
Biografia
NeptUranus
20 gennaio 2022
Cartaceo
64

Lev Nikolaevic Tolstòj, il grande scrittore russo, uno dei giganti della letteratura mondiale, una notte decide di sottrarsi alla sua vita precedente di agi e di onori, ma anche di sospetti e sofferenza, e di fuggire da tutto e da tutti. Specie da sua moglie Sof’ja Andréevna che non lo capisce, lo opprime, non ha più fiducia in lui.
Ogni famiglia infelice, aveva scritto Tolstòj in Anna Karenina, è infelice a modo suo, e la sua lo aveva angustiato al punto da doversi salvare sottraendosi al dolore che lo soffocava.
In treno, forse alla fine diretto addirittura in Italia, lo accompagna il suo medico, Duschan Petrovic Makovickij, e Aleksandra L’vovna, una delle figlie, la sua amata Sasa. Lev non sa ancora che quello è il suo ultimo viaggio e che sta andando incontro alla morte.
Recensiamo per voi “Il gigante in fuga” di Massimo Trifirò per NeptUranus
“Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è infelice a modo suo” (scriveva Tolstoj, in “Anna Karenina”) e la sua famiglia lo aveva angustiato al punto da doversi salvare sottraendosi al dolore che lo soffocava.
Sicuramente questo breve scritto avrà il suo posto sul mio comodino, accanto ad “Anna Karenina“ e “Guerra e Pace“, capolavori indiscussi di Lev Nikolaevič Tolstoj.
Leggere questo libro è come fare un salto nella storia. Più volte ho messo questa frase nelle mie recensioni, forse un po’ di fortuna nello scegliere i libri. Entrare come spettatrice in uno scritto di poche parole, essenziali, precise, qualcuna anche di difficile comprensione, ma utile per fermare l’attimo.
In punta di piedi, ti ritrovi in una stazione piena di neve, con il freddo che ti taglia la faccia, e scorgi che da un vagone scende qualcuno che riconosci: il grande Tolstoj.
La storia è questa: Tolstoj scende da una carrozza di un treno, perché malato, viene ospitato dal capostazione e trascorre lì le ultime sue ore estreme, perdendo addirittura conoscenza.
Storia semplice direte voi: semplicissima vi rispondo ma… è qui la particolarità, il modo con cui il nostro autore (Massimo Trifirò) descrive tutto questo.
La stazione di Astàpovo (fra Mosca e Volgograd). Un paese come tanti, dove la vita trascorre tranquilla senza alcunché di rilevante da poter parlare… fino al 31 ottobre 1910 sera. Da un vagone di terza classe, scende un uomo vecchissimo (82 anni) con una lunga barba bianca, debilitato dalla polmonite. Ad Astàpovo non ci sono alberghi né ospedali. Gli dà, quindi, ricovero il capostazione nella sua piccola casa, dove rimane fino al 7 novembre 1910, alle ore 6.05, quando Tolstoj muore.
Dopo lo zar, era l’uomo più celebre e venerato in tutta la Russia.
In questo racconto, il nostro autore ci descrive
“la foresta di betulle oltre il confine dei binari immersa nell’oscurità, pareva esalare un respiro potente che muoveva l’aria e faceva sfarfallare la neve in turbini rapidi, che poi ricadevano al suolo con leggerezza o lambivano le gote arrossate di uomini e donne”.
Siamo lì anche noi; sentiamo il freddo sul nostro viso, i brividi del nostro corpo e ci stringiamo nel nostro cappotto, nel nostro foulard, mentre incrociamo la Storia.
Mentre facciamo le nostre riflessioni, perché abbiamo riconosciuto il grande Tolstoj, e ci chiediamo cosa stesse facendo li in quel posto sperduto, il nostro autore ci continua a descrivere la vita, i suoi viaggi, la sua malattia che lo sta consumando; ci spiega cosa erano gli autori in quel tempo per il popolo russo e per la Russia stessa.
“Era quello il luogo, il tempo, il paese, la Grande Madre Russia nella quale uno scrittore poteva rappresentare lo spirito della terra, la coscienza della nazione, la consolazione del vivere, la gioia”; “[…] l’epoca – molto diversa dall’oggi, certamente migliore – nella quale una penna valeva più di una borsa, le parole solenni di un creatore più di quelle misere e false di un politico”.
“Era quello il paese in cui esistevano lettori che amavano i loro autori perché li ritenevano parte di sé, della propria anima, diversamente dai nostri giorni tristi nei quali un libro troppo spesso è soltanto un oggetto, un’occasione di svago, subito consumato e dimenticato”.
Gli scrittori russi sono temuti perché a volte risultano autori “pesanti”, ma non è il caso di Tolstoj né del nostro autore Massimo Trifirò.
Un racconto che apre un mondo sulla fine dei giorni del grande Tolstoj.
Nelle vostre letture vi è mai capitato di incontrare la Storia?

Sono principalmente moglie e mamma di due splendide ragazze ed ho la passione per la musica ma soprattutto per la lettura. Leggo di tutto romanzi, saggi, storici, ma non leggo libri nè di fantascienza né di horror.