l’eccitazione di una sana competizione e la gioia di avere al proprio fianco una squadra che fa si che la vittoria diventi una gioia per tanti, e non solo per il singolo.
Devo confessarvi la mia più totale ignoranza riguardo a tutto ciò che ruota intorno alle biciclette. Prima di questo libro, conoscevo solo i nomi di alcuni dei più importanti ciclisti odierni e, a grandi linee, come funzionavano le gare che li vedono protagonisti.
Ma grazie alle parole di Ernesto Colnago mi si è aperto un mondo, fatto di semplicità e fatica, di passione per il proprio lavoro, di famiglia e amicizia. Un mondo pulito, onesto, che non ha mai perso di vista quella sana umiltà che fa si che le persone riescano a mantenere sempre la propria integrità morale, illuminino tutto ciò che gira loro intorno senza rendersi conto di splendere.
Ernesto Colnago nasce nel 1932 da una famiglia umile; papà contadino, mamma casalinga. Frequenta le scuole elementari a Cambiago e, per prendersi il diploma di scuola media, fa le serali. Suo padre voleva facesse il contadino come lui, un po’ perché aveva bisogno di aiuto nell’azienda di famiglia, un po’ perché non intravedeva per il suo ragazzo altri sbocchi lavorativi.
Ma il giovane Ernesto aveva già le idee abbastanza chiare. Non gli piaceva il mestiere del contadino, non lo sentiva adatto a lui. Pur consapevole di non rendere felici i suoi genitori, chiese loro di andare a lavorare da un elettricista. Il permesso gli venne accordato e da lì cominciò ad appassionarsi alla meccanica.
“Fu qui che per la prima volta vidi saldare. Mi sembrò da subito un’arte magica, divina, misteriosa. Ne rimasi stregato, o forse incantato, comunque attratto e affascinato”
La vera svolta la sua vita la ebbe nel 1945, quando gli venne offerta la possibilità di andare a lavorare a Milano, alla Gloria di Alfredo Focesi, un’importante fabbrica di biciclette. Il signor Focesi riforniva di bici i dilettanti; grazie ai trofei che riuscirono ad accaparrarsi molti dei suoi corridori, la sua fabbrica riuscì presto a farsi un nome nel mondo del ciclismo.
Alla Gloria, Ernesto Colnago imparò i fondamenti di quello che sarebbe stato il suo futuro mestiere. Lì nacque anche la sua passione per le due ruote. Partecipò a diverse gare e alcune le vinse in quel periodo, senza però mai arrivare al professionismo. La caduta alla Milano-Bussetto gli procurò la frattura del perone. Sembrerà strano, ma fu proprio grazie a quell’incidente che cominciò la sua carriera nel mondo della fabbricazione di biciclette. Costretto a lavorare a casa, si accorse ben presto che guadagnava molto di più in questo modo che in officina. Affittò una stanza da un contadino del paese e aprì la sua prima bottega.
“Da quel giorno non ebbi più padrone. Scoprii che c’era più soddisfazione, morale ed economica, a stare in proprio. Avevo idee da sviluppare, progetti da realizzare, sogni da esaudire”.
La prima bicicletta col marchio Colnago risale al 1954. Da quel momento in poi, fu un susseguirsi di idee, di modifiche, piccole e grandi, alle sue bici a far si che il marchio Colnago diventasse simbolo del buon ciclismo, della vittoria e della professionalità di un uomo che ha saputo costruire un regno con le sue sole mani.
Se dovessi individuare l’emozione principale che ha suscitato in me questo libro, direi, senza dubbio, la serenità. Man mano che la storia del signor Ernesto proseguiva, io mi sentivo in pace, e spesso mi trovavo a sorridere. È raro che un libro ti regali questo genere di emozioni.
Marco Pastonesi è riuscito a far trasparire da queste pagine il calore della semplicità, della vita vera, quella priva di fronzoli, di abbellimenti artificiali; quella che il signor Colnago ha vissuto e vive ancora. Abbiamo davanti solo un uomo, le sue mani e la sua volontà. Una persona che non scende a compromessi per raggiungere alte vette, che neanche ci prova. Ed è proprio questo suo essere candido, diretto e onesto, oltre alla sua grande abilità di inventore a fargli avere l’amicizia e il rispetto di corridori come Coppi, Bartali, Magni, Aldo Moser, Minardi e tantissimi altri. Diventano quasi membri della sua famiglia quei ragazzi che montano sulle sue bici: ognuno è speciale a modo suo, ognuno ha i suoi pregi e i suoi difetti; insieme riescono a dar vita ad una squadra affiatata e unita, sia in gara che nella vita di ogni giorno.
“Ho sempre voluto bene ai miei corridori. Non c’è un solo corridore cui voglia bene meno di altri, non c’è un solo corridore che non ricordi con affetto, non c’è un solo corridore cui non mi senta legato dalla parentela del ciclismo”
Non so se oggi esista ancora questo affiatamento tra i diversi membri di una squadra. Voi cosa ne pensate? E chissà se esistono altri “Ernesti Colnago”, artisti delle due ruote, poeti dei pedali. La filosofia di vita di questo umile grande uomo dovrebbe essere presa ad esempio da ciascuno di noi: bisogna essere felici di ciò che si è, ricchi di idee e di sogni e mai invidiosi della fortuna altrui. Vivere, per il nostro protagonista, significa amare e amarsi, accontentarsi ma non arrendersi, andare sempre avanti, grati per ogni giorno di sole che si prospetta. Non trovo modo migliore per concludere questa recensione che riportare una sua frase, semplice, diretta e vera esattamente come chi gli ha dato voce
La vita è un viaggio nella passione… Noi, anche in questo momento, siamo in viaggio. Un viaggio per il quale non abbiamo comprato il biglietto e del quale non si conoscono durata e destinazione.
Buona lettura a tutti!
Sahira
Sono emozione e di essa mi nutro
trovando scialbo ciò che non colora,
Sono emozione che con la penna divora
il bianco candido di un libro vissuto…