biografia
Ponte alle Grazie
13 gennaio 2022
cartaceo
256
In questa biografia sentimentale, Carabba parte da una storia vera per trasfigurarla in un grande romanzo, che ci svela il valore del dubbio, le acrobazie dell’entusiasmo, la fierezza della semplicità.
Perché è proprio lì, sul confine tra il pieno e il vuoto, dove la nebbia personale si dissolve nell’incontro con gli altri, che si nasconde la promessa dell’eternità.
“Cullato da sensazioni di potenza e dolcezza, decise di prolungare il digiuno a tempo indeterminato. Non si limitava a digiunare nella realtà. Voleva essere padrone di sé stesso nelle altre dimensioni. Tratteneva il respiro, frenava i battiti del cuore, scivolava in uno stato di torpore, si addormentava. Una specie di fantasma composto di benessere si staccava da lui e andava in giro nel mondo”
Enzo Fileno Carabba, l’autore di “Il digiunatore“, ha avuto la lungimirante idea di raccontarci la vita del più grande digiunatore dei nostri tempi, Giovanni Succi.
E non lo ha fatto solo perché voleva riscoprire la vita e le avventure di questo artista così particolare e incredibile nella sua unicità, ma perché in qualche modo era proprio il Succi, come veniva chiamato dalle sue parti, che lo chiamava. Perché aveva abitato vicino a dove l’autore è cresciuto; perché è seppellito in una zona che conosce, perché addirittura una sua pronipote è sua amica.
Perciò quando tutto si allinea, nel momento in cui si capisce di dover far conoscere a tutti la persona che il digiunatore è stato, si prendono foglio e penna e si inizia a scrivere; e partono le ricerche.
Questo romanzo racconta la vita del Succi dalla sua nascita, in una casa benestante dove la nonna faceva da padrona e che sarebbe stata per sempre, prima da viva e poi da morta, la voce ispiratrice di questo strambo nipote.
Giovanni Succi nasce a Cesenatico, posto amato in cui crescerà forte e sano; figlio di un padre rigoroso, uomo di affari dal piglio deciso, e di una madre assecondante e protettiva. Un’infanzia felice fatta di mare e di giornate passate a fantasticare sui tanti saltimbanchi che all’epoca rallegravano le piazze delle città e che facevano così innamorare il piccolo Giovanni delle loro esibizioni che lui non voleva far altro che diventare uno di loro.
Un artista del circo da guardare ed ammirare; ed in parte, alla fine è riuscito a realizzare il suo desiderio.
Tutto cambierà con la morte del padre in mare, di cui non verrà più trovato il corpo, ed il trasferimento dai parenti per la mancanza improvvisa di denaro. La sua vita, fino a quel momento spensierata, sarebbe cambiata definitivamente.
Ma sua nonna materna, un po’ sensitiva un po’ saggia, a volte troppo diretta ma sempre presente, riuscirà a impostare la strada di questo ragazzo confuso e perso; e con i pochi soldi messi da parte lo invoglierà a partire.
Il viaggio che il Succi farà sarà necessario per capire se stesso e per diventare quello che conosciamo tutti, il Digiunatore.
Il suo istinto lo porterà in vari posti dell’Africa, di cui si innamorerà ed in cui conoscerà l’altra persona fondamentale della sua vita, oltre a sua nonna: lo stregone. Per tutta la sua vita il Succi darà ascolto alle voci di questi due diversissimi consiglieri, sia nella realtà che nella sua testa; ed anche se a volte andranno in contrapposizione, loro rimarranno sempre le basi a cui aggrapparsi nei momenti più disperati.
Lo stregone lo salverà da una malaria che stava intaccando il fegato con il digiuno e con un elisir a dir poco miracoloso, che lo avrebbe rimesso in sesto e che gli avrebbe impedito di sentire le conseguenze del mancato nutrimento. Gli insegnerà il modo di controllare i suoi sensi, la sua mente ed il suo corpo, e di come parlare con loro.
Una volta tornato in Italia, con lo spirito del leone custodito nel suo profondo e con le nuove capacità acquisite, inizierà la sua carriera come digiunatore professionista, rimanendo chiuso in una gabbia di vetro al centro di un ristorante senza mangiare per tempi piuttosto lunghi; trenta giorni, quaranta, quindici, quelli che richiedeva il proprietario del locale per la sua pubblicità.
Può sembrare un lavoro strano e incredibile ma da quel momento in poi sarebbero sorti davvero tanti digiunatori sparsi nel mondo, ispirati comunque dalle prodezze del più grande.
Alla fine Giovanni era diventato il saltimbanco che tanto sognava essere da bambino, ma di certo non senza intoppi. Lo ricoverano due volte in manicomio per queste sue manie di rifiutare il cibo, arriverà a trovarsi senza soldi del tutto scoraggiato per poi esibirsi nelle città più importanti d’Europa. O ad essere addirittura il protagonista di un racconto del grande Kafka.
Una vita che sembra una storia inventata, per quanto è affasciante e al limite dell’incredibile, e che andava assolutamente raccontata.
Enzo Fileno Carabba poi ha trovato il modo giusto di farlo, con umorismo, leggerezza, con capitoli a volte esilaranti a volte profondi, ma mai e dico mai noiosi.
La mia paura più grande era imbattermi in una biografia di un uomo che si, poteva essere uno spartiacque fra il prima e il dopo, fra la società che era e quella che sarebbe divenuta, ma che comunque avrei sentito lontano; che non avrei capito. Ed invece l’autore ci ha fatto immergere in un mondo quasi fantastico dove non mangiare significava molto di più e dove il controllo o il rifiuto andavano oltre il semplice significato che gli si poteva attribuire.
Giovanni Succi, il digiunatore, guidato da sua nonna, dallo stregone e dallo spirito del leone sarebbe stato il precursore di qualcosa di nuovo. Avrebbe aperto le menti di tutti, anche dei più borghesi e spirituali intellettuali del primo novecento.
“Quando sentiva la voce dello stregone o della nonna, e ammesso che a volte li vedesse, coltivava queste suggestioni in modo consapevole, per fare ordine e tenere a bada la sua personalità dilagante… era allegro il suo modo di vivere e di raccontare. È questo lo spirito del leone.”
La storia di questo grande uomo è il frutto di ricerche approfondite, di letture dei suoi diari e di conversazioni di chi conosceva una persona che lo conosceva… è la favola di un uomo che voleva diventare un’artista e alla fine ha trovato il suo modo per essere ricordato.
È il messaggio di chi poteva rinunciare a qualcosa di vitale per raggiungere i suoi scopi e lo faceva in una maniera del tutto naturale.
È l’inizio di qualcosa di nuovo, che sarebbe rimasto nell’immaginario collettivo.
E noi, a cosa possiamo rinunciare di così necessario che possa in qualche modo migliorarci?
E a cosa vogliamo rinunciare per trovare la parte più profonda di noi?
Non sappiamo rispondere? E allora chiudiamo gli occhi e aspettiamo la voce del Succi, lui di certo saprà farlo.
Appassionata di lettura e scrittura fin da bambina, ho scritto e pubblicato quattro libri. Moglie e mamma, passo le mie giornate ad inventare storie d’amore per emozionare chi le leggerà.