
Saga familiare
Rizzoli
14 marzo 2023
cartaceo, ebook
400

Questa è la storia di cinque donne tenaci come ortiche. Una storia che ha inizio nel 1925 nel cuore di Coppedè, il quartiere più eccentrico di Roma.
Qui, tra le architetture fantastiche del Villino delle fate, Marianna Mori cresce insieme a cinque bizzarri fratelli, parla con i mosaici all'ingresso, prepara intrugli magici e, quando l'amore non si intromette, legge alla perfezione i cuori delle persone che la circondano. Quell'amore per lei prenderà il nome di Carlo Ricci, pittore che con i suoi tratti intelligenti e lo sguardo scuro le toglie il fiato, prima di scomparire. Sua nipote, Ginevra, cresce tra gli agi e le luci degli anni Sessanta e dalla zia ha preso il gusto per gli uomini sbagliati: trasferitasi a Torino, cerca di dimenticare una vecchia ossessione tra le braccia di un giovane dal sorriso sempre pronto. Si dice che tutto sembra funzionare, finché lui non le chiede di sposarlo.
Quando torna a Roma aspetta già Emma, nata con gli occhi da demone e il naso a forma di virgola, che una volta cresciuta dovrà capire come un perfetto amore d'infanzia possa trasformarsi in un deludente e zoppicante rapporto tra adulti.
Curiose quanto le figure di pietra che addobbano il Villino in cui finiscono sempre per ritrovarsi, le Mori non si dimenticano.
“Si chiese a quale spietato genere di truffa appartenesse la passione, che ancora una volta si confermava foriera di guai” – da “Il destino dell’ortica” di Flavia Cercato, Rizzoli.
Elisabetta, Marianna, Ginevra e Emma appartengono alla famiglia Mori. Quattro generazioni diverse, ognuna figlia della propria epoca. Sono indomite, forse stravaganti. Inseguono l’amore, cadendo tra le braccia di uomini inaffidabili, rifuggendo da una vita fatta di stabilità. Ognuna di loro va incontro al proprio destino, pronta a rinascere dopo la rovina, proprio come l’ortica.
“Era una farfalla senza l’intenzione di dischiudersi, perfettamente a proprio agio dentro a un bozzolo che le assomigliava”
Marianna è l’unica femmina della famiglia Mori, arrivata dopo cinque maschi. E’ una creatura bella e taciturna, evita la vita mondana sentendosi perfettamente felice all’interno dei cancelli della dimora famigliare. Ha il dono della premonizione attraverso sogni, visioni e sensazioni, oltre saper leggere i tarocchi. Con il passare del tempo diventa la dannazione della madre Elisabetta, la quale teme che possa non trovare un marito adeguato a causa delle sue stravaganze e del suo carattere schivo.
“Pensò che dopo aver posato disarmata per l’uomo che amava, niente le avrebbe più fatto paura”
Anche Elisabetta è stata giovane e bella. A suo tempo, si era assoggettata al volere dei genitori, accettando di sposare Vittorio Mori, padre dei suoi figli. Poiché si trattava di un uomo attraente, dal fascino indiscusso, si era sentita grata verso la sua buona sorte per quel matrimonio.
Pur andando d’amore e d’accordo con Vittorio, Elisabetta aveva dovuto sorvolare su alcune sue avventure occasionali. Poiché lui le era comunque devoto ed era un ottimo padre per i loro figli, aveva finito con l’accettare anche ciò che non le pareva accettabile.
Ginevra è l’unica figlia di Ranieri, primogenito dei coniugi Mori. È un affermato ginecologo, che sogna per la sua bambina un futuro nel campo della medicina. Ha un’adorazione per lei così vivace, arguta e molto bella. Per sfuggire alle opprimenti attenzioni della madre, donna pavida e apprensiva, accetta ogni occasione d’evasione che il padre le offre, insegnandole, inconsapevolmente, a mentire affinché possa vivere spensieratamente la sua infanzia, senza rimbotti e musi lunghi. Ginevra crescerà imparando a simulare come un’attrice consumata. Non intraprenderà gli studi di medicina, preferendo una laurea in lettere, senza avere idea alcuna in merito al suo futuro professionale. È colta, bellissima e viziata. Una giovane donna incosciente e passionale, pronta a lasciarsi alle spalle il certo per gettarsi a capofitto sull’incerto.
“Non si rendeva conto della bellezza che portava in giro. E questo era senz’altro un vantaggio” – Il destino dell’ortica
Emma è sua figlia, non sa chi sia suo padre, ma non le importa più di quel tanto perché è adorata dai nonni. Solo la zia Marianna, inizialmente, scrutava con sospetto i suoi occhi da demonio con diffidenza. È inquieta, esattamente come sua madre. Desidera l’avventura e un briciolo di follia, che non trova nel suo matrimonio, con un coetaneo che conosce da sempre.
“Ogni scelta, ogni azione, da tempo era compiuta per compiacere nessun altro se stessa. E questa, a suo avviso, era una libertà impagabile” – Il destino dell’ortica
“Il destino dell’ortica” è una storia che inizia nel 1925 e finisce nel 2018. Mette a confronto quattro generazioni di donne nate in periodi diversi, ognuna vive il proprio a modo suo. Il comune denominatore è l’inquietudine, a volte soffocata deliberatamente, altre esplosa con tanto di scintille, a seconda delle possibilità di ognuna. Per Elisabetta e Marianna doveva necessariamente bruciare sotto le ceneri di un’epoca dove contava soprattutto la rispettabilità. Per Ginevra ed Emma, invece, si manifesta nella ricerca di una felicità effimera, menzognera e molto sconveniente. Nessuna è disposta a soccombere, proprio come le ortiche, più le si sradica e più ricrescono.
La narrazione è cronologicamente ordinata, il linguaggio è semplice e la lettura scorrevole. Il ritmo è incostante. Rapido nella prima metà, più lento nella seconda. Probabilmente perché le vicende delle protagoniste più giovani si somigliano molto, così come il loro percorso, quindi si ha l’impressione di una certa ripetitività.
“Il destino dell’ortica” è un racconto decisamente al femminile. I personaggi maschili appaiono incolori, deboli e sbiaditi. La trama è abbastanza realistica e interessante. I capitoli, pur essendo lunghi, sono fluenti.
“Il denaro non tradiva e non mentiva, oltre a garantire libertà e sicurezza“
La scrittura di Flavia Cercato è brillante e scorrevole. Ho letto volentieri e assai agevolmente il suo romanzo perché il racconto di diverse generazioni di donne a confronto è un soggetto sempre affascinante.
Ho adorato Marianna, personaggio migliore in assoluto per originalità e spessore. Le altre tre protagoniste, invece, mi sono sembrate detestabili. Se l’autrice non le avesse dotate di avvenenza esteriore, credo avrebbe avuto ben poco di che narrare. La bellezza è, a mio avviso, la loro unica attrattiva, in quanto non ho scorto né in Ginevra né in Emma la stessa forza d’animo e profondità di pensiero della zia. Così come Elisabetta mi è sembrata instabile e tesa unicamente verso l’apparenza.
Detto questo, penso che la storia sia ben articolata e la lettura comunque piacevole grazie alla capacità dell’autrice di inquadrare bene i contesti e la relativa mentalità. Poi ci riserva qualche inaspettato colpo di scena che non guasta mai.
Vi piacciono le saghe tutte al femminile?