The Raj Quartet Vol. 1
Narrativa
Fazi Editore
17 settembre 2020
cartaceo, ebook
440
India, 1942. La seconda guerra mondiale ha mostrato che l'Impero britannico non è invincibile: la frattura con l'India - il gioiello della corona imperiale - si sta facendo sempre più profonda e pericolosa, mentre gli indipendentisti ingrossano le loro fila. In questo clima carico di tensioni e contraddizioni vive la giovane inglese Daphne Manners, che si è da poco trasferita nella cittadina di Mayapore. Qui ha conosciuto il bellissimo Hari Kumar, ragazzo intelligente e colto che come lei è nato e cresciuto in Inghilterra, ma è indiano; per questo, i due sono costretti a tener segreto il loro amore. Una notte, dopo un incontro appassionato con Hari nei giardini di Bibighar, Daphne viene sorpresa da un gruppo di uomini e violentata: per la polizia, guidata dal sovrintendente Merrick, questa è l'occasione ideale per stringere il pugno di ferro sulla popolazione locale.
A partire dalla missionaria Miss Crane, insegnante da sempre vicina alla causa indiana che si trova spiazzata e incapace di agire di fronte all'aggressività degli scontri, tutti i membri della comunità di Mayapore dovranno fare i conti con questo e altri crimini violenti. Amori, segreti, rivolte e complotti sullo sfondo di un affresco storico che mostra in maniera dirompente il razzismo, l'ingiustizia sociale ma anche la forte crisi politica e identitaria di due paesi dai destini intrecciati: India e Inghilterra, gioiello e corona, stretti nel soffocante abbraccio imperiale.
“Questa è la storia di uno stupro, degli eventi che vi hanno condotto e che l’hanno seguito e del posto in cui è accaduto. Ci sono le azioni, le persone e il luogo; sono tutti correlati tra loro, ma nel complesso sono del tutti isolati dal continuum etico delle vicende umane.
(…) la vicenda (…) si concluse con lo spettacolo di due nazioni in violenta opposizione, non per la prima volta e non per l’ultima, essendo ancora intrappolate in un abbraccio imperiale di così lunga durata e tale ambiguità che per entrambe non era più possibile sapere se si odiassero o si amassero, né cosa le tenesse insieme e sembrasse aver confuso le immagini dei rispettivi destini”
Anche se il primo titolo che viene in mente quando si pensa ai romanzi in lingua inglese sull’India è il capolavoro di E. M. Forster, Passaggio in India, pochi sanno che nel 1966 venne pubblicato “Il gioiello della corona” di Paul Scott che dell’India, e soprattutto dei rapporti tra i dominatori e i dominati, colora di nuova luce le contraddizioni e i risvolti psicologici per la cultura e la società inglese in un momento critico della storia del Raj britannico.
Mentre l’Inghilterra è impegnata sui vari fronti del secondo conflitto mondiale, la vicenda, fulcro del romanzo, si svolge nei primi giorni di agosto del 1942, a Mayapore (una città immaginaria nel nord dell’India), quando iniziano a soffiare i primi venti di rivolta conseguenti all’arresto dei membri del Congresso a seguito dell’influsso della politica e della visione filosofica di Gandhi.
Una giovane inglese Daphne Manners, arrivata in India da poco dopo la morte dei genitori e del fratello, debole di vista e fisicamente imponente e dai movimenti goffi ed impacciati, è la vittima di uno stupro di cui viene accusato, assieme ad un gruppo di giovani indiani, anche Hari Kumar, il ragazzo di cui è innamorata.
