romanzo
Mondadori
10 ottobre 2017
ebook/cartaceo
183
"Per tutto il viaggio me ne restai con la testa appoggiata al sedile. Era la prima volta che volavo, mi facevano male le orecchie, avevo un po' di nausea, e mi spaventavo ogni volta che l'aereo traballava. Nei pochi momenti che ero sveglio sbirciavo verso il finestrino alla mia sinistra e inventavo storie coi personaggi che le forme delle nuvole di volta in volta mi suggerivano. Erano nuvole di mían hūatáng, 'cotone caramella', lo zucchero filato che spiluccavo, in Cina, fra le bancarelle dei mercatini serali.
Era il marzo del 1990 e, a soli undici anni, stavo volando verso Oūzhōu, l'Europa, insieme a Mama, mia madre..." Inizia così l'avventura di Shi Yang Shi in Italia, un mondo sul quale ha spesso fantasticato ma che scoprirà fin da subito molto diverso da come lo aveva immaginato. Dopo un viaggio interminabile, infatti, il piccolo Yang, in Cina studente brillante e figlio unico adorato di genitori benestanti, si ritrova a Milano, senza il padre, costretto a dormire insieme a Mama su giacigli improvvisati nella cucina di una famiglia di conoscenti, alle prese con una lingua di cui non sa nemmeno una parola e circondato da lǎowài, stranieri dagli occhi grandi e naso grosso che si assomigliano un po' tutti. Tutto per lui è nuovo e difficile, e dopo solo pochi mesi che sembrano però una vita intera, i suoi sogni di bambino si sono già accartocciati l'uno dopo l'altro di fronte alla realtà. A mano a mano che questo accade, lo strappo che la partenza da Jǐnán ha prodotto nel suo giovane cuore di seta avanza, inesorabile e silenzioso. Perché la sua anima è divisa, in bilico, tra la vecchia vita in Cina e la nuova in Yìdàlì, tra vecchie e nuove abitudini, tra la voglia di rispettare la tradizione e la famiglia e il desiderio di affermare se stesso, realizzando i suoi sogni. Come se dentro di lui germogliasse invisibilmente un seme biforcuto, che non sa se svilupparsi verso l'obbedienza o la ribellione.
Nel raccontarci i tentativi fatti per raggiungere un equilibrio faticoso quanto delicato, Yang ci trasporta nel suo mondo multicolore di giovane cinese cresciuto in Italia regalandoci una storia che sa essere amara, ma anche divertente e piena di speranza.
Un drago che assomiglia a una fenice: rinasce dalle sue ceneri.
E’ una storia amara e triste quella del bambino Yang che viene portato dalla madre e dal padre in Italia e per tutto il libro ci si chiede il perchè di questa scelta che ha portato solo tristezza. L’autore, che è anche il protagonista, descrive una vita in Cina che tutti in occidente sognerebbero: agiatezze, ottimi voti a scuola, amici e una famiglia amorevole con due genitori dagli impieghi redditizi e prestigiosi (lui ingegnere statale lei medico) molto molto ancorati a una mentalità tradizionale cinese fondata sul sacrificio, il lavoro, l’impegno e la meritocrazia. Eppure la madre lo deporta in Italia costringendo lui e anche se stessa a vivere in condizioni più che precarie con pochi soldi, zero agi, demolendo tutto quello che nella vita si era costruita, passando dalle corsie di un ospedale alla cucina rovente di una rosticceria cinese. Mentre madre e figlio arrancano in italia dormendo su brandine di fortuna il padre in Cina nicchia e si rifiuta di raggiungerli dividendo anche il punto di riferimento più solido che il povero Yang, inconsapevole e triste, ha sempre avuto: la famiglia. Perchè? Me lo chiedo io, ma se lo chiede anche il protagonista che non da mai una risposta netta, una spiegazione forte. Tutte le spiegazioni che adduce sono deboli, prive della necessaria consistenza e allora viene da pensare che l’emigrazione sia basata solo sull’illusione di una vita migliore, di una maggior istruzione, di una maggiore agiatezza, di una maggiore sicurezza. Un’illusione che costa cara perchè lascia chi la sogna con un pugno di mosche in mano, a fluttuare in un limbo apolide, in questo caso né cinese né italiano, costretto a crescere prima del tempo, a conoscere il cinismo e l’umiliazione, a non saper scegliere tra le sue origini e il suo futuro.
E’ una storia di rinascita, una strada in salita piena di asperità e sassi aguzzi che bucano le suole sottili delle sue scarpe cinesi e alla fine di questo percorso così faticoso e dispendioso in termini di energie, emotività Eang si accorge di non essere né cinese né italiano, o forse tutti e due, o ancora meglio cittadino di un mondo che si muove troppo rapidamente senza rispettare i tempi della terra e dei suoi abitanti. Scopre delle luci dentro di se, scopre un’identità che passa attraverso i tradimenti alla sua famiglia e alle sue tradizioni. Che prezzo enorme da pagare! Che felicità precaria quella basata sulla sofferenza altrui!
Non è un libro che tiene attaccati alle pagine, alcuni tratti sono confusi e i tempi si sovrappongono tornando indietro e andando avanti con poca chiarezza. E’ un libro però che lascia qualcosa: in me ha lasciato molta amarezza. Quella di una società che è andata in frantumi, di una tradizione, quella cinese, che è ricca e vecchia di migliaia di anni e pare non avere più senso di esistere. L’amarezza di chi si illude e viene in Europa e vivere meglio e invece si scontra con una società complessa ed egoista, cinica e brutale dove vince chi è più forte, non chi è migliore. C’è un lieto fine, sì, ma il suo costo è così alto che ne annulla l’effetto benefico.
Recensore brioso e fuori dagli schemi. E’ la voce romana de ‘La bottega dei libri’. Preferisce leggere storici ma non disdegna libri di altro genere purché siano belli e scritti bene!