
romanzo contemporaneo
Iperborea
marzo 2022
cartaceo
288

Barrøy, una delle tante isolette a sud delle Lofoten, è nei primi decenni del Novecento il piccolo regno di una sola famiglia, che dell’isola porta il nome e in cui convivono tre generazioni.
È in questo luogo fatto di periodici silenzi e di onnipresenti orizzonti, «la cosa più importante che hanno quassù», che cresce Ingrid Barrøy, ultima nata di una stirpe abituata a una vita poco più che di sussistenza. Scarsa terra da coltivare, qualche pascolo per le pecore, la torba da cavare, la pesca: queste sono le risorse messe a frutto con caparbietà da suo padre Hans e dal vecchio nonno Martin, tra ondate di neve e uragani, mentre la divisione dei ruoli impone che la madre, forte e «dallo sguardo obliquo, perché viene da un’altra isola», e la zia Barbro si occupino di rammendare le reti, pulire le piume e raccogliere le uova di edredone.
Intanto Ingrid coltiva la sua accesa sensibilità di bambina, si lascia scivolare su pavimenti di ghiaccio affascinata dalle profondità marine sotto i suoi piedi e impara dal padre il coraggio: mai avere paura del mare in tempesta, perché un’isola non affonda mai, «è salda ed eterna».
E se il mare è la strada che tutti loro ogni tanto prendono, qualcuno addirittura per scappare, «un’isola trattiene quello che ha, con tutte le sue forze», e a Barrøy si torna sempre.
In una prosa calibrata, dove le emozioni trapelano come i tanti segreti che ha un’isola, Roy Jacobsen narra la saga di una famiglia che, ai margini della Storia e immersa nella grandiosa semplicità della natura, resiste alla modernità finché un equilibrio si spezza. E il nuovo molo voluto da Hans, sottraendo i Barrøy all’isolamento, diventa il simbolo concreto di un’era sul punto di scomparire.
Roy Jacobsen è uno dei più importanti e apprezzati autori norvegesi contemporanei. In questo primo romanzo di una saga familiare che prende il via nei primi decenni del Novecento, sono tre le generazioni di Barroy ad esserne protagonisti.
Unici abitanti di una delle tante isole di un fiordo norvegese, una famiglia come tante, forgiata dal duro lavoro, dai sacrifici e costretta a sottostare ai capricci atmosferici, spesso implacabili. Con pennellate vivide e intense, l’autore scandinavo ci fa dono di un affresco reale, fulgido e particolareggiato dell’isola di Barroy che, al suo primo apparire, ci viene mostrata come una signora di bianco vestita, un piccolo mondo ammantato di neve, un luogo in cui i suoi abitanti vivono di pesca, allevamento e di coltivare sottili strati di terra. Sono persone che imparano presto a faticare, a dare il proprio contributo all’ economia familiare, tra mani ferite dalla morsa del gelo, piedi abituati al terreno ghiacciato e corpi costretti a vacillare scossi da venti implacabili.
Il vecchio nonno Martin ha dovuto lasciare, da qualche tempo, il ruolo di capofamiglia al figlio Hans, uomo che vive di gesti più che parole. Al suo fianco, la moglie Maria e una sorella, destinata a rimanere a casa con loro. La piccola Ingrid, ultima nata dei Barroy, la conosciamo quando ha appena tre anni e, nel corso della storia, la vediamo crescere, imparare gesti consueti, abile sia nelle occupazioni femminili, al seguito della mamma e della zia, sia a pulire il pesce o a trascinare legna al seguito del padre. La vediamo trasformarsi da bambina allegra e vivace, dalla risata contagiosa, a giovane donna, costretta da avvenimenti difficili, a rimboccarsi ancora di più le maniche, a prendere decisioni, a faticare, ancora e ancora.