Il romanzo si snoda in sette parti dove il racconto viene portato avanti, con grande maestria, utilizzando diversi stili narrativi come lettere, stralci di diari, rapporti, narrazione dei fatti e delle vicende da parte di un narratore onnisciente e dalle ricerche di un “viaggiatore” (l’autore stesso) che vent’anni dopo cerca di capire quanto sia veramente accaduto. Gli eventi conosciuti come “il caso dei giardini di Bibighar” sono il mezzo che Scott utilizza per analizzare molti aspetti della società anglo-indiana, dai rapporti tra le razze (inglesi, mussulmani e indù), agli attriti tra le diverse classi sociali, nonché è un modo per addentrarsi negli aspetti politici e religiosi con cui l’Inghilterra ha dovuto confrontarsi da quando l’India è divenuta parte dell’impero. E proprio grazie ad alcuni personaggi che Scott riesce a dar voce non solo alle illusioni delle menti più liberali, ma anche agli aspetti più negativi della presenza imperialistica inglese.
Tra le molte voci, alcune in particolare sono elementi chiave per esprimere i contrasti del rapporto di odio e amore tra indigeni e colonizzatori. Da una parte c’è un Ronald Merrick, il capo della polizia locale la cui proposta di matrimonio è stata respinta da Daphne Manners, e il cui retaggio basso borghese non gli avrebbe permesso di raggiungere una posizione di prestigio in patria; è anche colui che esprime la sua convinzione che i bianchi siano la razza che deve assoggettare le altre, in particolare gli indiani che non sono in grado, senza un aiuto da parte della civiltà dell’uomo bianco, di migliorare la loro situazione. Dall’altra c’è l’illusione di un miglioramento della situazione indiana di Miss Crane, una missionaria impegnata a insegnare ai bambini locali i rudimento della lingua inglese e che assisterà impotente all’omicidio di uno dei maestri della scuola a cui era andata a far visita, e che ama l’India ma dalla sua idea di India viene anche disillusa.
Spicca in questo mondo di contrasti, su tutti, la figura di Hari Kumar, l’attraente e tormentato giovane che ha trascorso i suoi primi diciotto anni in Inghilterra dove ha frequentato prestigiose scuole, poiché il padre, un ricco uomo d’affari, avrebbe voluto che il figlio crescesse lontano dalla terra natia e diventasse un inglese a pieno titolo, ma che a seguito della bancarotta e del suo suicidio, lo ha lasciato povero e affidato alle cure dell’unica parente rimasta, la zia Shalini.
Hari Kumar (il cui nome in Inghilterra veniva trasformato in Harry Coomar), esprime una cupezza d’animo, che solo la sgraziata Daphne riesce a capire e quindi ad amare, in quanto riesce a riconoscere in lui un proprio pari. Hari vive la contraddizione di non essere accettato dalla società anglo-indiana, seppur sia molto più “inglese” di tanti altri (parla infatti una lingua di gran lunga migliore, ad esempio, di Merrick,) e di sentire di non avere a Mayapore né un presente né un passato né tanto meno un futuro, Il suo dramma nasce dal fatto che Hari è inglese nel profondo, ma non lo è per il colore della pelle e il suo destino sarà segnato proprio dalla aderenza ai comportamenti tipici degli anglosassoni che lo rendono inviso sia agli indiani che agli inglesi stessi.
Attorno agli attori principali della vicenda, ruotano molti personaggi, unici nelle loro attitudini e nei modi di vivere l’India (ad esempio Sorella Ludmila, una donna che si veste da suora e che di notte soccorre i malati e i morenti contrapposta a Lady Chatterjee, la nobildonna indiana che ospita Daphne nella MacGregor House) che, in modi diversi, rendono con la loro testimonianza anche diverse le sfaccettature della realtà, incarnando aspetti contrastanti di cosa sia e sia stata l’India,
Non a caso, il gioiello della corona, che dà il titolo all’opera, è un dipinto dalla forte valenza metaforica, un dipinto che viene descritto come “a metà tra lo storico e l’allegorico che mostrava l’anziana regina ,.. circondata da figure rappresentative del suo Impero indiano”, un dipinto che Miss Crane utilizzava per insegnare ai bambini la lingua inglese, ma per il quale ha sempre provato sentimenti contrastanti, tanto da togliere la stampa dal muro, quando, dopo il tragico episodio che l’ha vista protagonista, finirà seppellita nella cassapanca “nella remota possibilità che si ripresentasse l’occasione per appenderla”.