narrativa contemporanea
Mondadori
25 ottobre 2022
cartaceo, ebook
252
È il 1939 e siamo in una placida cittadina cecoslovacca adagiata sulle rive di un fiume. Margit e János sono cresciuti pattinando sul ghiaccio e correndo nei boschi, dipingendo con la madre e ascoltando jazz col padre. Ma il giorno in cui i tedeschi invadono Praga, la loro vita cambia per sempre. Hanno appena undici e sette anni e, come tanti bambini ebrei, sono costretti a diventare adulti da un giorno all’altro.
Le parate naziste e le svastiche che compaiono sulla bottega del padre sono solo la prima avvisaglia: nel giro di qualche stagione cominciano i rastrellamenti. Prima di essere catturati, i genitori riescono a nascondere Margit e János dai vicini di casa, ma proteggere gli ebrei è verboten, si rischia la fucilazione, e i signori Roth sono costretti a lasciarli andare. Accade così che nel bel mezzo dell’inverno due fratellini inizino a vagare per i campi e le foreste della Boemia, e che presto scoprano di non essere i soli: altri bambini, orfani come loro, stanno attraversando l’Europa alla ricerca della salvezza. Si forma un gruppetto capitanato dal quindicenne Frantz, cuore grande e carisma da capobranco: è l’inizio di un viaggio che durerà diversi anni, durante i quali i sei ragazzini impareranno a cacciare, a fabbricarsi ripari di fortuna e a proteggersi l’un l’altro, proprio come una famiglia. Un cammino destinato a concludersi in Italia, in una grande casa sulle Alpi bergamasche, a Selvino, dove un gruppo di militanti della Brigata ebraica sta accogliendo centinaia di bambini sopravvissuti alla guerra e ai campi di sterminio, per restituire loro l’infanzia perduta e traghettarli verso la terra promessa, Haretz Israel.
Con questo nuovo romanzo, Rosa Ventrella ci consegna una pagina di Storia poco nota, la vicenda dei bambini di Haretz, affidandola alla voce limpida e toccante della giovane Margit. Il risultato è una straordinaria epopea di resilienza e sacrificio, innocenza e coraggio.
“Era l’alba quando i nazisti lasciarono la nostra casa, portandosi via la mamma e il papà. Gli uccellini cantavano e la cosa mi diede quasi fastidio. Che la vita là fuori nei suoi elementi essenziali andasse avanti, che la notte si alternasse al giorno, che il ciclo della natura continuasse imperturbabile, mentre noi eravamo solo polvere e foglie, io e Janos dei sopravvissuti, dentro un purgatorio immobile di gesti che non erano più umani” – da “I Bambini di Haretz” di Rosa Ventrella, edito Mondadori
È difficile essere bambini in tempo di guerra, quando tutto ciò che conosci e ami ti viene portato via. Prima la serenità, poi la scuola, da cui i bambini ebrei vengono allontanati; poi il negozio di tuo padre viene distrutto e, alla fine, vieni allontanato dall’abbraccio dei tuoi genitori, costretto a nasconderti e fuggire nel freddo di un gelido inverno, perché sei ebreo. Solo per questo.
“Mi avvicinai alla mamma, accoccolandomi tra le sue braccia. Mi mancava già così tanto il suo affetto e la sua dolcezza. Avrei voluto che il tempo si fermasse lì, in quell’abbraccio, avrei voluto trasmettere quella parte liquida di perché potesse portarla sempre con sé”
Margit ha solamente dodici anni e il suo fratellino Janos otto quando, soli e spaventati, con una piccola valigia e l’orsacchiotto del piccolo, sono costretti a nascondersi e a fuggire dalla furia nazista, dopo la cattura dei loro genitori. Sono pagine di storia dolorose e strazianti quelle in cui Rosa Ventrella ci narra il loro viaggio.
“Si possono consegnare due bambini al mondo sconosciuto nel bel mezzo dell’inverno? Non c’era più umanità nei gesti degli uomini, vigeva una sola parola d’ordine: sopravvivenza” – I Bambini di Haretz
Il cammino dei due fratelli parte da un paesino della Cecoslovacchia, invasa dai tedeschi, per poi spostarsi tra i boschi, dove incontrano altri bambini in fuga, che si nascondono al nemico. Insieme a loro, arrivano alle porte dell’inferno, Auschwitz, per cercare di strappare altre anime innocenti dalla furia nazista. Proseguono in un viaggio lungo e tormentato, lunghissimo e pericoloso, attraverso le foreste della Boemia, in cammino tra le terre martoriate dell’Europa.
“I bambini di Haretz” si svolge, nella parte finale, anche in Italia, dove giungono i sopravvissuti alla ricerca di un posto sicuro e libero, in Palestina, in viaggio verso la Terra Promessa e a Parigi.
“La guerra costringeva noi a crescere troppo in fretta, saltando le tappe e dimenticando l’innocenza”
Orrori indicibili, violenza, fame, paura, sconforto, saranno compagni crudeli del viaggio dei piccoli ebrei. I due fratelli incontreranno anche la solidarietà, l’affetto, e l’amicizia: sentimenti rari e preziosi in un mondo in cui l’umanità sembrava aver dimenticato il significato di questa parola.
Sei bambini che impareranno a essere una famiglia, a proteggersi l’un l’altro, a trovare conforto e sostegno tra di loro, uniti da un legame forgiato dalla lotta alla sopravvivenza, dalla ricerca del calore familiare a cui sono stati strappati.
Rosa Ventrella scrive con grande empatia pagine strazianti e drammatiche, soprattutto perché ne sono protagonisti dei bambini. Anime pure che non hanno fatto alcun male, costrette a separarsi dai propri cari, a vivere in condizioni terribili, ma senza mai dimenticare l’amore che li lega. Bellissimo e intenso il personaggio di Margit: la protagonista de “I bambini di Haretz”, che, da bambina spensierata e felice, deve crescere d’un colpo, prendersi cura del suo fratellino, amarlo, proteggerlo e custodirlo, al posto della loro mamma.
“Provai così tanto amore per lui in quel momento che temetti potesse scoppiarmi il cuore. Avrei vissuto per lui da quel momento, non certo per me, solo per Janos”
L’autrice ha saputo rendere magnificamente la tensione e l’orrore di questo periodo storico, senza risparmiarci nulla, ma rendendoci partecipi di tutti i sentimenti, gli affanni, le paure che tormentano il cuore di questi bambini.
Rosa Ventrella è una delle mie autrici preferite perché è capace di parlare al cuore del lettore, lasciando indelebilmente incise in lui sensazioni e emozioni con storie indimenticabili e, nel caso de “ I bambini di Haretz”, con un romanzo struggente, intenso e commovente.
“Come si poteva raccontare quel che ci era successo? A chi poteva servire conoscere nel profondo l’abominio dell’animo umano? Il suo stadio più gretto. Se avessi saputo raccontare, avrei scelto di parlare del coraggio, dell’eroismo dei pochi, della forza di tutti quei bambini soli. Anime pure”
Vi piacciono i romanzi storici che ci portano in epoche passate?
Salve, sono Giusy e sono un’appassionata lettrice da quando ero una bambina. Mi piace leggere praticamente di tutto, dai classici, ai romanzi d’amore, ma amo soprattutto la narrativa contemporanea. Adoro i manga giapponesi e scrivo racconti.