Biografia
Mondadori
6 giugno 2020
cartaceo
216
"Il mio collo lungo, la sagoma del viso.
Da sotto il naso a sinistra si allarga una cicatrice fresca che spunta sulla guancia e torna a nascondersi, poi cola giù dalle spalle e dalle cosce fino alle estremità fasciate.
Conosco già il paesaggio irregolare della mia pelle. Solo adesso che me lo vedo addosso mi rendo conto che è mio, sono io.
Trattengo il respiro, fisso lo sguardo e immagino il mio corpo fuori da qui, nei miei posti, nelle cose che faccio, negli occhi di chi mi vede e nel mondo.
Capiranno che sono ancora io?" Una sera, senza preavviso, la vita e il corpo di Yoko sono segnati per sempre. E anche se non c'è niente di diverso, è come se tutto fosse cambiato. Ma Yoko non è sola. Ci sono sua mamma e le sue filosofie orientali, l'entusiasmo di papà Max e la saggezza di suo nonno, ma soprattutto c'è Lu.
Yoko e Lu sono amiche da sempre anche se sono l'una l'opposto dell'altra. Yoko è testarda, iperattiva ed estroversa, mentre Lu è riflessiva, taciturna e insicura. Sono due adolescenti come tante in una città di provincia come tante. Il loro corpo, dentro e fuori, si sta trasformando: si segna, evolve, cresce come la voglia di fare nuove esperienze, di scoprire il mondo, di vivere.
In fondo Yoko il cambiamento ce l'ha perfino nel nome, nel destino. "Figlia del sole", "figlia dell'oceano", "figlia delle foglie", e molto altro visto che, come dice Lu, i nomi giapponesi, a seconda di come vengono scritti, assumono significati differenti. Un po' come la vita che, anche se viene sconvolta, può sempre nascondere un senso inaspettato. Un po' come il corpo di Yoko e le sue cicatrici che a guardarle bene sembrano ricami.
“Yoko. Figlia del sole. Figlia dell’oceano. Figlia delle foglie. Un giorno in un fumetto Lu aveva scoperto che gran parte dei nomi giapponesi, a seconda del carattere con cui vengono scritti, assumono significati diversi. Sembra proprio che diversità e complessità fossero scritte nella mia storia.”
Fiori affamati di vita è un libro scritto da Veronica Yoko Plebani, l’atleta paralimpica che noi tutti conosciamo per le sue avventure in canoa, che ci racconta della sua vita nella fase più delicata ed “illuminante”.
Nel libro Veronica ci racconta prima della sua adolescenza in tutte le sue sfaccettature. Le sue prime cotte, l’amicizia profonda ed intensissima con Lu, la sua famiglia a volte ingombrante passando attraverso la meningite fulminante che l’ha colpita quando aveva 15 anni, stravolta e costretta ad evolvere lungo una strada inaspettata. Questa strada è fatta inizialmente dal doversi riconoscere all’interno di un nuovo contenitore, un corpo che non le appartiene, gli alti e bassi umorali, l’accettazione di se e del giudizio degli altri. Ed è fatta poi di riscatto, di come ci si può ritrovare anche in una vita inaspettata, rendendola straordinaria.
In questo libro troviamo una serie di frasi che tutti prima o dopo nella vita ci saremmo volute sentir dire. Quelle frasi che valgono quanto un abbraccio, quanto una pacca sulla spalla.
Veronica ci parla senza alcun pudore di tutte le sue paure, che sono quelle di ogni adolescente, quelle di ogni persona con un’ inabilità, di ogni atleta e di ogni donna. E tramite le sue parole noi possiamo afferrarle, sentirne lo spessore, valutarne la consistenza e riposarle dentro ad ogni pagina dopo averle fatte nostre. I suoi sentimenti sono così vividi che sembra di guardar scorrere le parole lungo il fiume appoggiati ad una finestra.
Ci racconta di come accettarsi ed amare il proprio corpo faccia la differenza, di come vedere un’opportunità laddove altri vedono solo disabilità sia relativo al mondo in cui viviamo. Perché la disabilità la creiamo noi quando non rendiamo questo mondo accessibile a tutti, quando non costruiamo rampe, quando non inseriamo ascensori, quando non vengono tenute in considerazione tutte le variabili. Finché queste variabili non ci appartengono.
“Ti ripieghi e ti richiudi, ma poi non sei abbastanza ermetica per lasciare fuori quello che gli altri dicono per provocarti….Cioè sotto ti incrini, ma l’isolamento dal resto fa sì che tu rimanga irrimediabilmente incrinata, senza possibilità di evolverti in altre forme.”
Ho amato questo libro, specialmente nella prima parte. Nell’amicizia con Lu ho ritrovato tutto quello di cui ogni persona ha bisogno; sostegno, comprensione, bilanciamento, ascolto, fiducia, amore. In famiglia, nei silenzi del nonno, nelle filastrocche di Laerte, nella musica di Max, e nelle parole della mamma ho ritrovato tutto quell’amore famigliare che non dovrebbe mai mancare a nessuno, e che personalmente credo abbia fatto la differenza nella vita della protagonista.
Quindi la fioritura sarebbe un atto di forza…Farsi spazio, trasformarsi, uscire allo scoperto e imporsi alla vista, anche con fatica.
Consiglio questo libro a tutti, alle giovani donne, ai sognatori, a chi non riesce a guardarsi allo specchio, a chi avrebbe voluto una pacca sulla spalla o una Lu come amica, a chi ascolta il punk o il rock, a chi guardando Veronica Yoko Plebani non vede una persona inabile ma una donna straordinaria.
L’autrice
Veronica Yoko Plebani, classe 1996, è una canoista e snowboarder italiana, specializzata nelle gare paralimpiche. “Fiori affamati di vita”è il suo primo libro, autobiografico.
Sono una viaggiatrice, di terre e d’ inchiostro
Sono amante della bellezza e della giustizia
Sono lingua sincera, plasmo idee di colori e argilla
Sono fantos.writer!