Inchiesta
San Paolo Edizioni
febbraio 2022
cartaceo
217
Undici storie di donne vittime di femminicidio raccontate attraverso la ricostruzione della loro voce, resa muta in vita per minacce e violenze e anche dopo la morte poiché l'attenzione è sempre sul marito, compagno o fidanzato omicida e sul dolore di chi resta.
Un'indagine lucida e molto struggente per riconsegnare potere alle donne, libertà e anche un po' di rispetto.
“Sogno un mondo in cui alle ragazze e alle donne non venga mai chiesto: “Com’eri vestita?”
Sogno un mondo in cui no significa no.
Sogno un mondo in cui alle ragazze non si insegni ad aver paura degli stranieri che girano per strada, ma a diffidare degli uomini che condividono la casa con loro.
Sogno un mondo in cui non venga detto alle donne di controllare il proprio comportamento perché gli uomini non sono in grado di controllare il loro.
Sogno un mondo in cui ad una donna non venga mai chiesto: “Cosa hai fatto tu per provocarlo?”” – E ‘l modo ancor m’offende
Queste sono le storie di donne senza voce, uccise per mano di chi diceva di amarle e non rispettate nemmeno da morte attraverso condanne non sufficienti oppure assenti, massacrate dai media che giustificano i colpevoli, che parlano di raptus, di troppo amore, di follia momentanea.
Maria Dell’Anno ha deciso di dare voce a undici donne vittime di Femminicidio e, sebbene questa parola sia indigesta a molti, è di questo che si tratta: assassinio di una donna in quanto donna, in quanto sfuggita alla proprietà e al controllo dell’uomo.
Finalmente una ricostruzione dei fatti che comincia dalla voce delle donne brutalmente uccise; finalmente veniamo a scoprire il loro punto di vista. Il punto di vista è ricostruito dall’autrice attraverso carte processuali, testimonianze e, talvolta, attraverso gli scritti lasciati dalle vittime stesse; questa voce quando mai la sentiamo nei telegiornali? Si parla dell’assassino, lo si giustifica, lo si difende, si racconta il dolore delle famiglie, dei figli superstiti ma le donne deliberatamente assassinate se ne stanno mute ai margini, lungo i confini della “tragedia” che, come scrivono nel libro, non è “tragedia” bensì violenza ed è ora che si cominci a chiamare con il loro nome le cose.
“Conobbi Roberto quando avevo appena quattordici anni, a una sagra di paese. Lui era un po’ più grande di me, aveva dià diciotto anni. Io ero una ragazzina di campagna, del tutto inesperta in tema di relazioni, e forse ancora inesperta su qualsiasi tema. Non finii neanche il liceo per sposarmi. “A che ti serve studiare?” mi diceva Roberto. “Per fare la moglie non serve studiare”.
Oggi mi rendo conto che forse proprio per fare la moglie, e più in generale per vivere come donne, avremmo bisogno di studiare tanto, di studiare e conoscere la storia che ci ha precedute, perchè senza quella non saremo mai in grado di capire il presente” – E ‘l modo ancor m’offende di Maria Dell’Anno
Sono rimasta colpita da queste storie: le storie di Marianna, Alice, Giulia, Barbara, Stefania e di tutte le protagoniste di questo imperdibile racconto di denuncia.
Una denuncia ai soprusi dell’uomo sulla donna ma anche agli errori dello Stato che non difende se non se stesso, che non tutela, non aiuta.
Queste donne, che si sono ritrovate incastrate in un incubo e che hanno perso la vita, avevano quasi tutte denunciato ma sono stata lasciate sole.
Maria Dell’Anno mette sul piatto una questione ancora più importante che ci spinge a riflettere. Tutti coloro che dopo un femminicidio protestano con “Ma non poteva lasciarlo?” dovrebbero capire che il messaggio giusto sarebbe quello di insegnare agli uomini a comportarsi meglio, a tralasciare le manie di possesso e di proprietà, la gelosia persecutoria, le violenze.
Perché le donne devono cambiare e gli uomini mai? Perché gli uomini non possono imparare a vivere assieme alle donne, a capirne i bisogni, a dimostrare affetto senza possessività, ad amare anche la libertà di noi tutte?
È bello che persone come l’autrice si dedichino a queste importanti battaglie perché nessuna di noi è davvero libera da rischi: ne è un esempio la storia di Stefania Noce, attivista per i diritti delle donne, femminista e convinta dei propri ideali che, però, ugualmente divenne vittima di un amore malato e fu uccisa dal fidanzato che aveva appena lasciato. Forse è la storia che mi ha colpito maggiormente perché è un femminicidio non figlio del degrado o di una cultura di sottomissione ma sprigionato anche da valori più vicini ai miei, di libertà e amore per se stessi.
“Ma no. È questo il punto: anche dire basta è un’espressione di potere, e gli uomini non riescono a tollerare che il potere venga esercitato da una donna. Dalla loro donna. Ed è proprio l’aggettivo “loro” a costituire il problema maggiore. Non possiamo essere noi a decidere. Non dobbiamo avere questa libertà, la società ce la nega. “Sii buona, bisogna capire” ci viene detto. Già, bisogna capire: bisognerebbe capire che a forza di capire e giustificare gli sbagli altrui, la violenza altrui, le sopraffazioni altrui, perdiamo noi stesse. Ci guardiamo allo specchio senza riconoscerci. È questo il futuro che vogliamo lasciare alle bambine?”
Tutte noi potremmo incorrere in un amore sbagliato anche se chiamarlo amore mi offende nel profondo; non è amore se ti picchia; non è amore se ti segue e ti pedina; nemmeno è amore se ti esclude dalle tue amicizie; non è amore se è controllo o manipolazione. Di questo dobbiamo renderci conto e dobbiamo ancora lasciar perdere le favole alla Cenerentola e iniziare a vivere nel mondo reale dove la realizzazione di sé è più importante di un abito bianco, dove non ci sono molestie e violenze che possano essere perdonate perché la nostra vita e felicità vale di più.
Nel complesso, Maria Dell’Anno è riuscita a denunciare tutti i soprusi subiti dalle donne utilizzando e immaginando le loro stesse parole, i loro sogni. Un progetto riuscito e sicuramente molto educativo.
Più procede che l’educazione dei figli al rispetto e all’amore, più sarà possibile che questa scia di sangue si fermi.
Nessuna donna dovrà più morire per “troppo amore”.
Nella vita mi occupo di Digital ma la passione per i libri mi accompagna fin da bambina. Prediligo i romanzi introspettivi che fanno pensare e strappano qualche lacrima ma non leggo mai romanzi d’amore: l’amore deve essere vissuto.