Romanzo contemporaneo
Mondadori
28 febbraio 2023
cartaceo, ebook
228
È la vigilia di Natale e Alessio Gorgosalice si affretta sul vialetto di Villa della Pace, la residenza per anziani in cui vive nonna Armida. Ha bisogno di parlare con lei. Non che si aspetti grandi risposte la demenza senile le consente a stento di riconoscere chi ha davanti. Ma il suo obiettivo, forse, è un altro.
Alessio ha poco più di trent'anni, fa l'assicuratore e ha una vita estremamente regolare. E' sposato con Isabella e insieme abitano in una villetta a schiera acquistata grazie all'aiuto del suocero e scrupolosamente arredata coi mobili prodotti in serie da un "mobilificio incapannonato al centro della campagna, una specie di microcosmo in miniatura, un'epitome di mondo, un museo della creazione". Ogni giorno Isabella, ingegnere che si occupa di progettare e collaudare impianti, una mente votata ai calcoli e alle previsioni, gli prepara un pasto sano da portarsi al lavoro, che Alessio accetta con un sorriso.
Ma sotto la superficie levigata di una vita come tante - il matrimonio, il desiderio di paternità, la dedizione al lavoro - fremono istinti selvaggi, risvegliati dalla relazione extraconiugale che Alessio intrattiene con Barbara. La recita che è sempre stata la sua vita si è incrinata in modo irreparabile e in lui stanno esondando pulsioni impossibili da arginare.
“I genitori sono la palestra del bene, educano a cosa vuol dire amare” – da “Il bene che ti voglio” di Sandro Frizziero, edito Mondadori.
Alessio si trova al cospetto della nonna ricoverata in una casa di riposo. È affetta da demenza e tiene tra le mani un bambolotto, in quanto pare possa dare benefici a chi soffre di tale patologia. Lui le parla, riflettendo sulla sua vita e facendo ammissioni con se stesso che non oserebbe proferire a voce alta. Ripensa con nostalgia all’ex amante e alla sua vita attuale, apparentemente perfetta.
“L’infanzia è una nebulosa. L’età adulta, invece, è tutta un’oscillazione tra massimi e minimi emozionali, una sinusoide completamente sballottata di qua e di là tra felicità immense e incredibili preoccupazioni”
Alessio è un assicuratore, è un marito, un padre e anche un nipote molto affezionato a sua nonna, Armida, ammalata di Alzheimer e ricoverata in una casa di riposo.
La signora Armida è stata una nonna molto amorevole per lui, una donna forte e di fibra robusta. Lavorava alle dipendenze di una contessa come governante, cameriera e sarta. Originaria delle campagne del Polesine, ha trasmesso a figli e nipoti i suoi sani valori. Quando i genitori di Alessio morirono in seguito ad un incidente, lei si prese cura di lui nel migliore dei modi. Il padre del giovane era il figlio con il quale aveva più affinità e lui è il solo parente che le fa regolarmente visita alla casa di riposo, nonostante la sua mente ottenebrata dalla malattia gli impedisca di riconoscerlo.
“Dov’è andato il nostro bene, nonna? È evaporato…”
Alessio è in apparenza un uomo ordinario. Ha circa trent’anni e una vita uguale a quella di tanti. Un lavoro ben remunerato e una confortante routine famigliare che ama. Eppure, è pieno di tormenti. Ripensa con struggente nostalgia e senso di colpa, alla sua ex amante Barbara, rivolgendosi idealmente a lei come se gli fosse accanto. Forse per dirle le cose taciute e rimaste in lui o forse perché, a modo suo, l’ha amata e ne sente la mancanza. La loro relazione aveva innescato una serie di pulsioni difficili da controllare, incompatibili con la sua vita perfetta.
“È il bene che mi frega. Quel bene che parte dalla chimica, dalle ghiandole esocrine, dai fenomeni che impongono di volere fortemente qualcuno vicino a sé” – Il bene che ti voglio
Barbara è un’insegnante di origini siciliane, dalle forme prorompenti in un corpo morbido e abbondante. Una donna che lo ha amato molto e gli ha dimostrato passione e capacità di ascolto. Sognava una vita con lui, pur non pretendendo nulla poiché ne conosceva gli impegni. Una persona semplice e insoddisfatta del proprio aspetto esteriore, per il quale lui invece provava attrazione. È molto diversa da sua moglie Isabella.
“Isabella è una montagna alta e aspra, attraversata da sentieri ripidi che si aprono su improvvisi panorami. Alessio è una pianura faticosamente sottratta alle acque”
Isabella è una donna in carriera, un’ingegnere di successo. Ha un corpo esile e un aspetto raffinato. Appartiene ad una famiglia benestante, suo padre ha anticipato il denaro per l’acquisto della loro villetta ed è un notaio molto conosciuto. È la donna che sa cosa è giusto per lui e della quale si fida ciecamente, oltre a volerle molto bene per quello che è e per avergli dato Filippo, il loro bambino del quale lui è follemente innamorato.
“La mia sbandierata autonomia, l’unicità delle mie percezioni, dei miei ricordi, si sgretolano al primo soffio di vento, non valgono nulla”
Il linguaggio narrativo è piuttosto complesso e ricco di vocaboli non di uso comune; per questo motivo, il ritmo è piuttosto lento. “Il bene che ti voglio” è un racconto esclusivamente introspettivo, narrato in prima persona dal protagonista, che parla a se stesso, alla nonna e all’ex amante. I concetti espressi non sono di semplice comprensione, come pure la trama, il cui filone non è ben delineato. Tocca al lettore coglierlo, cosa non alla portata di tutti.
I paragrafi sono lunghi, la trama non è suddivisa in capitoli e questo rende la lettura meno fluida e spasmodica. Si tratta indubbiamente di una scrittura bella, ricca e quasi lirica. Essa denota cultura, cura e grandi capacità narrative. Anche l’idea di fondo è ottima ma, a mio parere, non accessibile a ogni lettore. Alla sottoscritta purtroppo no, e lo dico con rammarico.
Non sono riuscita ad apprezzare i personaggi, in particolar modo il protagonista che mi risultava incomprensibile e, a tratti, quasi folle. Non ho neppure compreso il finale. Purtroppo l’autore usa un linguaggio del quale io non posseggo la chiave di lettura. Non mi sento di dire che il romanzo non sia funzionante o pessimo. Non mi permetterei mai di esprimere un giudizio del genere, non sarei sincera. Direi che l’incapacità di comprensione deriva da un limite esclusivamente mio (carenza di attenzione? Cultura insufficiente? Scarsa perspicacia? O tutte e tre le cose…?).
Tutto questo mi ha trasmesso sentimenti negativi in quanto, quando mi capita di non essere in grado di cogliere il significato di una storia, provo un senso di inadeguatezza e me ne rammarico…
Vi è mai accaduto?