
Narrativa, biografia
Mondadori
25 gennaio 2022
ebook, cartaceo
300

L'ultimo anno della poetessa e scrittrice Sylvia Plath narrato con uno stile che ci fa ripensare al suo talento e alla sua maestria: il romanzo ripercorre i giorni del parto del secondo genito Nicholas, l'abbandono del marito Ted Hughes colpevole di tradimento e, infine, gli ultimi tristi giorni prima del suicidio.
“La mia realtà cambiava forma ogni minuto […], un momento ero in pace un altro ero felice, un terzo ero disperata un quarto piangevo, sudavo, avevo nostalgia, desideravo e speravo. Niente di tutto ciò poteva davvero essere preso sul serio.” – Euforia
Euforia. Nessuna parola è mai stata più adatta per descrivere il sali e scendi di emozioni contrastanti provato dalla poetessa Sylvia Plath durante il suo ultimo anno di vita.
A Court Green, l’immensa tenuta di campagna nel Devon dove Sylvia ha preso casa con suo marito Ted Hughes, è ancora inverno. La poetessa sta per partorire il suo secondo figlio, la terra trattiene la vita, coprendo i bulbi, nascondendo la felicità che arriverà solo a primavera.
Sylvia è moglie, madre, poetessa ma non riesce a mantenere il controllo sulla sua vita. Divisa tra l’amore totalizzante per Ted, il bene verso i suoi due figli e l’incessante bisogno di sentirsi donna, importante per i suoi successi, libera, indipendente, lontana, anzi, lontanissima dalle richieste familiari, dalla vita da casalinga, da brava donna ammaestrata che legge riviste patinate e sforna crostate alla frutta.
Nel mese di Gennaio nasce Nicholas, il secondogenito. E, mentre l’amore tra mamma e figlio si salda, viene meno quello con il marito Ted. I due si lasciano perché il poeta si è innamorato di una vecchia amica comune, Assia Wevill e scappa a Londra con lei.
Gli ultimi mesi di Sylvia sono concitati. È necessario lasciarsi alle spalle l’amore tremendo e brutale per Ted; è assolutamente necessario trasferirsi a Londra dove poter vivere una vita all’altezza del suo potenziale. Ma ci sono due bambini di mezzo e un disagio mentale che, dato l’abbandono, il dolore, la sofferenza, si fa sempre più acuto, più snervante.
“Rimasi seduta al freddo sulla pietra bagnata finché Nick non si svegliò e Frieda mi strattonò per farmi tornare alla realtà, lei era come tutti gli altri, mi tiravano e strattonavano e volevano allontanarmi a ogni costo dall’euforia, allontanarmi dalla beatitudine del mio cuore, non mi era consentito essere felice, non mi era consentito credere nella mia stessa vita.” – Euforia
Cullhed decide di non descrivere il suicidio di Sylvia, ma di terminare il suo racconto qualche tempo prima. Una scelta forse non facile perché sicuramente avrebbe reso il romanzo ancora più drammatico e forse più eclatante; ma sicuramente un modo per regalare alla Plath una seconda possibilità, per non essere descritta solo come la scrittrice che si è tolta la vita, ma come qualcosa di molto più complesso e difficile da comprendere.
Sebbene questo sia un romanzo di fantasia, è impossibile non immergersi nello stile enfatico, angosciante senza pensare che sia la stessa Plath a scrivere. Quel suo modo di esprimersi, distinguibile fra molti, viene ricreato perfettamente dall’autrice (nonostante, sia chiaro fin da subito, aprendo il libro, l’intento fantasioso dell’opera che si basa soprattutto su interpretazioni personali).
L’amore tra Ted Hughes e Sylvia Plath è al centro del romanzo. La gelosia di lei, il sentimento feroce dell’abbandono costante, di non essere capita, di essere rifiutata e, infine, tradita traboccano dalle pagine scavando in noi un’avversione profonda per il poeta laureato. Conscio delle sofferenze e delle fragilità della moglie, infatti, non ha saputo resistere alla disperazione, non ha saputo restare, tenere insieme la famiglia, amare come era amato da Sylvia.
“Quell’orribile vuoto patologico quando Ted non era in casa. Avrei potuto sparare a un’anatra e lasciarla sventrata in giardino come monito, oppure a un bambino, perchè no. Ted doveva capire, Ted doveva capire davvero che cosa mi faceva quando mi lasciava sola in quel modo. Il piacevole bagliore del fuoco che di solito mi riempiva di serenità e di qualcosa di simile alla… consolazione? era solo un bagliore di morte, quando lui era via. Il bagliore della morte”
Il suo abbandono e il definitivo tracollo della poetessa sono intimamente legati. Questa è la realtà dei fatti e viene riportata anche nel romanzo; la verità è che la Plath non poteva vivere senza il suo Ted, che aveva eretto come una statua al centro della sua esistenza, sostituendolo al padre morto quando lei era molto piccola. Sostituendolo anche alla madre, Aurelia, che non era mai stata in grado di capirla e di volerle bene come lei desiderava.
La malattia mentale, altro topos fondamentale del libro, si erge in tutta la sua crudele sofferenza. Sylvia dimagrisce, si consuma, piange, è percorsa da pensieri sempre diversi, rimuginamenti su qualsiasi cosa, sull’amore, sull’odio, sulla morte. E certe volte è difficile trovare un filo conduttore in questi corto circuiti del suo cervello, in questi sragionamenti sempre, però, lucidissimi, da folle che sa intendere e sa anche volere.
Cullhed narra con maestria un anno, il 1963, ricco di avvenimenti: il parto, la conseguente malattia, la depressione, l’abbandono di Ted Hughes, il trasferimento dalla casa di campagna alla città, Londra, con il suo palpitante sfavillio e le mille possibilità di successo. Ma non dimentica di raccontarci, con euforia, la voce veritiera della povera Sylvia, il dolore, il disprezzo per se stessi, la voglia di reagire venata di sensi di colpa, solitudini immense e grandi speranze vane.
Nel complesso, “Euforia” restituisce in maniera onesta un ritratto della poetessa americana che in tanti hanno amato (me per prima), lasciandoci la possibilità di immaginare il suo Io interiore, la sua catarsi prima del suicidio. E dandoci l’opportunità di scoprire un lato nascosto, non strillato dalla cronaca, perché Sylvia era soprattutto una donna innamorata dell’amore, innamorata della vita.
Conoscevate la storia di questa straordinaria poetessa?

Nella vita mi occupo di Digital ma la passione per i libri mi accompagna fin da bambina. Prediligo i romanzi introspettivi che fanno pensare e strappano qualche lacrima ma non leggo mai romanzi d’amore: l’amore deve essere vissuto.