“Non c’è bambina di dodici anni sulla terra che sappia fare più cose di Ingrid; è una figlia del mare, e delle onde che s’infrangono. Non vede una minaccia o un pericolo ma quasi sempre una strada aperta e una soluzione” – Roy Jacobsen
Al suo fianco ci sarà il cugino Lars, imprevisto nuovo arrivo in famiglia. Ancora quasi bambini, saranno costretti a crescere in fretta. È la natura a influire sulla vita della famiglia, con tempeste capaci di distruggere il lavoro di settimane, piogge che fanno crescere la vita e il pesce, che è sostentamento e ricchezza. Il mare che li circonda può portare piccoli tesori come pezzi di legno da trasformare in beni necessari, una timoniera che diventa una sedia girevole per la piccola Ingrid, ma anche qualsiasi genere di spazzatura trasportata dalla corrente.
“In qualche rara occasione trovano una lettera in una bottiglia, scritti pieni di nostalgia e confessioni che non sono diretti a chi li trova, ma che se fossero arrivati ai legittimi destinatari avrebbero fatto versare lacrime di sangue e scuotere cielo e terra. Gli abitanti delle isole, con il loro spirito pratico, aprono le bottiglie, tirano fuori le lettere e se conoscono la lingua le leggono, si fanno delle idee sul contenuto, idee modeste e vaghe. Le lettere in bottiglia sono favolosi veicoli di nostalgia, speranze e vite incompiute- e poi le ripongono nel baule…”
Lo scorrere delle stagioni, che dà ritmo e consuetudine alla vita sull’isola, è sottolineato dai colori che le contraddistinguono. Il turchese del mare che, d’inverno, diventa verde, il grigio delle tempeste, che poi vira alla lucentezza del ghiaccio o al bianco candido della neve.
Roy Jacobsen ci narra una storia familiare, un’epica della fatica, dell’arrendersi spesso alla furia del clima, ma non senza prima aver lottato, ricostruito ciò che è stato distrutto, ricominciando ogni volta, incessantemente.
“Un isolano non ha paura, o non potrebbe vivere qui. Dovrebbe prendere armi e bagagli e trasferirsi, diventare come tutti gli altri in un bosco o in una valle, sarebbe una catastrofe, un isolano è d’indole cupa, non è paralizzato dal panico ma dalla serietà”
“Gli invisibili” è caratterizzato da una narrazione intensa, senza dialoghi superflui tra i protagonisti: sono i gesti fatti di consuetudine e di sacrifici quelli che si insegnano alle nuove generazioni. Eppure, le emozioni le vediamo vividamente, anche se i protagonisti della Saga dei Barroy sono abituati quasi a trattenerle. Ma il dolore, il lutto, la disperazione, la scoperta, sono espressi anche dai silenzi carichi di significato.
Una storia fatta di tradizioni antiche, di una realtà lontana nel tempo e nello spazio da noi, ma estremamente affascinante. Pagine in cui senti lo sferzare del vento, lo sciogliersi del ghiaccio sotto i piedi o i raggi del sole che ti scaldano la pelle, gli scrosci di pioggia bagnarti. Ogni cosa traspare così vividamente, persino le risate e le lacrime le senti fiorire dalle pagine.
Mi sono affezionata a questi personaggi così pratici, feriti, ma anche pieni di sentimento e affetto, dedizione l’uno per l’altro. Quanto coraggio e amore brillano nei gesti, spesso bruschi, ma mirati a non fare crollare quel modo, spesso oscillante alla tempesta, che è costituito dalla famiglia Barroy.
“Nessuno può lasciare un’isola, un’isola è un cosmo in miniatura, dove le stelle dormono nell’erba sotto la neve. Ma capita che qualcuno ci provi. E quel giorno soffia una brezza leggera da est”
Avete mai letto una saga familiare ambientata nei paesi nordici?
5 stelle ⭐⭐⭐⭐⭐

Salve, sono Giusy e sono un’appassionata lettrice da quando ero una bambina. Mi piace leggere praticamente di tutto, dai classici, ai romanzi d’amore, ma amo soprattutto la narrativa contemporanea. Adoro i manga giapponesi e scrivo racconti.